Titolo originale | Kusama: Infinity |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario, |
Produzione | USA |
Durata | 85 minuti |
Regia di | Heather Lenz |
Attori | Yayoi Kusama . |
Uscita | lunedì 4 marzo 2019 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,38 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 22 marzo 2019
Il viaggio dell'artista Yayoi Kusama dall'educazione conservatrice in Giappone alla sua notorietà in America negli anni '60. In Italia al Box Office Kusama - Infinity ha incassato 20,6 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Alla fine degli anni sessanta Yayoi Kusama (1929), determinata e ossessionata dal fare arte, giunge a New York dal Giappone. Il contesto culturale qui è vivido, energico e interessante. La città americana è davvero la capitale del sistema. Tutti gli artisti sono lì. Leo Castelli aveva da poco realizzato le prime mostre agli emergenti Andy Wharol, Robert Rauschenberg o Roy Lichtenstein; Peggy Guggenheim già aveva scoperto e portato alle stelle gli espressionisti americani del secondo dopoguerra, come Jackson Pollock o Willem De Kooning. Mary Boone e gli altri galleristi stavano già guadagnando come mai prima d'allora. In questo ambito, una donna giovane, pittrice e per di più giapponese, seppure esotica agli occhi affascinati degli americani, non aveva tante chance in un mondo dove imperversavano gli artisti uomini come quelli della pop art o della minimal art, capeggiata da Donald Judd e Carl Andre - i "machi" dell'arte per eccellenza.
Piccola, anziana e con una parrucca rossa, Kusama racconta la sua vita, personale e lavorativa, fin dall'infanzia. Da Matsumoto, un piccolo e reazionario paese del Giappone dove è cresciuta con la sua famiglia molto tradizionale, a New York, fino alle mostre in Europa.
Narra di una famiglia tanto rigida da non farle studiare arte e ripudiarla una volta che riesce a farsi notare oltreoceano, creando scandalo anche alla Biennale di Venezia del 1966. L'artista svela sé stessa mentre disegna i suoi grandi punti colorati, in maniera compulsiva. Quei pallini per cui oggi è riconosciuta in tutto il mondo come l'artista donna più costosa sul mercato. Dagli Stati Uniti all'Europa, fino al Giappone, casa sua, dove finalmente l'hanno accolta nei musei di Tokyo e persino nel suo piccolo paese d'origine dove, nel 2018, le viene dedicata una grande mostra personale dal titolo All About My Love. Un giusto riconoscimento, che ha un po' tardato ad arrivare, ma che per Kusama è stato forse tra i più importanti successi ottenuti nella sua lunga carriera. Pittrice - quella dei "dots" appunto, e delle sinuose e psichedeliche strisce ripetute -, performer - già dal '60 Kusama usava il suo corpo e quello di altri performer per dimostrare quanto tutti gli esseri umani siano uguali, e quanto ciò che conta sono la purezza, l'amore e la natura dell'essere nelle sue forme espressive più svariate -, videomaker e scultrice. È notorio che Claes Oldenburg e la moglie (che le scrisse anche una lettera di scuse) videro una mostra dove Kusama esponeva per la prima volta oggetti scultorei morbidi, realizzati in tessuto con grandi escrescenze falliche su cui sedersi, e, poche settimane dopo, nacquero le prime Soft Sculptures di Oldenburg, che ottennero un grande successo.
