pier delmonte
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lunedì 28 marzo 2016
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tarantino garanzia
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The hateful eight, ovvero gli odiosi otto, ovvero l’ottavo film di Tarantino (autoironia? Probabile!), e non delude, diciamo che appesantisce la visione, in quanto poco dinamico, ma i colpi di scena sono sempre dietro il frame con Quentin, e questo fa la differenza tra un regista qualunque e un campione, apprezzabile la presenza di Kurt “il boia” Russell e la bruttezza spassosa di Jennifer “la baldracca” Leigh.
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sandro roy
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sabato 26 marzo 2016
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bentornati al titty twister
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Era la sera buona. Una di quelle sere in cui tutte le condizioni convergono a tuo favore.
In tv non passava niente, mio figlio e mia moglie dormivano già da po’ ed io ero fresco come una rosa.
Era la serata perfetta per un film lungo, anche di tre ore, la sera perfetta per THE HATEFUL EIGHT.
Sapevo già cosa mi aspettava, non perché me lo fossi spoilerato (anzi mi son ben visto di non farlo) ma per una sorta di sesto senso cinefilo.
Da spasimante di Sergio Leone, il rischio era alto, ma me lo sentivo che Quentin non mi avrebbe deluso e così fu.
E lo capisci subito, fin dalla prima lunga sequenza. Un Cristo di legno freddo e innevato che delinea un confine immaginario. Un volto scavato e desolato.
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Era la sera buona. Una di quelle sere in cui tutte le condizioni convergono a tuo favore.
In tv non passava niente, mio figlio e mia moglie dormivano già da po’ ed io ero fresco come una rosa.
Era la serata perfetta per un film lungo, anche di tre ore, la sera perfetta per THE HATEFUL EIGHT.
Sapevo già cosa mi aspettava, non perché me lo fossi spoilerato (anzi mi son ben visto di non farlo) ma per una sorta di sesto senso cinefilo.
Da spasimante di Sergio Leone, il rischio era alto, ma me lo sentivo che Quentin non mi avrebbe deluso e così fu.
E lo capisci subito, fin dalla prima lunga sequenza. Un Cristo di legno freddo e innevato che delinea un confine immaginario. Un volto scavato e desolato. Un’espressione che ti sussurra “io sono arrivato fin qui. Al di là vi aspetta solo l’Inferno”.
Un western girato sui monti innevati del Wyoming? Mi chiesi. A me? A me che sono cresciuto sognando le valli aride e polverose di El Paso? A me che avrei sempre voluto calpestare le mattonelle arse dal sole del cimitero di Sad Hill? A me, che avrei pagato pur di farmi un cicchetto insieme al Tuco e mi addormentavo con il carillon di Ramon?
Ma la carrozza che sopraggiungeva se ne fregava del Cristo e del mio pregiudizio. Incosciente proseguiva terminando la sua corsa all’Emporio di Minnie. Tutto lasciava presagire che quell’emporio si sarebbe ben presto trasformato nel Titty Twister di Dal Tramonto all’Alba (di cui Tarantino è il produttore e attore).
In quella cascina di legno ruvido s’incontreranno casualmente (non proprio) gli “odiosi 8” e l’escalation degli eventi saranno inevitabili.
La storia che scrive Tarantino è fantastica.
Un western che sposa il thriller con qualche tocco di horror. Gli sviluppi del racconto sono sorprendenti. I colpi di scena spiazzanti e gli interpreti (L.Jackson – K.Russel – J.J. Leigh – T.Roth – M.Madsen – W.Goggins – B.Dern – D.Bichir) danno il loro meglio per esaltare ogni singola interpretazione. Tarantino ne cattura le espressioni, le gesta e le caratteristiche. I doppiatori sono forse troppo caricaturali ma poi t’innamorerai di quei toni forti e di quelle voci rauche.
Quentin ha il merito di portarti dentro quella cascina. Farti quasi sentire il sapore di quell’odioso caffè, il tepore del camino, la puzza della giacca del generale confederato e il dolce dei bastoncini alla menta che tanto piacciono a quella canaglia di Grouch Douglas (Michael Madsen).
Se poi completi l’opera con le musiche del Maestro Morricone, si fa presto ad amare questo film.
