dokrobei
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lunedì 15 febbraio 2016
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stopposo
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Che delusione. Attendevo The hateful eight da prima che venisse annunciato ed ora che l'ho visto mi piacerebbe pensare che si è trattato solo di un brutto scherzo. Ed invece è solo un brutto film.
I primi 38 minuti, in diligenza su scenario nevoso, non sono malaccio con qualche apprezzabile trovata in puro stile Tarantino. Peccato però che i dialoghi già lascino trasparire ciò che attende lo spettatore nelle restanti due ore abbondanti tutte girate all'interno dell'emporio e cioè una lunga, interminabile, prolissa, ridondante, scontatissima e completamente senza senso serie di battute che appesantiscono un film banale e completamente privo di mordente dall'inizio alla fine. Un vero peccato perchè sinceramente dopo l'ottimo Django, che ho adorato, mi aspettavo veramente tanto ed invece mi sono ritrovato a faticare a tener su le palpebre per quasi tre ore di nulla.
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Che delusione. Attendevo The hateful eight da prima che venisse annunciato ed ora che l'ho visto mi piacerebbe pensare che si è trattato solo di un brutto scherzo. Ed invece è solo un brutto film.
I primi 38 minuti, in diligenza su scenario nevoso, non sono malaccio con qualche apprezzabile trovata in puro stile Tarantino. Peccato però che i dialoghi già lascino trasparire ciò che attende lo spettatore nelle restanti due ore abbondanti tutte girate all'interno dell'emporio e cioè una lunga, interminabile, prolissa, ridondante, scontatissima e completamente senza senso serie di battute che appesantiscono un film banale e completamente privo di mordente dall'inizio alla fine. Un vero peccato perchè sinceramente dopo l'ottimo Django, che ho adorato, mi aspettavo veramente tanto ed invece mi sono ritrovato a faticare a tener su le palpebre per quasi tre ore di nulla. Caro Quentin, non basta porre la propria pesante firma su un'opera vuota per trasformarla in oro.
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[+] les gaffes tarantiniane
(di robefto)
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andrejuve
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lunedì 15 febbraio 2016
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un western tinto di giallo
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“The Hateful Eight” è un film del 2015 diretto da Quentin Tarantino. Nel periodo successivo alla guerra di secessione americana una diligenza si dirige verso la località chiamata Red Rock. All’interno di questa diligenza si trova un uomo di nome John Ruth, denominato “il Boia”, il quale vuole trasportare la spietata criminale Daisy Domergue proprio a Red Rock, dove potrà riscuotere la cospicua taglia di 10.000 dollari che pende su quest’ultima, la quale subirà la pena dell’impiccagione per i reati commessi. Per non rischiare che quest’ultima fugga John è legato a Daisy grazie ad una catena. Durante il suo cammino la diligenza si imbatte nel Maggiore Marquis Warren, il quale è alla ricerca di un passaggio per Red Rock in quanto deve consegnare tre banditi uccisi al fine di ottenere anch’egli la somma di denaro stabilita per la loro taglia.
