michelino
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domenica 3 dicembre 2017
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michelino va al cinema
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Ho visto il sequel di un film che voi umani...
Ho visto il sequel di Blade Runner
Un film di fantascienza che odora di ruggine e ossa
Una fantascienza che cerca verità nel passato
Molti effetti speciali
Ma quelli più speciali ci mostrano cose del passato.
Ho visto un film di fantascienza
Ma vuole anche essere un film d' autore
Denis Villeneuve non è Ridley Scott
Ma Denis Villeneuve non è neanche Tarkovskij
Pregi e difetti del film si equivalgono
Se si cerca di piacere a tutti è fac
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Ho visto il sequel di un film che voi umani...
Ho visto il sequel di Blade Runner
Un film di fantascienza che odora di ruggine e ossa
Una fantascienza che cerca verità nel passato
Molti effetti speciali
Ma quelli più speciali ci mostrano cose del passato.
Ho visto un film di fantascienza
Ma vuole anche essere un film d' autore
Denis Villeneuve non è Ridley Scott
Ma Denis Villeneuve non è neanche Tarkovskij
Pregi e difetti del film si equivalgono
Se si cerca di piacere a tutti è facile che ci ritrovi a mani vuote
Botteghino docet
Anche in questo sequel una frase da ricordare:
" A volte se ami qualcuno gli devi essere estraneo"
Non è forse una frase memorabile
come lo era quella del primo Blade Runner
Ma memorabile lo è per me
Per me che da una esperienza del genere ci sono passato
Allora la mia vita mi appariva speciale
Mi sentivo come in un film di fantascienza
Ma quello era tutto un altro film
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xxx
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mercoledì 29 novembre 2017
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sequel inutile.
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Inutilmente brutto, finalmente(sarcasticamente parlando) sono riusciti a "sporcare" il mitico, unico, e solo Blade Runner di Scott.
Se ne sentiva il bisogno di un sequel? mio modesto parere NO.
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silver90
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lunedì 20 novembre 2017
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umano troppo umano
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Los Angeles, 2049. In una terra ridotta ad un'estesa superficie desertica, in cui le vie affollate di una folla brulicante sembrano essere state ripulite e riportate all'ordine, l'agente speciale K si occupa di ricercare ex-replicanti ribelli e ucciderli. In una delle sue missioni fa una scoperta sconcertante, che lo porterà ad andare oltre i suoi stessi limiti. Siamo in un'epoca in cui siamo ancora capaci di amare, oppure no? E ancora, qual è la differenza tra uomo e androide? Quale il limite oltre cui può spingersi l'umano? Queste le domande che più di tutti coinvolgevano lo spettatore nel primo Blade Runner, ancor più del fatto se l'agente Rick Deckard fosse o meno un replicante o un'umanoide, e che vengono riprese (in parte) in Blade Runner 2019.
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Los Angeles, 2049. In una terra ridotta ad un'estesa superficie desertica, in cui le vie affollate di una folla brulicante sembrano essere state ripulite e riportate all'ordine, l'agente speciale K si occupa di ricercare ex-replicanti ribelli e ucciderli. In una delle sue missioni fa una scoperta sconcertante, che lo porterà ad andare oltre i suoi stessi limiti. Siamo in un'epoca in cui siamo ancora capaci di amare, oppure no? E ancora, qual è la differenza tra uomo e androide? Quale il limite oltre cui può spingersi l'umano? Queste le domande che più di tutti coinvolgevano lo spettatore nel primo Blade Runner, ancor più del fatto se l'agente Rick Deckard fosse o meno un replicante o un'umanoide, e che vengono riprese (in parte) in Blade Runner 2019. La frase, rimasta ormai leggendaria, "ne ho viste di cose che voi umani non potete nemmeno immaginare" diventa invece un quesito solipsistico ("chi sono e perché esisto?") in un sequel esteticamente raffinato che è un replicante più umano dell'umano. Un confine sempre più sottile divide infatti le due specie - umano e replicante - un limite che nei timori dei dominanti potrebbe anche sfumare lasciando il posto al caos, rendendo insufficiente e del tutto arbitraria l'identificazione tra i due nel possesso dell'anima, che sarebbe propria degli esseri umani. Ma non basta, si pone anche un'altra linea di frattura, più attuale: la relazione con i computer personali e gli assistenti virtuali. Anche se la differenza con l'uomo è a livello tecnico più chiara che per i replicanti, come spiegare il gesto di Joy, l'ologramma che si sacrifica per K? E quando, a questo punto, si può definire la libertà delle macchine, tema proprio della tradizione sci-fi, dato che queste ultime hanno piena consapevolezza di sé e della propria condizione al punto da accettare il giogo imposto dagli uomini? Ciò che conta in un sequel in cui si assottiglia il confine tra umani e replicanti è soprattutto la ricerca e la formulazione di un'identità. La differenza tra i due registi, Ridley Scott e Denis Villeneuve, risiede dunque nello sguardo che pongono su questo mondo e sui loro personaggi. Mentre il primo poggiava su un pessimismo esistenziale e sociale, il secondo si muove alla ricerca di una speranza, nel "miracolo" della vita che si rinnova nonostante tutto, nella figura cristologica, sia essa umana o replicante non conta.