Come se non bastasse, dietro a tutto questa meraviglia d’immagini, sensazioni, dialoghi e avvicendamenti, c’è una forte denuncia all’America, alla sua storia fatta di violenza, giustizia sommaria, razzismo, pregiudizi e rancore, dove non vi sono vincitori, proprio come in quest’ultimo film di Tarantino. E non me ne voglia Leone se per una sera l’ho tradito, perché sulla mia lapide sarà scritto: Arch Stanton – 3 February 1862 -
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opidum
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martedì 22 marzo 2016
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un film che ti fa venir voglia di ciaspolare
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amo i film con la neve che cade e con morti ammazzati . e amo taratino.
perciò dò 4 palle.
non 5 perchè non è "La cosa"
mi aspettavo qualche colpo di scena più spettacolare( del tipo in saw che il morto resuscita) però niente da dire il film dura tre ore e non annoia.
quentin ha rubacchiato a molti : sicuramente ha visto carrie lo sguardo di satana del 1976. peccato il non oscar alla jannifo jason leight.
fantstico il personaggio di james parks che si veste come kurt russel ne "la cosa"
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mrderrickwood
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lunedì 7 marzo 2016
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ottimo film ma poteva impegnarsi di più
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Avete presente la frase "Il ragazzo è intelligente ma poteva impegnarsi di più" che sentivano i vostri genitori durante i colloqui coi vostri insegnanti? Ecco questa frase la applicherei proprio per The Hatefull Eight, ottava fatica di Quentin Tarantino. Non fraintendetemi il film è ottimo su tanti fronti (la colonna sonora composta dal maestro Ennio Morricone soltanto ha vinto l'Oscar) ma alcune scelte di regia mi hanno lasciato perplesso. Il ritmo non è costante e bilanciato,alterna momenti troppo lenti a momenti molto rapidi,e alcune scelte narrative sono troppo eccessive (Quentin,tu narratore che descrivi delle situazioni all'interno della trama non era necessario). La situazione in cui si trovano i personaggi è molto simile a "Le Iene"(Resevoir Dogs per essere più fedeli e anglofili) se non nell'ambientazione western che,tuttavia, riesce a non dare quel senso di "già visto e stravisto".
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Avete presente la frase "Il ragazzo è intelligente ma poteva impegnarsi di più" che sentivano i vostri genitori durante i colloqui coi vostri insegnanti? Ecco questa frase la applicherei proprio per The Hatefull Eight, ottava fatica di Quentin Tarantino. Non fraintendetemi il film è ottimo su tanti fronti (la colonna sonora composta dal maestro Ennio Morricone soltanto ha vinto l'Oscar) ma alcune scelte di regia mi hanno lasciato perplesso. Il ritmo non è costante e bilanciato,alterna momenti troppo lenti a momenti molto rapidi,e alcune scelte narrative sono troppo eccessive (Quentin,tu narratore che descrivi delle situazioni all'interno della trama non era necessario). La situazione in cui si trovano i personaggi è molto simile a "Le Iene"(Resevoir Dogs per essere più fedeli e anglofili) se non nell'ambientazione western che,tuttavia, riesce a non dare quel senso di "già visto e stravisto". Per la componente sanguinolenta e gore secondo me è il film più "sadico" che Tarantino abbia mai girato. Se ad esempio in Kill Bill le uccisioni ci lasciavano trasportare in una sfrenata vendetta omicida in The Hatefull Eight i personaggi provano gusto a uccidersi o a provocarsi tra di loro nella maniera più cattiva e sadica possibile. In conclusione,se questo film lo avesse diretto un regista emergente avrei gridato al capolavoro. Ma appunto perché lo ha diretto il buon Quentin,che mi ha educato con un certo standard di estetica e di stampo autoriale,io non posso che limitarmi alle 4 stelle.
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andreafalci
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venerdì 4 marzo 2016
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mai fidarsi degli sconosciuti
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AMBIENTAZIONE E FOTOGRAFIA MOLTO SUGGESTIVA, OVE I DIALOGHI ACQUISISCONO TUTTO UN SAPORE PROFONDO E FILOSOFICO, ED E' QUESTA CARATTERISTICA DEI DIALOGHI CHE RENDE IL FILM AFFASCINANTE, OLTRE I CURATI COSTUMI , SCENOGRAFIA E FOTOGRAFIA. SICURAMENTE DETERMINANTI LE MUSICHE PARTICOLARI CHE ACCOMPAGNANO LE IMMAGINI, BUON DIVERTIMENTO.