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“The Hateful Eight” è un film del 2015 diretto da Quentin Tarantino. Nel periodo successivo alla guerra di secessione americana una diligenza si dirige verso la località chiamata Red Rock. All’interno di questa diligenza si trova un uomo di nome John Ruth, denominato “il Boia”, il quale vuole trasportare la spietata criminale Daisy Domergue proprio a Red Rock, dove potrà riscuotere la cospicua taglia di 10.000 dollari che pende su quest’ultima, la quale subirà la pena dell’impiccagione per i reati commessi. Per non rischiare che quest’ultima fugga John è legato a Daisy grazie ad una catena. Durante il suo cammino la diligenza si imbatte nel Maggiore Marquis Warren, il quale è alla ricerca di un passaggio per Red Rock in quanto deve consegnare tre banditi uccisi al fine di ottenere anch’egli la somma di denaro stabilita per la loro taglia. Una forte tempesta di neve sta per abbattersi e Marquis ha bisogno di salire all’interno di quella diligenza. Dopo un’iniziale diffidenza John, il quale aveva conosciuto in passato Marquis, decide di ospitare quest’ultimo sopra la diligenza. Dopo qualche chilometro viene avvistato un altro uomo che vaga sopra quel desolato prato nevoso. Il suo nome è Chris Mannix e dichiara ai passeggeri della diligenza di volersi recare anch’egli presso Red Rock dove presterà giuramento al fine di essere nominato sceriffo. Se venisse abbandonato John e Marquis non potrebbero ricevere le somme di denaro che pretendono. A causa dell’esponenziale aumento di intensità della tempesta di neve la diligenza è costretta ad arrestare il suo cammino presso l’emporio di Maggie, dove però non si trovano i proprietari del locale ma un messicano di nome Bob, il quale afferma che i proprietari abbiano affidato a lui la locanda per andare a trovare la madre di Maggie. All’interno dell’emporio John, Daisy, Marquis e Chris incontrano altri tre uomini di nome Oswaldo Mobray, Joe Gage e Sanfold Smithers, un generale sudista. John non si fida di coloro che si trovano all’interno dell’emporio perché è convinto che uno di essi conosca Daisy Domergue. John allora decide di “stipulare” un accordo con Marquis in base al quale i due promettono di difendersi reciprocamente impedendo che qualcuno possa appropriarsi di Daisy e degli altri corpi sui quali gravano le taglie. Anche Marquis è molto perplesso in quanto ritiene improbabile che Maggie, che conosce molto bene, abbia affidato ad un’altra persona la gestione momentanea della sua attività. C’è qualcuno che mente sulla propria identità? Quali sono le reali intenzioni di ciascuna delle otto persone presenti all’interno dell’emporio?. La pellicola in questione è divisa in due parti distinte tra loro. La prima parte è incentrata sulla caratterizzazione di tutti i personaggi che gradualmente si susseguono e che, in maniera apparentemente casuale, si incontrano. Attraverso l’utilizzo di dialoghi molto colloquiali e all’apparenza insignificanti lo spettatore riesce a delineare al meglio le sfaccettature caratteriali dei singoli protagonisti, tentando di inquadrarli e di capire se qualcuno di loro ricorra alla menzogna. Il filo conduttore del film è costituito proprio dall’inganno e dalla diffidenza, che rappresentano due atteggiamenti tipici della natura umana. Nel momento in cui si rapporta con persone sconosciute l’uomo tende a nutrire un comprensibile sentimento di inquietudine mescolato al timore di ritrovarsi di fronte a sé un essere umano che potrebbe essere capace di compiere qualsiasi tipo di azione. Il cammino della diligenza rappresenta la metafora del percorso della vita, all’interno della quale inevitabilmente bisogna raffrontarsi con persone che, positivamente o negativamente, entrano di prepotenza nelle rispettive esistenze condizionandole e modificandole. I destini di persone sino a quel momento estranee si incrociano e nulla può impedire che ciò accada. L’emporio potrebbe rappresentare una trasposizione in miniatura del mondo all’interno del quale le persone sono costrette ad affrontare una convivenza forzata. Il grande salone dell’emporio è paragonabile ad una grande scacchiera, come quella con la quale il generale Smithers gioca assieme ad Oswaldo Mobray, all’interno della quale ognuno assume un ruolo specifico e ogni singola mossa potrebbe rivelarsi vincente o, al contrario, potrebbe condurre ad una cocente sconfitta. I personaggi fanno parte di un pericoloso gioco basato sulla diffidenza reciproca e sulla falsità. La verità e la finzione si confondono creando un turbine di mistero e di sospetto. Ogni condotta è volta a smascherare l’avversario al fine di scoprire le sue reali intenzioni. Si delinea una sfida psicologica basata sulla capacità di scoprire i punti deboli di ciascuno, attendendo il momento più opportuno per attaccare e colpire. Lo spettatore riesce ad immedesimarsi all’interno