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silver90
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lunedì 20 novembre 2017
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umano troppo umano
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Los Angeles, 2049. In una terra ridotta ad un'estesa superficie desertica, in cui le vie affollate di una folla brulicante sembrano essere state ripulite e riportate all'ordine, l'agente speciale K si occupa di ricercare ex-replicanti ribelli e ucciderli. In una delle sue missioni fa una scoperta sconcertante, che lo porterà ad andare oltre i suoi stessi limiti. Siamo in un'epoca in cui siamo ancora capaci di amare, oppure no? E ancora, qual è la differenza tra uomo e androide? Quale il limite oltre cui può spingersi l'umano? Queste le domande che più di tutti coinvolgevano lo spettatore nel primo Blade Runner, e che vengono riprese (in parte) in Blade Runner 2049, ancor più del fatto se l'agente Rick Deckard fosse o meno un replicante o un'umanoide.
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Los Angeles, 2049. In una terra ridotta ad un'estesa superficie desertica, in cui le vie affollate di una folla brulicante sembrano essere state ripulite e riportate all'ordine, l'agente speciale K si occupa di ricercare ex-replicanti ribelli e ucciderli. In una delle sue missioni fa una scoperta sconcertante, che lo porterà ad andare oltre i suoi stessi limiti. Siamo in un'epoca in cui siamo ancora capaci di amare, oppure no? E ancora, qual è la differenza tra uomo e androide? Quale il limite oltre cui può spingersi l'umano? Queste le domande che più di tutti coinvolgevano lo spettatore nel primo Blade Runner, e che vengono riprese (in parte) in Blade Runner 2049, ancor più del fatto se l'agente Rick Deckard fosse o meno un replicante o un'umanoide. La frase, rimasta ormai leggendaria, "ne ho viste di cose che voi umani non potete nemmeno immaginare" diventa invece un quesito solipsistico ("chi sono e perché esisto?") in un sequel esteticamente raffinato che è un replicante più umano dell'umano. Un confine sempre più sottile divide infatti le due specie - umano e replicante - un limite che nei timori dei dominanti potrebbe anche sfumare lasciando il posto al caos, rendendo insufficiente e del tutto arbitraria l'identificazione tra i due nel possesso dell'anima, che sarebbe propria degli esseri umani. Ma non basta, si pone anche un'altra linea di frattura, più attuale: la relazione con i computer personali e gli assistenti virtuali. Anche se la differenza con l'uomo è a livello tecnico più chiara che per i replicanti, come spiegare il gesto di Joy, l'ologramma che si sacrifica per K? E quando, a questo punto, si può definire la libertà delle macchine, tema proprio della tradizione sci-fi, dato che queste ultime hanno piena consapevolezza di sé e della propria condizione al punto da accettare il giogo imposto dagli uomini? Ciò che conta in un sequel in cui si assottiglia il confine tra umani e replicanti è soprattutto la ricerca e la formulazione di un'identità. La differenza tra i due registi, Ridley Scott e Denis Villeneuve, risiede infine nello sguardo che pongono su questo mondo e sui loro personaggi. Mentre il primo poggiava su un pessimismo esistenziale e sociale, il secondo si muove alla ricerca di una speranza, nel "miracolo" della vita che si rinnova nonostante tutto, nella figura cristologica, sia essa umana o replicante non conta.