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a.i.9lli
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venerdì 4 marzo 2016
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otto piccoli bastardi
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è il più claustrofobico dei film di Tarantino: c'è una bufera, ci sono otto persone chiuse in una baita, otto segreti, otto storie in cui non c'è minima traccia di buone intenzioni. é un western, come Tarantino stesso lo ha definito, ma la struttura ricorda tanto un giallo alla Agatha Christie, la storia si sviluppa in itinere, sul flusso degli eventi, la divisione stessa dei blocchi di trama è articolata in capitoli ( tecnica cara al regista); è un susseguirsi di scene cult, di dialoghi serrati e claustrofobici oserei dire, ansiogeni, l'ansia cresce come cresce il numero degli spari e il flusso di sangue. Il fil rouge è uno solo ( che poi è del resto quello di tutti i film di Tarantino ): rappresentare quella parte di umanità che si può descrivere con una sola parola, bastardi.
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è il più claustrofobico dei film di Tarantino: c'è una bufera, ci sono otto persone chiuse in una baita, otto segreti, otto storie in cui non c'è minima traccia di buone intenzioni. é un western, come Tarantino stesso lo ha definito, ma la struttura ricorda tanto un giallo alla Agatha Christie, la storia si sviluppa in itinere, sul flusso degli eventi, la divisione stessa dei blocchi di trama è articolata in capitoli ( tecnica cara al regista); è un susseguirsi di scene cult, di dialoghi serrati e claustrofobici oserei dire, ansiogeni, l'ansia cresce come cresce il numero degli spari e il flusso di sangue. Il fil rouge è uno solo ( che poi è del resto quello di tutti i film di Tarantino ): rappresentare quella parte di umanità che si può descrivere con una sola parola, bastardi. Bastardi senza gloria.
Una nota a margine: l'ansia sale, e con essa la tensione e l'acutezza dei dialoghi, ma cresce sopratutto con la musica: è la colonna sonora a metterti per prima in allerta. Chapeau, maestro Morricone.
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dave san
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giovedì 3 marzo 2016
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gli spietati di quentin
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In primo piano sulla locandina spiccano le spalle ammantate di un pistolero. Al suo fianco le spalle di altri tre personaggi, circondati dalla neve e dal gelo. Sullo sfondo l'emporio di Minnie simile a un casale di Raimi. Davanti alla casa i quattro "coinquilini" si parano sullo sfondo. La scenografia è composta dalla stalla, dall'emporio e da una latrina simile agli odierni bagni chimici, distante e isolata. Alcune inquadrature dello scenario, quasi ricordano la base artica de "La Cosa". Un'impressione, ovviamente. Questo in realtà è un western. Ambientato poco dopo la guerra di secessione. Quasi tutta la trama si sviluppa all'interno dell'emporio di Minnie dove nessuno degli attuali presenti si potrebbe definire raccomandabile.
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In primo piano sulla locandina spiccano le spalle ammantate di un pistolero. Al suo fianco le spalle di altri tre personaggi, circondati dalla neve e dal gelo. Sullo sfondo l'emporio di Minnie simile a un casale di Raimi. Davanti alla casa i quattro "coinquilini" si parano sullo sfondo. La scenografia è composta dalla stalla, dall'emporio e da una latrina simile agli odierni bagni chimici, distante e isolata. Alcune inquadrature dello scenario, quasi ricordano la base artica de "La Cosa". Un'impressione, ovviamente. Questo in realtà è un western. Ambientato poco dopo la guerra di secessione. Quasi tutta la trama si sviluppa all'interno dell'emporio di Minnie dove nessuno degli attuali presenti si potrebbe definire raccomandabile. Il posto di per sé è accogliente e spazioso: un baluardo di ospitalità allestito da altri. Utilizzato da questi ceffi come centro di smistamento dei rispettivi piani. L'accostamento più diretto sembra essere "Le Iene". Anche quelli si riuniscono in uno spazio per tirare le somme. In The Hateful Eight il covo viene creato appositamente, un palcoscenico pianificato ad arte da questi. La porta fissata con tavole e chiodi, è un primo indizio. Il Maggiore Marquis Warren (L. Jackson), sarà una specie di "Sherlock Holmes" losco tra i loschi. Fitte e colorite sessioni di dialoghi e schermaglie movimentano a lungo gli interni. Fuori è tempesta continua. L’incedere della storia svelerà l'intrigo tra i protagonisti. Immancabilmente inizieranno a cadere teste e dispiegarsi situazioni grottesche al limite del farsesco. In realtà si potrebbe anche individuare una sorta di catarsi finale. Una catarsi satirica e per certi aspetti, nichilista (realista?). Nessuno qui s'immola per niente. Il regista non sembra volerci elettrizzare con sessioni di azione alla Tarantino, né appassionare con valori che si fanno strada tra gangster, nazisti o razzisti organizzati. Nessuno si salva, e non solo moralmente. Gli interpreti sono decisamente di mestiere. Otto istrioni travestiti da faine. Quentin non ci priverà del suo grand guignol o del suo iperrealismo bislacco e mirato: una pellicola a tratti scabrosa che diventa, così, tipicamente Tarantiniana. Non di rado certi artisti si esibiscono dando le spalle al grande pubblico. Tralasciando di consolidare in senso “solare” la propria aura. The Hateful, sembra porsi più o meno in questi termini.