di questa realtà e, grazie alle inquadrature minuziose e attente ad ogni singolo dettaglio, viene trasportato dentro quella stanza proprio come se fosse un testimone diretto della vicenda narrata. La sensazione di tensione, di inquietudine e di paura viene trasmessa efficacemente. Il pubblico, cosi come i protagonisti della storia, si interrogano su chi possa essere il vero o i veri bugiardi, sempre che esistano realmente. In pratica tutto ruota attorno a semplici supposizioni o ipotesi e ognuno dei personaggi si trasforma in una sorta di investigatore che deve scoprire chi sia colui che abilmente sta mentendo all’interno della stanza. Il western quindi si tinge di giallo e Tarantino riesce ancora una volta a creare un nuovo genere cinematografico che mescola il fascino del crudo e burbero far west all’eleganza del cinema giallo, basato sull’analisi psicologica dei personaggi e sulla ricerca del singolo dettaglio che potrebbe rivelarsi fondamentale al fine di risolvere il caso. Nell’ambito di questo misterioso ed enigmatico contesto, reso ancora più tormentato dalla tempesta di neve vista come metafora di cattivi presagi, costellato da sospetti e accuse reciproche, emergono anche dissidi e contrasti legati a pregiudizi razziali ed etnici, in quell’epoca particolarmente accentuati a seguito della rivalità tra i sudisti e i nordisti. Si assiste inoltre ad un atteggiamento disumano dell’uomo, il quale è insensibile e apatico di fronte alla morte di un suo simile e cerca meschinamente di trovare una giustificazione dietro ad un gesto cosi malvagio e ignobile. Nella seconda parte della pellicola, più prettamente “tarantiniana”, il ritmo del film aumenta vertiginosamente, focalizzando l’attenzione sulla pura violenza visiva, tanto esilarante quanto toccante, che sottolinea la brutalità, la bestialità e il cinismo dei personaggi i quali, spinti dai rispettivi ed egoistici interessi, sono disposti a compiere qualsiasi azione meschina e disdicevole pur di raggiungere i propri obiettivi, spesso legati al guadagno ed al profitto economico. Il film diventa un thriller all’interno del quale si assiste ad alcune sequenze brutali tendenti ad un horror ironico e assurdo. Allo stesso però la spietatezza dell’uomo lascia spazio al suo sadismo in quanto la morte non costituisce più un atto necessario al perseguimento dei propri scopi, ma si trasforma in un evento piacevole, che stimola l’uomo eccitandolo ed intrigandolo. Di conseguenza prevale l’illogicità e la stupidità dell’uomo il quale, incapace di dialogare e convivere civilmente, è propenso a ricorrere allo scontro fisico a costo di sacrificare la sua stessa esistenza. Si assiste ad un massacro totale in cui tutti sono colpevoli e, accecati dall’avidità e dal cinismo, subiscono le conseguenze delle proprie azioni disdicevoli e immorali. Il susseguirsi degli eventi tragici si rivelerà inarrestabile e il declino inesorabile dei protagonisti coincide con quello dell’uomo. Quentin Tarantino riesce a trasporre sullo schermo questo bel film ricorrendo come sempre ad una sceneggiatura brillante e pungente, che riesce a mescolare perfettamente la drammaticità all’umorismo più esilarante e paradossale, caratterizzando perfettamente i singoli personaggi. La bravura del regista consiste nel riuscire ad ambientare la quasi totalità del film all’interno di una stanza, come in passato hanno fatto grandi cineasti quali Alfred Hitchcock, riuscendo a coinvolgere lo spettatore e stupendolo attraverso continui colpi di scena. I protagonisti vengono ridicolizzati e derisi, scardinando totalmente tutti i canoni tipici dei generi western e giallo, dove i personaggi vengono descritti come temibili ed inscalfibili. L’opera diventa quasi teatrale in quanto prende il sopravvento la capacità espressiva e recitativa dei personaggi. In questo senso sono ottime le interpretazioni di tutti quanti gli attori, con particolare riferimento a Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, candidata ai prossimi premi Oscar come migliore attrice non protagonista, e Walton Goggins. Merita una particolare menzione la colonna sonora di Ennio Morricone, anch’egli candidato al premio Oscar, il quale ha composto musiche sempre attinenti alle specifiche sequenze, trasmettendo a volte un ritmo incalzante e altre volte un senso di timorosa quiete. L’unico difetto del film a mio avviso è rappresentato dall’eccessiva autocelebrazione di Tarantino il quale, sfoggiando le sue grandi abilità cinematografiche, tende a specchiarsi troppo dilungandosi ingiustificatamente attraverso dialoghi e sequenze che sono frutto di un accentuato narcisismo che a volte esula dalla narrazione. Un film da vedere perché è originale e riesce ad assumere contemporaneamente toni drammatici e divertenti, inglobando differenti generi cinematografici che riescono a convivere perfettamente nonostante le loro totali divergenze.
