belliteam
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mercoledì 1 aprile 2020
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l8vo tarantino gia' un cult
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L'8vo film di Quentin Tarantino non tradisce alcuna aspettativa, e si colloca immediatamente insieme ad altre perle del regista quali le iene, pulp fiction e kill bill.
The hateful eight e' un film che tiene incollati gli spettatori alla poltrona per 3 ore grazie ad un cast stellare (cito Samuel L Jackson, Kurt Russel e Michael Madsen per tutti), ad un vortice di colpi di scena, e ribaltamenti di situazioni continue, il tutto impreziosito da dialoghi scritti con maestria che ci portano pian piano al culmine della tensione. Insomma, un capolavoro, da parte di uno dei registi piu' geniali degli ultimi 20 anni, che continua a sorprenderci e allietarci film dopo film
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great steven
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domenica 20 ottobre 2019
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spumeggiante galoppo di avventure nella storia.
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THE HATEFUL EIGHT (USA, 2016) diretto da QUENTIN TARANTINO. Interpretato da SAMUEL L. JACKSON, KURT RUSSELL, JENNIFER JASON LEIGH, TIM ROTH, WALTON GOGGINS, MICHAEL MADSEN, DEMÌAN BICHIR, BRUCE DERN
Qualche anno dopo la fine della Guerra di Secessione, una diligenza arranca fra le nevi del Wyoming mentre infuria una tormenta. A bordo ci sono il cacciatore di taglie John "The Hangman" Ruth e la sua prigioniera Daisy Domergue, che dovrà impiccata a Red Rock e sulla quale John riscuoterà una taglia di 10.000 dollari. Lungo il viaggio, la carrozza carica su due uomini: il collega di Ruth Marquis Warren, maggiore nordista dell’Esercito che, a differenza di John che cattura i ricercati e li consegna vivi per l’esecuzione, li ammazza affinché creino meno problemi, e l’ex fuorilegge sudista Chris Mannix, che sostiene di essere stato incaricato di diventare il nuovo sceriffo di Red Rock e perciò deve recarsi in città per prestare giuramento.
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THE HATEFUL EIGHT (USA, 2016) diretto da QUENTIN TARANTINO. Interpretato da SAMUEL L. JACKSON, KURT RUSSELL, JENNIFER JASON LEIGH, TIM ROTH, WALTON GOGGINS, MICHAEL MADSEN, DEMÌAN BICHIR, BRUCE DERN
Qualche anno dopo la fine della Guerra di Secessione, una diligenza arranca fra le nevi del Wyoming mentre infuria una tormenta. A bordo ci sono il cacciatore di taglie John "The Hangman" Ruth e la sua prigioniera Daisy Domergue, che dovrà impiccata a Red Rock e sulla quale John riscuoterà una taglia di 10.000 dollari. Lungo il viaggio, la carrozza carica su due uomini: il collega di Ruth Marquis Warren, maggiore nordista dell’Esercito che, a differenza di John che cattura i ricercati e li consegna vivi per l’esecuzione, li ammazza affinché creino meno problemi, e l’ex fuorilegge sudista Chris Mannix, che sostiene di essere stato incaricato di diventare il nuovo sceriffo di Red Rock e perciò deve recarsi in città per prestare giuramento. Poiché la tempesta di neve è sempre più violenta, i quattro viaggiatori (più O. B. Jackson, conducente della carovana) sono costretti a fermarsi all’emporio di Minnie, dove incontrano: Osvaldo Mobray, boia britannico dai modi raffinati; Sandy Smithers, vecchio generale sudista; Joe Gage, mandriano intenzionato a raggiungere la madre per Natale e Bob, un messicano che afferma d’aver ricevuto da Minnie la consegna di badare all’emporio mentre lei e l’altro gestore Sweet Dave sono via. Dopo una prima ora di presentazione, dove i personaggi, in pieno stile tarantinesco, parlano a ruota libera – delineando i caratteri nonché vertendo la conversazione su rivalità, alleanze, sfide e provocazioni –, a John sorge il sospetto che qualcuno degli astanti non sia chi dice di essere, e s’accorge pure che molto probabilmente uno o più uomini obbligati a stare con lui nella locanda per due/tre giorni a causa della bufera sono in combutta con Domergue per tentare di impedirgli di portarla alla forca. Un vecchio regolamento di conti fra il generale e il nero Warren e l’avvelenamento del caffè aprono il conflitto. Mentre lascia in sospeso lo spettro della missiva di Lincoln ricevuta (forse) dal maggiore Marquis (con tutte le sue idealistiche speranze) e dopo aver fatto entrare in scena alla spicciolata i personaggi del suo ottavo film, Tarantino spiega la Storia agli adolescenti di oggi come fosse un inesauribile percorso di vendetta, un apologo incattivito sulla società, nell’impossibile mescolanza di individui che mai potranno convivere in pace fra loro. Nel frattempo le riprese