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tony k.l. foster
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martedì 1 marzo 2016
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recensione: the hateful eight
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Parte no spoiler:
Trovo sempre molto complesso fornire un'analisi oggettiva di Tarantino, dato che potrei parlare per ore ogni volta che mi viene chiesto un parere su questo autore. So di dover rianalizzare il responso che potrei dare a caldo, perché sarebbe totalmente pro Tarantino.
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Parte no spoiler:
Trovo sempre molto complesso fornire un'analisi oggettiva di Tarantino, dato che potrei parlare per ore ogni volta che mi viene chiesto un parere su questo autore. So di dover rianalizzare il responso che potrei dare a caldo, perché sarebbe totalmente pro Tarantino. Eppure mi rendo conto che la creatività così ironicamente sadica di questo regista può non essere gradevole per tutti. In “The Hateful Eight” vengono riunite tre tematiche che personalmente amo alla follia: Tarantino, genere western e il classico omicidio a porte chiuse alla Agatha Christie.
C’è poco da fare, se dovessi scrivere una recensione per me stesso, la parola che utilizzerei sempre più spesso prima di impazzire come il folle Jack Torrance di “Shining” e cominciare a scrivere sui muri a lettere cubitali, sarebbe solo una: CAPOLAVORO. CAPOLAVORO! CAPOLAVORO!!! Mi rendo conto che non posso limitarmi a questo tipo di analisi, perché il film qualche difetto lo presenta.
Difetti che, chiariamo, non mi sono pesati neppure un po', ma che oggettivamente esistono nel film.
Un esempio? Il ritmo e la lunghezza. Il film dura circa tre ore (160 minuti) con un’estensione di altri trenta sulla versione in pellicola e vi dico francamente che sarei davvero curioso di visionarla perché tre ore, per quanto mi riguarda, sono scivolate come olio. A metà del primo tempo avevo su un sorriso da Joker e fremevo nell'attesa di gustarmi immediatamente la seconda parte.
Tarantino ha chiaramente rischiato perché ha scelto un ritmo molto lento nella prima parte per poi esplodere come una bomba nella seconda. Scelta che può essere condivisa o meno, a me di certo non è pesata. Confesso di aver sofferto più a seguire il “Signore degli anelli”, piuttosto che “The Hateful Eight”. Non molti condivideranno la mia idea, io stesso ho avuto modo di constatare che in sala erano presenti persone in disaccordo con la mia opinione proprio per via del ritmo lento sì, ma comunque avvincente. E' un'opinione che rispetto, lo stile di Tarantino può non piacere. È inutile andare a vedere un film di Tarantino se non piace la sua regia; anche se presentava dei ritmi in realtà diversi dalle sue precedenti opere, è anche vero che vantava una continuità e una coerenza maggiori rispetto alle stesse. Per molti versi, come lo stesso autore ha dichiarato, la pellicola si avvicina alle atmosfere di “Reservoir Dogs” (Le Iene); per aspetti differenti ricorda anche “Pulp Fiction”, dal momento che la storia viene narrata con capitoli lineari e complementari tra loro. E' un vero e proprio ritorno alle origini, ma rispetto alle origini ho ammirato un regista più maturo e sicuramente più sicuro dei suoi mezzi, delle sue capacità.
Altri richiami si vedono marcatamente con il film di John Carpenter: “La Cosa”, con un pizzico di giallo a porte chiuse della Christie.