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(di dani4i)
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capitag
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lunedì 15 febbraio 2016
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forte come un colpo di fucile in pieno viso
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Quando sono uscito dalla sala ero elettrizzato, questo film dopo un'ora e mezza di dialoghi e ironia pungente ti adagia sugli allori con un piece teatrale di ottima fattura e poi ti spara in faccia tutta la violenza tarantiniana in modo inaspettato. Dopo quasi 3 ore di film ancora non ne avevo abbastanza, sentivo una tensione che raramente m'era capitato di sentire al cinema, davanti a questo film è impossibile rimanere annoiato (chi si annoia non ho capito Tarantino o si aspettava qualcosa che non gli era stato promesso). Chi lo sa, potrebbe addirittura essere il suo miglior film, di sicuro è quello con l'apertura migliore, fantastica la scena iniziale, che ti fa già prospettare più un giallo che un western.
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Quando sono uscito dalla sala ero elettrizzato, questo film dopo un'ora e mezza di dialoghi e ironia pungente ti adagia sugli allori con un piece teatrale di ottima fattura e poi ti spara in faccia tutta la violenza tarantiniana in modo inaspettato. Dopo quasi 3 ore di film ancora non ne avevo abbastanza, sentivo una tensione che raramente m'era capitato di sentire al cinema, davanti a questo film è impossibile rimanere annoiato (chi si annoia non ho capito Tarantino o si aspettava qualcosa che non gli era stato promesso). Chi lo sa, potrebbe addirittura essere il suo miglior film, di sicuro è quello con l'apertura migliore, fantastica la scena iniziale, che ti fa già prospettare più un giallo che un western. Ma queste cose solo il tempo ce le dirà, una cosa invece è sicura: questo film è da vedere assolutamente!
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j mnemonic
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lunedì 15 febbraio 2016
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tarantino non sbaglia (quasi mai) un colpo
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L’ottavo film di Tarantino in realtà è il nono o anche l’undicesimo. Infatti “The hateful eight” si può considerare ottavo solo considerando Kill Bill Vol. I e Vol. II un unico film e ignorando che il buon Quentin ha diretto un episodio di Four Room e uno di Sin City.
“Gli odiosi otto” è un film che, come ci ha abituato il regista di Knoxville, è una miniera d’oro per gli amanti del gore e delle storie pulp, ma soprattutto, come abitudine per i filma tarantiniani, è un florilegio di omaggi e citazioni.
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L’ottavo film di Tarantino in realtà è il nono o anche l’undicesimo. Infatti “The hateful eight” si può considerare ottavo solo considerando Kill Bill Vol. I e Vol. II un unico film e ignorando che il buon Quentin ha diretto un episodio di Four Room e uno di Sin City.