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pie9701
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martedì 14 novembre 2017
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degno sequel
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Degno sequel del primo Blade Runner. Da vedere assolutamente
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ennio
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domenica 12 novembre 2017
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perplessità confermate, scarsa la sceneggiatura
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Lo so non è facile fare un sequel a distanza di molti anni, anche per un regista di formazione spielberghiana come Villeneuve. Il prodotto però è risultato peggiore delle ragionevoli aspettative, innanzitutto in tema di montaggio e sceneggiatura. Del resto, troppe distopìe spazio/temporali messe qua e là nel film distorcono la percezione stessa della visione consequenziale (leggi sequel). Di fronte alla comprensibile stonatura di un Harrison Ford-finto anziano, la regìa non sa inventare nulla di meglio del vecchio trucco hollywoodiano di invertire l'apparenza duale del protagonista, rendendolo di fatto vassallo del suo passato. Anche in tema di colori e ritmi si poteva fare decisamente meglio, teniamo conto che tutto sommato lo spazio profondo è più facilmente modificabile in laboratorio.
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Lo so non è facile fare un sequel a distanza di molti anni, anche per un regista di formazione spielberghiana come Villeneuve. Il prodotto però è risultato peggiore delle ragionevoli aspettative, innanzitutto in tema di montaggio e sceneggiatura. Del resto, troppe distopìe spazio/temporali messe qua e là nel film distorcono la percezione stessa della visione consequenziale (leggi sequel). Di fronte alla comprensibile stonatura di un Harrison Ford-finto anziano, la regìa non sa inventare nulla di meglio del vecchio trucco hollywoodiano di invertire l'apparenza duale del protagonista, rendendolo di fatto vassallo del suo passato. Anche in tema di colori e ritmi si poteva fare decisamente meglio, teniamo conto che tutto sommato lo spazio profondo è più facilmente modificabile in laboratorio. Mah... speriamo in un non-sequel ulteriore.
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passito
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domenica 12 novembre 2017
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da vedere
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un sequel pazzesco che non delude i fan dell'originale
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alcofribas
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domenica 12 novembre 2017
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ottimo film d’atmosfera
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Ottimo film, atmosfera tenuta perfettamente dall’inizio alla fine, persino Gosling sembra un attore vero e non una faccia col vuoto dietro.
Non m’interessano i paragoni con l’originale, questo è un altro film, altra epoca, altro tutto. In sé, funziona molto bene grazie anche alle ottime musiche. Un prodotto riuscitissimo.
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paolosalvaro
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giovedì 9 novembre 2017
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un trionfo di fotografia ed atmosfera
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Un film che non manca assolutamente di rispetto e non banalizza il cult da cui prende il nome, l'unico difetto del quale è forse l'essere un po' troppo pesante da digerire, specie nella seconda metà in cui il regista sembra innamorarsi eccessivamente della bellezza delle proprie immagini (non a caso ho trovato illuminante o quantomeno azzeccata l'ultima battuta pronunciata prima dei titoli di coda); immagino che c'è chi ad esempio potrebbe trovarla noiosa o dispersiva da questo punto di vista, per via della sua tendenza a far ostinatamente prevalere le immagini sulla parole, ma non si può negare la quasi totale perfezione visiva e sonora di questa pellicola alla base della quale sta un lavoro svolto in modo scrupoloso, se non addirittura maniacale, anche sui più piccoli dettagli.
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Un film che non manca assolutamente di rispetto e non banalizza il cult da cui prende il nome, l'unico difetto del quale è forse l'essere un po' troppo pesante da digerire, specie nella seconda metà in cui il regista sembra innamorarsi eccessivamente della bellezza delle proprie immagini (non a caso ho trovato illuminante o quantomeno azzeccata l'ultima battuta pronunciata prima dei titoli di coda); immagino che c'è chi ad esempio potrebbe trovarla noiosa o dispersiva da questo punto di vista, per via della sua tendenza a far ostinatamente prevalere le immagini sulla parole, ma non si può negare la quasi totale perfezione visiva e sonora di questa pellicola alla base della quale sta un lavoro svolto in modo scrupoloso, se non addirittura maniacale, anche sui più piccoli dettagli.
L'atmosfera risulta essere talmente intensa e concreta da poterla toccare con mano, la fotografia di Roger Deakins è così bella da dar quasi vita ad ogni colore (13 nominations e ancora nessun Oscar, un vero oltraggio artistico), edificio o ambientazione, ogni effetto sonoro e visivo diventano istantaneamente un classico del genere fantascentifico ed infine la regia di Villeneuve e la colonna sonora di Zimmer sono semplicemente maestose, questi due hanno sensibiliità e bravura da vendere; a non spiccare come gli altri elementi è la sceneggiatura, alla quale viene inevitabilmente riservato un ruolo secondario ma non marginale, oserei anzi definirla ottima e funzionale ma la storia non è chiaramente ciò che più rimane impresso di questo film. Ho trovato molto buone ed azzeccate anche le interpretazioni dei vari attori; spicca a mio avviso la grande affinità tra Ryan Gosling ed Ana de Armas, mentre Leto rimane (letteralmente) un po' troppo in ombra: ruba la scena quando entra in campo, ma ci resta decisamente troppo poco.