Tarantino riesce a creare uno stato di tensione e di ansia perenne già dal primo minuto ed è chiaro che per generare un'atmosfera simile serve del tempo, serve un dialogo tra gli “spietati otto”. Il film si prende i suoi ritmi e non è un problema, perché il tempo scivola come niente. Una tensione accompagnata dalle musiche di Ennio Morricone che fanno richiamo alle stesse tematiche di “La Cosa”. Tarantino ha voluto a tutti i costi lui come compositore e lo stesso Morricone, pur avendo poco tempo da dedicare nella composizione, ha deciso di utilizzare e revisionare alcune canzoni che aveva scartato per il film sopracitato. Ognuna di queste riesce a fare il suo, garantendo una tensione in scena che mi ha caricato di adrenalina dal primo istante fino ai titoli di coda.
La regia, un vero e proprio gioiello. Soffermarsi molto su questo aspetto sarebbe una perdita di tempo, perché Tarantino è una divinità della cinepresa e della sceneggiatura. Fine.
La maggior parte del film è diretto in una stanza o in una carrozza, quelle scene hanno una certa staticità. Nonostante questo Tarantino è riuscito a dare un effetto dinamico per il modo in cui la telecamera segue i protagonisti. Un genio. Ho amato lo stile di regia anche per un altro dettaglio: per accrescere lo stato di ansia dello spettatore, Tarantino ha girato la maggior parte delle scene permettendo di intravedere cosa stessero facendo gli altri protagonisti. Con una tecnica particolare di messa a fuoco e controfuoco, il focus principale è inizialmente posizionato su colui che parla mentre gli altri personaggi sono sfocati e la messa a fuoco subisce frequenti aggiustamenti seguendo i dialoghi.
Questo tipo di inquadratura ha dato il meglio di sé quando tutti hanno trovato un motivo per odiarsi a vicenda. L’adrenalina circolava a massimi livelli:
Lo spettatore si trovava con loro, si trovava in quel dannato emporio e con lui c'erano altre otto persone spietate che odiava a morte. Era consapevole di non potersi fidare di nessuno, di avere motivo di essere paranoico e doveva osservare attentamente ognuno di loro. Lo spettatore si trovava là.
Il risultato è stato esattamente questo.
Ho visto questo film due volte, una di queste in lingua originale, ma ammetto di aver preferito il doppiaggio italiano proprio per non perdere il movimento della telecamera. Anche se c'è stato un piccolo (grande) errore di traduzione nel doppiaggio che ha reso meno incisivo alcuni concetti politici che analizzerò nella parte spoiler.
Una regia da Oscar… che sicuramente lo ha visto penalizzato per la diatriba con la Disney. Tarantino aveva difatti stipulato un contratto con un cinema di Los Angeles per trasmettere il film in quelle sale il 25 dicembre. Lo aveva fatto per la grandezza della sala, per il supporto e le attrezzatura per il tipo di pellicola a 70 mm girata in Ultra Panavision, perché lo considerava adatto al suo film per ampiezza, grandezza, epicità. La major Disney decise di prolungare la proiezione del suo film in quelle sale, forse boicottando l'opera di Tarantino e minacciando che in caso contrario avrebbe ritirato il film ''Star Wars. Il risveglio della forza'' da tutte le catene di quel cinema. Temo che questo abbia inciso nell'escludere le nomination del regista per quanto riguarda le candidature a miglior regia e miglior sceneggiatura. Avrebbe meritato sicuramente anche d’essere in lista per il miglior film, a parer mio, perché “The Hateful Eight” è un film di rara fattura.
Nulla da eccepire sulle candidature agli oscar per la migliore colonna sonora originale di Ennio Morricone e per la fotografia che è una GIOIA per gli occhi. Un contrasto leggermente caldo su alcuni punti dello schermo, quando all'esterno i toni freddi fanno da padrone per poi controbilanciarsi in tonalità totalmente calde quando la storia si sposta nei luoghi chiusi. Per non parlare delle chiazze di sangue sulla neve e di alcune scene che sono un vero piacere per gli occhi. Nulla da dire neppure sulla candidatura ricevuta per la miglior attrice non protagonista da Jennifer Jason Leight.