in 70 mm scorrono sui volti degli attori, in primo e secondo piano, come fossero i vasti panorami esterni dell’inizio. Il film è molto più che uno spaghetti-western: racchiude in sé gli elementi della tragedia classica (la tempesta adoperata come movente per far stare insieme i personaggi; la morte quale spirito che volteggia nell’aria silenzioso per poi piombare loro addosso) e li sviscera in versione moderna col dispiegamento di una sceneggiatura attentissima a non smarrire alcunché per strada e inoltre particolarmente abile a camuffare fino all’istante opportuno le identità segrete che vengono infine smascherate. La materia narrativa viene pertanto strutturata al servizio dei dialoghi di un cast in gran forma, in cui ciascuno sa esprimersi al meglio: Jackson spietato ma pur sempre coerente; Russell determinato oltre ogni pericolo, la Jason Leigh impertinente col suo aspetto abbrutito di fuggitiva massacrata dai pugni; Goggins finalmente in un ruolo che gli permette di recitare senza forzature, facendo invece ampia leva sul suo istrionismo ironico; il terzetto Bichir-Roth-Madsen, i passeggeri che mentono sulla propria identità, eccellente nella sequenza mattutina dello sterminio di massa al magazzino; e infine il sobrio Dern che, senza muoversi dalla sedia accanto al camino, impersona un confederato coinvolto suo malgrado e con minacce mortifere nel piano del capobanda Jodie Domingray (fratello di Daisy, interpretato da Channing Tatum). Premiate con l’Oscar alla colonna sonora le musiche originali di Ennio Morricone, che usa alcuni brani rimasti inediti di quella del film La cosa di J. Carpenter.
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cinephilo
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sabato 8 dicembre 2018
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piuttosto canonico
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Questa pellicola offre una fotografia e una scenografia da stropicciarsi gli occhi, merito sicuramente della scelta di girarla in 70 mm e del maestro fotografo Richardson. Il film che inizia suscitando grande curiosità è come se poi compiesse mano a mano dei piccoli passi verso la banalità e la scontatezza. Tanto che, arrivati a nemmeno mezza pellicola, non rimane difficile riuscirne a intuire lo svolgimento e il finale. Piuttosto previdibile.
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carbonio14
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domenica 18 febbraio 2018
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altro piccolo capolavoro
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uno dei migliori di Tarantino, secondo me.
quando tira fuori queste perle corali in cui non sai mai chi sia il cattivo, sai di trovarti davanti ad un piccolo capolavoro.
lingua originale sempre consigliata.
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higuain
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martedì 12 dicembre 2017
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particolare e attraente
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quentin sforna capolavori con una continuità pazzesca e non sbaglia un colpo. film un pó particolare con una trama di un film di agatha christie con la paura dell'ignoto e allo stesso tempo la paura di un tranello e la ricerca del colpevole in un tutti contro tutti molto noir e cupo con i rigidi dialoghi tra i protagonisti. deriva tarantiniana nella parte finale quando questa partita a scacchi sfocia in un bagno di sangue. secondo migliore film di quentin dopo django unchained.
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fudalcor
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mercoledì 23 agosto 2017
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lento, noioso, poco credibile
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due ore e 41 minuti di lentezza fino alla noia e alla parodia. Non credibile, nè nella morale ( il bounty killer che vuole consegnare la ragazza viva invece che togliersi l'impiccio portando il cadavere; il maggiore nordista di capacità etica e investigativa superiore a tutti) , nè negli eventi ( tre protagonisti sulla stessa diligenza), nè nel dettaglio ( il vomito di sangue a pompa, i capelli puliti della ragazza con l'occhio nero che scompare nel corso del film, la delicatezza nel suonare la chitarra, la pistola con cui spara al carceriere, il volto composto dei moribondi, la loro capacità di impiccarla e molto altro). Il legnetto del crocifisso innevato è la ciliegina su una torta mal riuscita, che avrebbe potuto trovare nello splendore del Wyoming qualche spunto migliore per allietare una pellicola di cui resta un senso di fastidio e nessun desiderio di rivederla.