“Gli odiosi otto” è un film che, come ci ha abituato il regista di Knoxville, è una miniera d’oro per gli amanti del gore e delle storie pulp, ma soprattutto, come abitudine per i filma tarantiniani, è un florilegio di omaggi e citazioni. Forse anche il fatto che gli odiosi siano nove alla fine potrebbe essere un omaggio al fatto che i tre moschettieri erano quattro. Insomma quando c’è Quentin Tarantino in regia tutto è possibile.
Sinceramente anche tutta la storia ci sembra un omaggio a “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie.
Kurt Russel, che aveva già lavorato con Tarantino per “Grindhouse” (che di certo non era stato il film più brillante ne’ di Russel ne’ di Tarantino) stavolta tira fuori tutta la sua bravura e il fascino del caro vecchio Jena Plinskeens. Samuel L. Jackson è come al solito perfetto, Jennifer Jason Leigh forse entrerà nel guinness dei primati per il ruolo femminile trattato peggio nella storia del cinema.
La trama? Fondamentalmente quella che si era vista nel trailer: un cacciatore di taglie John Ruth (Russel) vuole incassare i diecimila dollari che gli spettano per aver catturato la temibile Daisy Domergue (Jason-Leigh), a causa di una tempesta si ritrova in una locanda con altri sette uomini di cui due ne ha raccolti lui per strada: l’altro cacciatore di taglie Marqus Warren (Jackson) e colui che si proclama nuovo sceriffo della città di Red Rock dove stanno andando ovvero il rinnegato Chris Mannix (W. Goggins). Nella locanda si capisce subito che c’è qualcosa di strano e che qualcuno fra: il presunto boia di Red Rock (Tim Roth), il mandriano triste (Michael Madsen), il generale che ha perso la guerra civile (Bruce Dern) e il messicano Bob che sta sostituendo la legittima proprietaria della locanda andata in vacanza (Demian Bichir); sta complottando per salvare Daisy. Chi sarà? Si scoprirà dopo sifde a suon di parole, personalità ed infine piombo come se piovesse.
Qualcuno ha scritto che il film è un “omaggio a un cinema che non c’è più”.
Mah! Noi siamo amanti del genere western e abbiamo un’idea della sua evoluzione. Fin da quella epica che ha visto i suoi migliori interpreti con John Wayne, Yul Brinner, Burt Lancaster e James Coburn. Poi c’è quella Italiana “prima maniera” di Giuliano Gemma e Franco Nero. Poi quella mitica di Sergio Leone che ha lanciato nell’olimpo degli dei Clint Eastwood e anche quella scanzonata e surreale di Bud Spencer e Terence Hill. Poi abbiamo visto il western reinventarsi con Clint Eastwood attore e regista ne “Gli Spietati” (oscar una volta tanto meritatissimi) che ha rivitalizzato un po’ il genere insieme al discutibile “Tombstone”. Insomma per farla breve, a nostro giudizio prima di “Django Unchained” e “The hateful eight” un western paragonabile a quello di Tarantino non c’è mai stato. Ed è per questo che secondo noi questo film pur contenendo tante citazioni (come tutti i film di Tarantino) non è un omaggio a un cinema che non c’è più, ma la prosecuzione di una nuova visione del western iniziata con il bellissimo “Django Unchained”.
Godetevelo, e lasciate perdere le polemiche sul “troppo crudo”, “troppo sangue”, “troppo troppo”. Tarantino o si odia o si ama. E noi lo amiamo finanche al punto di perdonargli “Bastardi senza gloria”.
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emanuele99
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domenica 14 febbraio 2016
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l'inferno di tarantino
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Come in ogni film di Tarantino la critica, sia quella fornita dai critici sia quella del pubblico, ci appare sempre divisa: c'è chi grida al capolavoro e c'è chi boccia il film; io appartengo a quelli della prima categoria. L'inizio del film è una presentazione dei personaggi, obligatoriamente statica dove i dialoghi la fanno da padrona; già da subito si puó avvertire la tensione che c'è tra i personaggi che anche se non è ricca di azione, ti rimane incollato allo schermo a causa dei continui dettagli che il film ci presenta, dove alcuni degli 8 hanno avuto indirettamente in oassato spiacevoli legami oppure per alcune drasi che destano sospetti sia tra i personaggi sia allo spettatore.