La Leight in questo film interpreta la condannata. Nella parte spoiler voglio soffermarmi proprio su una critica che mi ha fatto un po' girare le scatole, ma soffermandomi sulla sua interpretazione posso dire questo: qualcosa di indescrivibile. Come ho già detto lo spettatore ha più volte l'impressione di trovarsi lì, tra questi hateful eight, con questa dannata psicopatica e vive un crescendo di tensione. Personalmente ogni attore mi è particolarmente piaciuto: a livello interpretativo non si discute, i ruoli sono tutti perfettamente contraddistinti. Ho letto alcune critiche sulla caratterizzazione di Tim Roth, perché avrebbe potuto interpretare un ruolo più ampio. Io credo che abbia interpretato in maniera magnifica un piccolo ruolo e va benissimo così. L'unica candidatura ricevuta per le interpretazioni l'ha ottenuta proprio la Leight; non potevano premiare tutti anche in vista della diatriba tra la major Disney e lo stesso Tarantino, che ritengo abbia influito sull'esclusione di alcune candidature, tuttavia mi auguro che lei possa portare a casa la statuetta perché è stata davvero fantastica.
Parte spoiler
Una cosa che mi ha fatto davvero innervosire sono le critiche ricevute da Tarantino sulla sua presunta misoginia perché la protagonista interpretata dalla Leight viene più volte picchiata, trattata da feccia schifosa, una 'bastarda da impiccare'. Sono presenti molte scene di violenza da parte del cacciatore di taglie John Ruth, soprannominato ''Il Boia'' perché se una taglia può essere portata viva o morta, lui la porta sempre viva per farla impiccare dal boia. Ciò che ripete spesso il 'Boia è: Tutti i bastardi meritano di essere impiccati, ma i gran bastardi sono quelli che impiccano''. Qui si identifica una forte traccia politica, ma su questo mi soffermo dopo. Sulle scene di violenza le critiche negative sono state innumerevoli sia dagli esperti e dai semplici spettatori. Il problema qual’è? Daisy Domergue, che è la cattiva, un'assassina spietata della banda Dormergue, non viene picchiata e trattata da feccia in quanto donna, ma in quanto feccia. Più volte John Ruth specifica di non avere davanti una donna, bensì una criminale. Queste sono sfaccettature Tarantiniane che vanno tenute presenti.
John Ruth, magnifico Kurt Russel nella sua interpretazione e indescrivibile personaggio. È il mio preferito nel gruppo. Un vero ''bastardo'' e più volte definito tale. Eppure lo reputo un personaggio con numerose sfaccettature. Spietato solo verso chi è spietato e nonostante sia in apparenza rude e senza cuore non ammazza i criminali perché ritiene che anche il boia debba lavorare. Percuote numerose volte la sua prigioniera quando lo manca di rispetto, ma più volte compie quei piccoli e significativi gesti di pietà che ti mostrano molto altro dietro questo ''bastardo''. Ed è questo personaggio che comincia a prendere piede l'aspetto politico del film: ''Tutti i bastardi meritano di essere impiccati, ma i gran bastardi sono quelli che impiccano''. Nel doppiaggio italiano questa frase è stata un po’ snaturata, perché se non ricordo male era un discorso ridondante simile a questo “Solo i veri bastardi devono essere impiccati, ma i veri bastardi devono essere impiccati”. Non ha alcun senso, o almeno, non mantiene il senso che Tarantino voleva dargli.
Nella sceneggiatura è un chiaro riferimento alla giustizia che un uomo può farsi. Il tema viene infatti approfondito nel corso dei dialoghi da un altro personaggio: Oswald Mobray, interpretato magnificamente da Tim Roth. Il suo ruolo è il Boia delle contee, infatti avrebbe dovuto giustiziare Daisy quando la tempesta sarebbe cessata e avrebbero fatto ritorno nella città Red Rock.
Lui fa un discorso che si muove su un binario parallelo, ossia la giustizia e la giustizia di frontiera: nel primo caso è il boia a uccidere la condannata, nel secondo caso i cari della vittima catturano l'assassino e lo uccidono in giardino. Anche quella è giustizia, ma per chiamarsi tale la giustizia ha bisogno di una figura neutrale, di una figura che non ha interesse a togliere una vita, che forse neanche conosce le motivazioni di quella esecuzione e che neppure gli interessano. Solo quando la figura è neutrale può definirsi giustizia.
Ed analizzando la frase di Ruth è questo il significato che può identificarsi: Ci sono persone così orribili e perfide che meritano oggettivamente di morire, di non essere più parte integrante di questo mondo. Se tu, tuttavia, uccidi queste persone per i crimini che hanno fatto, non solo non sei migliore di loro, tu sei una persona molto peggiore di loro.