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noia1
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lunedì 5 giugno 2017
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raffinato e dissacrante gioco al massacro
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Otto loschi figuri si ritrovano bloccati in un saloon durante una tempesta di neve.
Tarantino la sua personale visione della società l’ha sempre data in modo più o meno grottesco e più o meno velatamente, n forma di satira o di crudele apologo più o meno scorretto e sempre politicamente insopportabile. Mai però la sua visione è stata tanto arrabbiata e scoperta come nei suoi ultimi due film (Django Unchained e questo) certo che se però in Django la critica spudorata era verso un certo tipo di bigotto razzismo americano forse anche un po’ scontato, qui la faccenda è molto più profonda e personale. Non è che non ci siano buoni e cattivi, anzi, il fatto è che però da una parte e dall’altra domina una brutalità disumana per causa della quale anche chi ha ragione passa per aguzzino, la stessa brutalità che farà sì che non si salvi nessuno.
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Otto loschi figuri si ritrovano bloccati in un saloon durante una tempesta di neve.
Tarantino la sua personale visione della società l’ha sempre data in modo più o meno grottesco e più o meno velatamente, n forma di satira o di crudele apologo più o meno scorretto e sempre politicamente insopportabile. Mai però la sua visione è stata tanto arrabbiata e scoperta come nei suoi ultimi due film (Django Unchained e questo) certo che se però in Django la critica spudorata era verso un certo tipo di bigotto razzismo americano forse anche un po’ scontato, qui la faccenda è molto più profonda e personale. Non è che non ci siano buoni e cattivi, anzi, il fatto è che però da una parte e dall’altra domina una brutalità disumana per causa della quale anche chi ha ragione passa per aguzzino, la stessa brutalità che farà sì che non si salvi nessuno. La scusa della legge che esenta dalla pietà, le persone che persino nell’esalare l’ultimo respiro non si risparmiano l’ennesima crudeltà al sicuro nella loro consapevolezza d’aver ragione, il tutto poi è tanto vivido da sfociare nello splatter e nell’orrore. Vendetta, legge, amore, ideali: ciascuno con i propri idoli e ragioni in una discesa sempre più profonda negli inferi della persona.
Poi Tarantino si sa che è un fenomeno, all’inizio par d’essere in un altro mondo con questo carro nel mezzo della neve, con dialoghi perennemente ritmati dal fischio del vento in sottofondo. I rapporti sono curati in modo tanto realistico che sembra una parodia. I dialoghi serrati, oltre a definire la persona e le sue dinamiche nella storia, creano un vero e proprio affresco di una certa situazione di una certa America.
Un film che mette a dura prova il perbenismo dove il bandito di turno condannato all’impiccagione non fa altro che subirne di tutti i colori dall’inizio alla fine in quanto a canaglia, peccato però che sia una donna. Il nero viene continuamente denigrato ma è effettivamente una carogna, certo però è che chiunque a dispetto del colore della pelle con un vissuto come il suo si sarebbe comportato allo stesso modo, cioè il carattere di Samuel Jackson ed il suo essere spietato è dettato più che altro da ciò che ha vissuto e non certo dal colore della pelle.
E poi c’è tutto ciò che riguarda il talento di un regista come Tarantino, un montaggio che pur essendo avvincente prende i suoi tempi, una storia chiusa in appena quattro location diventa tesissima e spettacolare da far paura dove niente è lasciato al caso e tutto quadra dall’inizio alla fine.
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simba
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venerdì 14 aprile 2017
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tarantino is back
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Un' altra perla per mr. Tarantino. questo ottavo film di Tarantino si piazza di sicuro tra i miei preferiti! È molto diverso dagli altri suoi film ma non preoccupatevi stile di quentin c'è ( e anche parecchio) È il film più parlato di Tarantino ed è molto più ma ovviamente la lentezza non è un difetto visto che è una scelta artistica del regista e la noia non traspare mai visto che il ritmo ben azzeccato.
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Un' altra perla per mr. Tarantino. questo ottavo film di Tarantino si piazza di sicuro tra i miei preferiti! È molto diverso dagli altri suoi film ma non preoccupatevi stile di quentin c'è ( e anche parecchio) È il film più parlato di Tarantino ed è molto più ma ovviamente la lentezza non è un difetto visto che è una scelta artistica del regista e la noia non traspare mai visto che il ritmo ben azzeccato. La storia gira tutta intorno mai personaggi che sono caratterizzati solo come Tarantino sa fare e recitati benissimo. L'unico che mi ha un'po' deluso è stato il personaggio di Joe gage( Michael madsen) ma non si può pretendere tutto! Un giallo ambientato nel sesto che, nel proseguire della narrazione ingrana sempre più interesse e curiosità e il tutto farcito da un'incredibile colonna sonora di Ennio Morricone.Prendetevi una tazza di caffè e vedrete che ve lo goderete in una maniera incredibile!