Mentre le creazioni di Kusama piacquero, ma rimasero invendute. Identica cosa avviene con Andy Wharol, che riprende un allestimento con gigantografie di immagini alle pareti, anche queste copiate da una mostra indipendente di Yayoi e, ancora, la grande e avvolgente installazione tutta fatta di specchi che poi diventa la matrice della serie "Infinity", ancora oggi replicate, qui realizzata per la prima volta a cavallo degli anni sessanta, in uno spazio poco conosciuto e molto sperimentale, che fu poi ripresa da un artista americano più noto e... uomo. Queste ruberie, umiliazioni e situazioni spiacevoli di conflitto portano Kusama a un tentativo di suicidio che, per fortuna, non ha l'esito sperato dall'artista che, da quel momento, combatte ancora più con energia, facendosi a latere curare per i suoi disagi e fragilità mentali che già la pittura leniva. Kusama dunque continua a produrre, a farsi notare, ad andare alle mostre e a inviare, attraverso azioni sempre più sfacciate e fuori dalle rigide norme del sistema, le sue opere a galleristi, curatori, critici, collezionisti e amici. Tanti testimoni di una vita di intensa di ricerca e lavorìo senza posa che viene raccontato nel documentario in prima persona da affettuosi testimoni. Perché chi ha incontrato Kusama non può non averla amata e sostenuta, come avviene ancora oggi con istituzioni e musei, e le sue gallerie di riferimento come David Zwirner di New York e Victoria Miro a Londra. Zucche giganti a puntini gialli e neri; stanze riflettenti di specchi e lucine colorate; oggetti morbidi in cui rotolarsi e interagire con lo spazio; grandi tele vivaci, infantili e minuziosissime; disegni a righe e pois; tutine aderenti; film sperimentali; performance hippies sulla nudità fisica e dell'anima ... queste alcune delle azioni compiute in maniera ostinata e sempre sopra le righe che Kusama ha realizzato per più di cinquant'anni. Decenni in cui la coraggiosa donna non ha cessato, come tante sue colleghe e con approcci diversi - da Luise Bourgeois alla sua artista preferita, l'americana Georgia O'Keefe - di lottare per sé, per le sue radici e per l'arte. "Volevo che chiunque sapesse che quella di Kusama è la storia di una pioniera che ha dovuto superare il sessismo, il razzismo e la malattia mentale per perseguire il sogno d'essere un'artista." Scrive l'appassionata regista Heater Lenz, che da decenni ha seguito, anche in Giappone dove Kusama ora vive tra un ospedale psichiatrico a Tokyo e il suo studio, il suo lavoro. Oltre che un bel documentario, anche per chi il lavoro della Kusama lo conosceva già, questa è una grande spinta per chi quotidianamente lotta, nell'arte e in altri contesti.
L 'uscita in questi giorni del documentario Kusama – Infinity, scritto e diretto da Heather Lenz e prodotto da Magnolia, ha una doppia valenza: quella di celebrare il novantesimo compleanno di Yayoi Kusama, la coraggiosa artista giapponese che ha lottato con forza straordinaria contro il sessismo, l’esclusione, i pregiudizi, e perfino la malattia mentale, e quello di mettere [...] Vai alla recensione »
Arriva in sala il 4 marzo il coinvolgente documentario Kusama – Infinity, scritto e diretto da Heather Lenz e prodotto da Magnolia. La sua uscita in questi giorni ha una doppia valenza: quella di celebrare il novantesimo compleanno di Yayoi Kusama, la coraggiosa artista giapponese che ha lottato con forza straordinaria contro il sessismo, l’esclusione, i pregiudizi, e perfino la malattia [...] Vai alla recensione »
Yayoi Kusama, artista, pittrice, scultrice, performer. Donna, soprattutto. Donna giapponese nata nel 1929, cresciuta in una società patriarcale, osteggiata perché decisa a diventare pittrice e non moglie, madre e casalinga; fuggita dal Giappone a fine anni 50 e approdata a New York per ritrovarsi in un ambiente altrettanto chiuso e maschilista, quello delle gallerie d'arte, dell'espressionismo astratto, [...] Vai alla recensione »
Pois. Tanti pois reiterati. E tele enormi. E' l'arte della pittrice giapponese Yayoi Kusama che grazie al doc Kusama: Infinity prodotto e diretto dalla regista americana Heather Lenz arriva nelle nostre sale distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema. L'artista femminile più amata e venduta al mondo non ha avuto un passato facile. Nata a Matsumoto nel 1929.
Le opere di Yayoi Kusama hanno la capacità di portarti altrove, di farti entrare nel suo universo parallelo e puntinato in cui ogni riferimento conoscibile è perso, e per qualche attimo, mentre la tua mente viaggia tra le sue spesse e possenti pennellate ti sembra di aver avuto finalmente accesso nella mente di quella donna minuta. E il suo universo attrae, ma fa anche paura, le sue reti infinite ti [...] Vai alla recensione »
Desidero il sole luccicante della vita», dice fuori campo l'artista giapponese Yayoi Kusama, classe 1929, mentre sullo schermo, a volo d'uccello, vediamo le sue stanze ossessive fatte di luci intermittenti e ipnotiche, pois che interpretano i vuoti dell'universo ed escrescenze di un body impazzito, che finisce fuori «confine», smarrendosi come in un incubo anche in un campo di fiori.