Questa è la chiave politica che io ho letto, infatti la pellicola si trascina, in maniera un po' amara, con una profonda morale finale: Uccidi, ti vendichi dell'odio che provi, spezzi vite a persone che hanno spezzato vite atrocemente… e poi? A cosa serve questo? A nulla perché ti trovi a morire con atroci sofferenze tra montagne desolate. Soddisfatto della tua vendetta, ma perdendo comunque ogni cosa.
Questo è l'aspetto sempre più politico di Tarantino in questo film. Per non parlare del razzismo che lo stesso Tarantino cerca di smorzare assieme a Samuel L. Jackson. Infatti l'uomo di colore è continuamente chiamato 'negro, negro, negro'. Lo stesso Ruth si sente tradito per una bugia detta a fin di bene da Marquis Warren che poi gli fa un discorso semplice per fargli comprendere come il colore della sua pelle sia un problema in un'America che sta affrontando un periodo di poco successivo alla guerra civile. Di come un 'nero' sia al sicuro solo quando un 'bianco' è disarmato e di come quella stessa bugia sia stata essenziale per salvargli la vita. La narrazione politica, benché formulata ottimamente in un contesto western è davvero molto percepibile.
I colpi di scena non sono mai prevedibili, MAI. La prevedibilità è soggettiva, ma io posso dire di essere entrato nella sala con alcune supposizioni e di non essere riuscito a prevedere, a conti fatti, proprio nulla. Il trailer è stato montato e impacchettato come un regalo di Natale perfetto, ha aiutato a capire la trama ma non ha anticipato niente. Queste supposizioni sono state del tutto capovolte nel corso della narrazione. Il trailer è capace di dare delle buone premesse, solo quello. Tutto ciò che capita su quelle premesse per me è stato del tutto imprevedibile. Ogni personaggio è importante per il decorrere della trama, ogni elemento lascia piccoli indizi qua e là ma alla fine tutto torna, chiudendo un cerchio perfetto. Viene tutto spiegato nel dettaglio, un serie di conclusioni così squisitamente confezionate su quelle premesse che vengono fornite allo spettatore a piccole dosi. Che dire? Ho amato ogni cosa.
Potrei parlare davvero per ore e ore di Tarantino così come di questa singola pellicola, ma credo di aver fatto un quadro generale completo delle informazioni più importanti. Ritengo questo film un capolavoro. Ha i suoi difetti, c'è poco da fare, ma a volte un elemento negativo può presentarsi, per taluni aspetti, come un’inaspettata miglioria. Così è stato “The Hateful Eight”. Concludendo questa recensione, io lo reputo un capolavoro assoluto, ma questo è il mio soggettivo parere ed è sbagliato crearvi delle aspettative che potreste non condividere. Se amate lo stile di Tarantino, se amate le costruzioni lente e progressive, se amate analizzare i fatti attraverso una chiave di lettura profonda, è il film che fa per voi. Il voto forse più adatto per questo film è 9.
Alla prossima
Tony K.L. Foster
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no_data
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lunedì 29 febbraio 2016
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film tremenziale
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Oggi ho visto un film di violenza tremenziale, molto divertente, in cui un bianco e un negro, finalmente alleati, massacrano una donna.
Il film inizia con lei che ha già un occhio nero. Poi con dei colpi le rompono la testa, poi il naso, poi i denti. Poi le ammazzano tutti i componenti della banda, ma il fratello di lei gli spara alla gamba e alle palle. Allora i due lo scovano e gli fanno saltare le cervella, che schizzano tutte in faccia alla sorella. E finalmente i due, con le mani tutte insanguinate, la impiccano: la fine che meritava! HA HA HA
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luca1960
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sabato 27 febbraio 2016
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boh
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Non mi piace Il genere pulp e tutti gli eccessi artficiosamente messi in scena, cosi quando gli amici mi hanno trascinato a vederlo, non mi ha attirato tanto il film ma le reazioni del pubblico in sala cinematografica dove si svolgevano le reali scene splatter ed horror, cosa ci sia da ridere/sghignazzare in certi eccessi (rappresentazione di scene odiose, spappolamento di un cervello umano, impiccagione con tanto di volto trasfigurato di fronte alla evidente piena soddisfazione di chi impicca e del pubblico in sala) sinceramente non riesco a capirlo. Ma siete proprio sicuri che sia un capolavoro?.Non sono certo un "esperto cinematografico" ma posso dissociarmi da tutti voi e mettere solo una stella ?
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