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gustibus
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sabato 11 marzo 2017
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tanto tarantino tanto splach!
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Che questo sia un film di Quentin TARANTINO non ci sono dubbi.Dialoghi smisurati,inquadrature infinite,sangue a fiumi.Qui in un contesto quasi western..L'ho trovato molto bello fino a meta'film(dura quasi 3ore)..poi un esagerazione dietro l'altra.Si andava quasi nell'horror..fino al sorriso per il braccio appeso alla donna impiccata(j.j.leight..bravissima!)..veramente oltre..se non esagerava in maniera cosi'spudorata forse poteva uscirne un piccolo capolavoro.Per me e'rimasto un film incompiuto.Ma con TARANTINO tutto e'possibile!..Un ultima cosa io adoro MORRICONE...forse il migliore al mondo per il soundtrack..felicissimo per L'OSCAR,ma con molti film nel quale lo meritava veramente.
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Che questo sia un film di Quentin TARANTINO non ci sono dubbi.Dialoghi smisurati,inquadrature infinite,sangue a fiumi.Qui in un contesto quasi western..L'ho trovato molto bello fino a meta'film(dura quasi 3ore)..poi un esagerazione dietro l'altra.Si andava quasi nell'horror..fino al sorriso per il braccio appeso alla donna impiccata(j.j.leight..bravissima!)..veramente oltre..se non esagerava in maniera cosi'spudorata forse poteva uscirne un piccolo capolavoro.Per me e'rimasto un film incompiuto.Ma con TARANTINO tutto e'possibile!..Un ultima cosa io adoro MORRICONE...forse il migliore al mondo per il soundtrack..felicissimo per L'OSCAR,ma con molti film nel quale lo meritava veramente..qui forse e'stato un riconoscimento per le lacune precedenti..musica ce ne davvero poca e I alcuni spunti e'simile ad altri film.Da vedere solo una volta!
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florentin
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martedì 7 febbraio 2017
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certi film vanno visti due volte. con pazienza.
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Lungo, ripetitivo,e anche oltre l'esagerazione 'normale' Tarantiniana. E' il suo 8^ film. E s'è inventato il SuperPanavision 70. Certo il Colorado (non il Wyoming: set nei dintorni di Telluride, poi ...Patagonia?) innevato non è male e l'invenzione della porta schiodata e chiodata ad ogni entrata/uscita, nemmeno. Il generale sudista Bruce Dern è un caratterista di rango (oltre che ottimo interprete ..onirico in 'Nebraska').
C'è molta noia; e vezzo registico, Tim Roth fatto recitare come se fosse Waltz (certo unico).
Piuttosto noioso alla fine, la lettera (falsa) di Licoln una buona trovata, i superstiti due: uno -'negro' maggiore dei 'doldati blu', l'altro un 'ribelle' dei Confederati.
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Lungo, ripetitivo,e anche oltre l'esagerazione 'normale' Tarantiniana. E' il suo 8^ film. E s'è inventato il SuperPanavision 70. Certo il Colorado (non il Wyoming: set nei dintorni di Telluride, poi ...Patagonia?) innevato non è male e l'invenzione della porta schiodata e chiodata ad ogni entrata/uscita, nemmeno. Il generale sudista Bruce Dern è un caratterista di rango (oltre che ottimo interprete ..onirico in 'Nebraska').
C'è molta noia; e vezzo registico, Tim Roth fatto recitare come se fosse Waltz (certo unico).
Piuttosto noioso alla fine, la lettera (falsa) di Licoln una buona trovata, i superstiti due: uno -'negro' maggiore dei 'doldati blu', l'altro un 'ribelle' dei Confederati. Così l'America c'è tutta. E un pensiero di vicinanza a chi sul set avrà poi dovuto ripulire quell'emporio da tutta quella materia sanguinolenta che forse ci saranno voluti giorni.
La colonna sonora riecheggia score già sentiti (c'è persino Montalabano) e secondo me è stata sopravalutata con l'Oscar-forse però dato alla carriera. Anche la creatività del grande Morricone non può essere eterna.
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