La poetica del volontarismo militarista e della "guerra giusta" nel film di Nicolai Fuglsig. Al cinema.
di Marco Castelli, vincitore del Premio Scrivere di Cinema
Sono ormai innumerevoli i film che fanno riferimento - direttamente o solo come punto di partenza - ai tragici fatti dell'11 settembre, quasi ad ulteriore (e superflua) dimostrazione di come quel giorno sia stato il vero e tragico inizio del secolo, amaro risveglio rispetto alle "magnifiche sorti e progressive" di coloro che, dopo la caduta del muro di Berlino, predicavano l'avvenuta "fine della storia".
La collana dei lungometraggi che hanno provato a raccontare quel dramma si snoda infatti fin dai primi mesi seguenti l'attentato. Se le prime produzioni si posero soprattutto un fine didascalico (11/9 di Jules Naudet, Gedeon Naudet, James Hanlon) e poetico (The Guys di Jim Simpson) negli anni seguenti si fece spazio, accanto all'analisi documentaristica (anche di denuncia, come in Fahrenheit 9/11 di Michael Moore), alla drammatizzazione ed all'intreccio di storie tanto all'ombra delle due torri in fiamme (ad esempio Remember Me di Allen Coulter) quanto sugli aerei dirottati (United 93 di Paul Greengrass), oppure riguardanti la reazione alla perdita d'un parente nell'attentato (Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry).
Con gli anni sono stati esplorati diversi aspetti di quel momento nodale per l'identità contemporanea degli Stati Uniti, sempre in accordo alle inquietudini mutevoli della società americana e con le varie fasi tanto politiche quanto di elaborazione ed interpretazione pubblica del fatto storico.
È in questa linea interpretativa che può essere inserita anche l'ultima produzione che prende avvio dall'11 settembre 2001, con l'intento in questo caso di raccontare della prima risposta militare all'attacco, organizzata mentre il conto dei morti delle Torri Gemelle non era ancora definitivo, al fine d'evitare che simili attentati potessero nel breve periodo ripetersi.
Nelle riprese mozzafiato di battaglie che uniscono le armi più recenti e le più antiche, tra montagne e distese di sabbia, viene rappresentato infatti con chiarezza lo sguardo che gli americani d'oggi gettano sul "cimitero di imperi" che è l'Afghanistan, dove il pericolo è dietro l'angolo e la società, tra le mille lingue e centinaia di tribù è difficile da capire.
12 Soldiers (guarda la video recensione) è inoltre un film che volontariamente si chiude nel suo titolo, non volendo guardare oltre l'azione dei suoi dodici eroi.