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Come in ogni film di Tarantino la critica, sia quella fornita dai critici sia quella del pubblico, ci appare sempre divisa: c'è chi grida al capolavoro e c'è chi boccia il film; io appartengo a quelli della prima categoria. L'inizio del film è una presentazione dei personaggi, obligatoriamente statica dove i dialoghi la fanno da padrona; già da subito si puó avvertire la tensione che c'è tra i personaggi che anche se non è ricca di azione, ti rimane incollato allo schermo a causa dei continui dettagli che il film ci presenta, dove alcuni degli 8 hanno avuto indirettamente in oassato spiacevoli legami oppure per alcune drasi che destano sospetti sia tra i personaggi sia allo spettatore. Dal capitolo 3 in poi inizia un vero e proprio inferno, dove la violenza e lo splatter (non troppo esagerato) fanno da padrona; un susseguirsi di colpi di scena da far rimanere incollati allo schermo. Ottima prova per ogni attore dove tutti sono stati all'altezza. Ottima fotografia con inquadrature mozzafiato e sceneggiatura magistrale. I complimenti peró vanno anche al maestro Morricone che ha composto una suggestiva colonna sonora che a tratti è inquetante ed ipnotica. Questo film ha avuto critiche per il fatto che Taranto si è un po' ispirato ad altri suoi film; infatti ricorda un po' le Iene ed a mio avviso Bastardi senza gloria nella scena finale e Pulp FIction perchél la lettera di Lincoln ricorda un po' Ezechiele 25:17. Io credo che questo film non bisogna giudicarlo da questo, ma giudicarlo per come è, ed a mio avviso è un signor film che oggi ne realizzano sempre di meno. Cercate di vederlo in 70 mm e credetimi quelle 3 ore passano subito.
P.s. ripassatevi un po' la guerra di secessione americana
Buona visione
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g.pepe
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domenica 14 febbraio 2016
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che delusione
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e fiinalmente dopo 2 ore e passa finisce.
non è un western non è le iene non è ... etc etc splatter prevedibile dopo 2 ore di noia. muoiono tutti ok ( nessuno era degno di salvarsi) ma poteva succedere 1 ora prima.La storia latita anzi non c'è. tanti spunti ( appunti ) messi quasi a caso e mai pienamente sviluppati.ps tim roth non è disegnato su Christoph Waltz? e purtroppo non lo è
[+] ah i cinepanettoni!!!!!!!!
(di gabri66)
[ - ] ah i cinepanettoni!!!!!!!!
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g.pepe
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domenica 14 febbraio 2016
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che delusione
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punti di forza di Q.T. la storia ( e qui non c'è )
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vautrin
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domenica 14 febbraio 2016
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otto motivi per non vedere the hateful eight
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Otto dannati motivi per non vedere The Hateful Eight:
1) Dura troppo ed è quasi completamente ambientato in un emporio, cosa che non giustifica l’uso dei 70 millimetri.
2) Pieno di deja vue. Tarantino continua a saccheggiato sceneggiature, inquadrature, idee dai grandi del passato e ora arriva a pescare nella sua filmografia e quello che ne esce è una brutta parodia del suo stile.
3) Vuole essere un film antirazzista ma così non è. C'è del razzismo e del moralismo nella scelta di Tarantino di far perdere al maggiore i suoi "gioielli di famiglia".
4) Violenza fine a se stessa e stragi inutili che non hanno ragione d'essere. Ci si chiede, perché? Era necessario o era solo perché a Tarantino avanzava un po' di vernice rossa? Al film le scene pulp non aggiungono nulla, sono posticce e neanche originali.
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Otto dannati motivi per non vedere The Hateful Eight:
1) Dura troppo ed è quasi completamente ambientato in un emporio, cosa che non giustifica l’uso dei 70 millimetri.
