La regista si confronta con il remake de La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, con Clint Eastwood. Al cinema.
di Jacopo Barbero, vincitore del Premio Scrivere di Cinema
Scrivere di Sofia Coppola e del suo cinema non è mai impresa facile. Figlia d'arte, la regista è riuscita ad affermarsi e persino a radunare un cospicuo gruppo estimatori delle sue opere e un consistente palmares: Lost in Translation, dramma agrodolce, vinse addirittura l'Oscar per la sceneggiatura e Somewhere ha ottenuto un Leone d'Oro tra i più discussi e discutibili di sempre. Quello della Coppola è un cinema estenuante e ripetitivo, capace di descrivere minuziosamente la noia che pervade la vita dell'aristocrazia hollywoodiana.
Tra i tanti, Bling Ring ci regalava una straordinaria rappresentazione della Città delle stelle, in cui un gruppo di ragazzi diveniva il paradigma di un'intera generazione. Era un film notevolissimo, capace di una sottile analisi sociale, portata avanti quasi esclusivamente con la forza delle immagini: il guardaroba di Lindsay Lohan valeva più di mille parole.
Il 2017 è l'anno di una nuova sfida: L'Inganno (guarda la video recensione), remake de La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, con Clint Eastwood (1971). Immagini splendide come sempre, grazie anche alla superba fotografia del Philippe Le Sourd (The Grandmaster), musiche sottili e vagamente inquietanti. Le premesse sembrerebbero buone, ma ciò nonostante rimangono dei dubbi sull'opera, sul prodotto finale. Innanzitutto la scelta del cast: Colin Farrell non ha nemmeno una stilla del carisma e della potenza che vantava l'Eastwood dei tempi d'oro; la furia del personaggio, che emerge nella seconda parte del film, avrebbe necessitato un interprete decisamente più espressivo, in grado di comunicare davvero la rabbia e la repressione di cui si parla.