Anche analizzandolo a 360° come ho appena fatto non riesco a trovare delle mancanze o debolezze in questo film: è un autentico parco giochi della fantascienza, a cavallo tra il cyberpunk ed il misticismo dei luoghi e delle ambientazioni. Ciò che gli ha impedito di diventare un vero blockbuster, così come non lo era stato il primo Blade Runner, è proprio il fatto di essere non convenzionale ed ostile a tutto ciò sul quale invece si punta nei comuni film commerciali anche dello stesso genere, fin troppo spesso caratterizzati da storie piatte, personaggi vuoti ed ambientazioni senz'anima. Blade Runner 2049 non è niente di tutto questo. E' un piccolo miracolo.
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maramaldo
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mercoledì 8 novembre 2017
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"ho visto cose che voi umani..."
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... avete visto. O no? Flash di mezzo secondo, quasi subliminale: un leoncino rampante, stile araldico. Ho pensato ad un'allucinazione da colpo di sonno, indotto dall'atmosfera plumbea. Ma l'Agente K era là, sullo schermo, che vagava per discariche in cerca non so di cosa. Più circostanziata, invece, la presa di coscienza di quel prezioso distillato proveniente dall'universo del precedente episodio. Se al vostro cane piacerà dipende da come l'avete viziato. Assieme, potete gustarne quanto volete tanto ancora al 2049 ne rimangono milioni di bottiglie. Parola di Harrison Ford, altro lascito della saga, più stralunato e malmostoso di sempre.
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... avete visto. O no? Flash di mezzo secondo, quasi subliminale: un leoncino rampante, stile araldico. Ho pensato ad un'allucinazione da colpo di sonno, indotto dall'atmosfera plumbea. Ma l'Agente K era là, sullo schermo, che vagava per discariche in cerca non so di cosa. Più circostanziata, invece, la presa di coscienza di quel prezioso distillato proveniente dall'universo del precedente episodio. Se al vostro cane piacerà dipende da come l'avete viziato. Assieme, potete gustarne quanto volete tanto ancora al 2049 ne rimangono milioni di bottiglie. Parola di Harrison Ford, altro lascito della saga, più stralunato e malmostoso di sempre. Trovo disdicevole il vezzo di utilizzare fino allo spasimo (anche dello spettatore) attori anziani solo perchè hanno un nome. Avete visto il povero Richard Gere, infagottato e depresso come un personaggio gogoliano. Si uccidono così anche le icone degli anni più belli?
Apprezzamenti per il cane: composto, moderatamente curioso, impertubabile tra scoppi, spostamenti d'aria, ruggiti di motori. Attempato anch'esso, forse mezzo cieco, sicuramente sordo. Unico elemento di originalità.
Film così, ormai, li sanno fare tutti. C'è la lezione visionaria dei fumetti; il turbo-potenziamento della fantasia mediante la motion picture e lo stupefacente sviluppo della tecnica degli effetti speciali. Contenuti e messaggi, pretesti per imbastire qualcosa che somigli ad una "storia", bisogna cercarli e trovarli faticosamente. Qui abbiamo il miracolo: due agglomerati di silicone e circuiti integrati si accoppiano (non è chiaro come, e perchè) e generano. Un auspicio quando siamo sommersi da 7 miliardi e passa di miracoli realizzati - questi sì - in modalità primitive da una specie ancora in uno stadio primordiale che scenziati e antropologi illuminati s'ingegnano a far evolvere in una serialità omogenea e regolare. Vi è già un presagio nel film dove vengono privilegiate fattezze asiatiche che già assicurano una buona uniformità.
Si comprende come un autore talentuoso come Villeneuve, pur avendo a disposizione un ampio ventaglio di apocalissi ma dovendo scansare le angosce reali che ci affliggono, non può che orientarsi verso l'opinabile, l'astratto inconsistente. Il vuoto, non quello cosmico ma quello delle idee fresche. Restiamo in attesa, in un Blade Runner 2079, di assistere agli sviluppi di questo nulla. Che gli faremo fare a Harrison Ford? Ancora un goccio di...Taglio del Direttore?
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