2) Pieno di deja vue. Tarantino continua a saccheggiato sceneggiature, inquadrature, idee dai grandi del passato e ora arriva a pescare nella sua filmografia e quello che ne esce è una brutta parodia del suo stile.
3) Vuole essere un film antirazzista ma così non è. C'è del razzismo e del moralismo nella scelta di Tarantino di far perdere al maggiore i suoi "gioielli di famiglia".
4) Violenza fine a se stessa e stragi inutili che non hanno ragione d'essere. Ci si chiede, perché? Era necessario o era solo perché a Tarantino avanzava un po' di vernice rossa? Al film le scene pulp non aggiungono nulla, sono posticce e neanche originali. Se vuole continuamente ribadire che l'essere umano è peggio di una bestia gli manca solo di far schizzare il cervello di qualche infante sulla faccia della madre. Non c'è ironia a stemperare le scene splatter, sembra di vedere un film orror di serie B.
5) Dialoghi lunghi a volte nonsense ma senza spessore. Il carattere dei personaggi non viene approfondito. Non c'è suspense non ci si immedesima, non si partecipa alle vicende dei personaggi. Un film per essere definito bello o capolavoro ti deve rimanere in testa, ti devono rimanere in testa le immagini, le idee. A me ha lasciato solo un mal di testa è l'immagine della condannata a morte sdentata che si pulisce la faccia imbrattata del cervello del fratello.
6) Film ridondante. Scene come quella della porta inchiodata, ripetute alla nausea e senza nessun motivo irritano e distraggono e costringono lo spettatore a chiedersi: cosa avrà voluto dire Tarantino, quale messaggio nascosto, quale metafora si nasconda dietro quella scena? Nessun messaggio recondito... è solo un trucco per nascondere il vuoto assoluto, per dare originalità ad un opera che originale non è.
7) Neanche la colonna sonora di Morricone, che pure ha vinto il Golden Globe, salva il film. Per me Morricone ha composto colonne sonore ben più ispirate e imperiture.
8) Non è un film western, ci sono le pistole, le diligenze, lo sceriffo, i fuorilegge i cacciatori di taglie, manca l'indiano, è vero, ma non è questo il motivo per cui il film non può rientrare nel filone western. Manca il pathos dei film western, e l'aver voluto mischiare i generi e saccheggiato le opere di Alfred Hitchcock, Agatha Christie, John Carpenter, Brian De Palma,Andrè De Toth e Sergio Corbucci non gli è stato di grande aiuto.
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iuriv
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domenica 14 febbraio 2016
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nuovo cinema tarantino.
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Nuovo western per Tarantino, ma se si temeva il rischio di un Bastardi Senza Gloria 3 (o Django 2), questo viene spazzato via da un'impostazione diversa dal solito. Sospeso tra il cinema di frontiera e il Dollaro D'Onore, il regista qui appare più contemplativo e meno sfrenato.
La cifra stilistica di Tarantino si ammira nella ultra caratterizzazione dei personaggi, impegnati in dialoghi estenuanti che ne descrivono i tratti e presentano la visione che il regista ha della controversa storia americana. E anche nelle citazioni e nelle autocitazioni, vizietto che Tarantino ama coltivare in ogni suo lavoro.
Tutto ciò si ammira nella prima metà del film. Poi, dopo il quarto d'ora di pausa che Tarantino stesso ha voluto come fosse parte integrante della sua opera, la pellicola sorprende lo spettatore trasformandosi in un giallo di stampo classico, con tanto di narratore esterno e assassino misterioso.
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Nuovo western per Tarantino, ma se si temeva il rischio di un Bastardi Senza Gloria 3 (o Django 2), questo viene spazzato via da un'impostazione diversa dal solito. Sospeso tra il cinema di frontiera e il Dollaro D'Onore, il regista qui appare più contemplativo e meno sfrenato.
La cifra stilistica di Tarantino si ammira nella ultra caratterizzazione dei personaggi, impegnati in dialoghi estenuanti che ne descrivono i tratti e presentano la visione che il regista ha della controversa storia americana. E anche nelle citazioni e nelle autocitazioni, vizietto che Tarantino ama coltivare in ogni suo lavoro.
Tutto ciò si ammira nella prima metà del film. Poi, dopo il quarto d'ora di pausa che Tarantino stesso ha voluto come fosse parte integrante della sua opera, la pellicola sorprende lo spettatore trasformandosi in un giallo di stampo classico, con tanto di narratore esterno e assassino misterioso. Fino a scivolare nella mattanza, quando il gusto dell'eccesso tipico di Tarantino prende il sopravvento.
Un film strano quindi, persino coraggioso nel suo tentativo di rompere un po' i canoni classici del cinema tarantiniano. Ed interpretato da una schiera di attori sopraffini. Il regista americano è solito chiedere molto ai suoi interpreti e anche qui non fa eccezione, dando il volante della storia in mano a Jackson, riuscendo comunque a coinvolgere tutti quasi allo stesso modo. La menzione d'onore va, ovviamente direi, a Leigh, capace di interpretare un ruolo molto poco abituale per una donna. Nel suo duetto con Kurt Russel, infatti, Leigh si trasforma quasi in una spalla comica di tipo fisico, subendo e dando colpi come Stanlio senza mai perdere per un minuto la credibilità del personaggio: una pazza un po' infantile pericolosissima che funziona in modo perfetto.
Poi ci sono le musiche di Morricone, che si adattano come un guanto all'atmosfera del film, riuscendo persino a trarre in inganno, giocando con la tensione dello spettatore, fino quasi a prenderlo in giro. Geniale, in questo senso, il momento in cui, nel pieno della tormenta, due personaggi devono segnare la strada accompagnati da un crescendo musicale carico di anticipazione.
Senza stare a fare classifiche, questa è probabilmente una delle opere migliori e più ispirate nella cartucciera del regista americano. Per lunghi tratti meno fumettosa rispetto al solito, caratteristica che comunque non le impedisce di lasciarsi andare quando Tarantino ne sente il bisogno.
Un film completo davvero. Bravo Quentin.
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megliosenza
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domenica 14 febbraio 2016
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finalmente fuori dallo schema di kill bill
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Ho odiato kill bill e simili e amato solo pulp fiction, quindi non sono un tarantiniano.
Se si guarda il film con lo spirito di un collezionista (guardando i particolari, la cura maniacale), si apprezzano:
- il fatto che il film sia stato girato in 70mm (anche se non ci sono cinema in Italia)
- che la colonna sonora sia di Ennio Morricone
- l'iperrealismo delle immagini e la loro grassezza da olio su tela
- la composizione ricercatissima e la cura nelle inquadrature (come il lentissimo allargamento di campo sul crocifisso, all'inizio del film, davvero notevole)
...
Si apprezza con il fare collezionista: per le sue parti preziose e minuziose.
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Ho odiato kill bill e simili e amato solo pulp fiction, quindi non sono un tarantiniano.
Se si guarda il film con lo spirito di un collezionista (guardando i particolari, la cura maniacale), si apprezzano:
- il fatto che il film sia stato girato in 70mm (anche se non ci sono cinema in Italia)
- che la colonna sonora sia di Ennio Morricone
- l'iperrealismo delle immagini e la loro grassezza da olio su tela
- la composizione ricercatissima e la cura nelle inquadrature (come il lentissimo allargamento di campo sul crocifisso, all'inizio del film, davvero notevole)
...
Si apprezza con il fare collezionista: per le sue parti preziose e minuziose.
Poi il film scorre con dialoghi decentemente tarantiniani.
Misogino per costruzione, anche se non capisco la candidatura della leigh.
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[+] cinecittà
(di filmilia)
[ - ] cinecittà
[+] basta cercare il cinema .......
(di gabri66)
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