fedeleto
|
domenica 29 gennaio 2017
|
l ultima diligenza di tarantino
|
|
|
|
Una diligenza con un bounty killer ammanettato con una do nna ricercata e' diretta a Red Rock e soccorre due uomini, un cacciatore di taglie e un futuro sceriffo. Arrivati a destinazione sembra tutto molto strano e misterioso, qualcuno forse vuole liberare quella ragazza, ma chi è? Tarantino ( pulp fiction, le iene) dirige un western dall'ambientazione alla grande silenzio di Corbucci, ma siamo ben lontani dal capolavoro, nonostante la suspense non manchi.Scene non proprio memorabili ( Kurt Russel che vomita sangue adosso alla donna) sangue a fiumi come sempre, e gli attori sono in forma, ma si poteva fare ben di meglio..
|
|
[+] lascia un commento a fedeleto »
[ - ] lascia un commento a fedeleto »
|
|
d'accordo? |
|
riccardo tavani
|
venerdì 25 novembre 2016
|
solo un fottuto trucco di tarantino
|
|
|
|
La scena finale del film lo confessa: si è trattato solo di un trucco. Quella fasulla lettera del Presidente Lincoln al Maggiore Marquis Warren racchiude in sé tutto il senso del film: da appallottolare e gettare via.
Tarantino serra claustrofobicamente la grande epopea western dentro un unico ambiente chiuso, trasformandola in un dramma teatrale per interni, nel quale le armi da fuoco hanno diritto di parola più delle bocche vomitanti insulti degli odiosi otto protagonisti. Poi srotola il prodotto nel super formato cinematografico Ultra Panavision da 70 mm, contro di quello normale da 35 mm, ma non funziona. Vorrebbe restituire i grandi spazi esterni negati in questa vicenda alla sua macchina da presa, però, anche se lo guardassimo su uno schermo esteso come uno stadio di calcio non sarebbe certo questo aspetto geometrico-spaziale a far funzionare il film.
[+]
La scena finale del film lo confessa: si è trattato solo di un trucco. Quella fasulla lettera del Presidente Lincoln al Maggiore Marquis Warren racchiude in sé tutto il senso del film: da appallottolare e gettare via.
Tarantino serra claustrofobicamente la grande epopea western dentro un unico ambiente chiuso, trasformandola in un dramma teatrale per interni, nel quale le armi da fuoco hanno diritto di parola più delle bocche vomitanti insulti degli odiosi otto protagonisti. Poi srotola il prodotto nel super formato cinematografico Ultra Panavision da 70 mm, contro di quello normale da 35 mm, ma non funziona. Vorrebbe restituire i grandi spazi esterni negati in questa vicenda alla sua macchina da presa, però, anche se lo guardassimo su uno schermo esteso come uno stadio di calcio non sarebbe certo questo aspetto geometrico-spaziale a far funzionare il film. Neanche lo spazio musicale intessuto da Ennio Moricone riesce a farlo decollare verso i grandi orizzonti drammatici della storia umana che la colonna sonora vuole evocare.
Eppure l’inizio, con quella diligenza inseguita dalla tempesta nelle vallate innevate del Wyoming, e quel crocefisso di legno esposto al vento gelido della crudeltà, non è male. Neanche lo stacco mitologico dei personaggi è male: il delinearli nel vestiario, nel parlare, atteggiarsi, grugnire, minacciare. Un mix di leggendari stereotipi sedimentati in tutta la storia dei cinema western, sapientemente distribuiti e cuciti addosso alle maschere, alle cartucciere, alle Colt, ai cappelli dei suoi eroi. Appena però realizzi che tutta quella overture per esterni serve solo a giustificare meglio la messa a serraglio della carovana dentro l’emporio di Minnie sperduto tra le montagne, cominci ad avere tu la sensazione di esserti cacciato in una trappola. E così è. Da quella pièce teatrale con la porta inchiodata a martellate, non uscirai più fino alla fine. Anche se il film lo vedi su un super schermo nel mitico studio 5 di Fellini a Cinecittà, sempre nello spazio angusto, chiuso tra le assi di legno, infisse al soffitto, alle pareti, al pavimento di quel piccolo emporio resti.
Spazio angusto anche dal punto di vista drammatico. Per tutti i sensi, i significati, i riferimenti alla storia e alla contemporaneità americana; per tutti gli stilemi scenici e iconografici della storia e della contemporaneità cinematografica mondiale, americana e tarantiniana, tu voglia sviscerare, il tessuto drammatico della vicenda è quello che è. Già il cinema non dovrebbe essere mai teatro ripreso con una cinepresa e meramente riprodotto su uno schermo, se poi è anche scena che non aggiunge niente di nuovo, allora il discorso si impicca da solo su se stesso. Se, inoltre, al culmine del dramma in sedicesimo, si usano persino trucchi sotterranei, scorrette omissioni narrative e flashback di terz’ordine per giustificarle, allora ci arrendiamo senza neanche il bisogno ci venga puntato un fucile Winchester addosso. E degnamente, in tutta quella scena, potrebbe puntarcelo addosso solo Samuel L. Jackson
Naturalmente i tarantiniani di ferro resteranno fedeli alla linea del maestro, niente da dire, per carità, ma per quello che ci riguarda preferiamo restare fermi a Django, in attesa del passaggio della prossima tragica diligenza, che non vada, però, a inchiodarsi dentro un altro asfittico emporio tipo quello di Minnie.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a riccardo tavani »
[ - ] lascia un commento a riccardo tavani »
|
|
d'accordo? |
|
des esseintes
|
venerdì 25 novembre 2016
|
the hateful eights e massimo cacciari
|
|
|
|
È un film disperato, appena appena compiaciuto degli orrori e della angoscia che rappresenta, pensato e girato con l'evidente intento di parlare del mondo di oggi, quello in cui viviamo che (forse) si avvicina inesorabilmente a una catastrofe alla quale manca la prospettiva certa di una palingenesi.
[+]
È un film disperato, appena appena compiaciuto degli orrori e della angoscia che rappresenta, pensato e girato con l'evidente intento di parlare del mondo di oggi, quello in cui viviamo che (forse) si avvicina inesorabilmente a una catastrofe alla quale manca la prospettiva certa di una palingenesi.
La musica è molto ben fatta ma anche lì manca qualcosa: un tema forte, una melodia autentica come è di norma delle colonne sonore dei film western. Manca quindi "il senso", il "punto di riferimento", vige l'inquietudine, la tensione che non si scioglie mai.
L'ambiente è un dantesco inferno ghiacciato in cui Cristo (la statua di legno ricoperta di neve) è lasciato nella assoluta indifferenza ad agonizzare solo e abbandonato.
Nella casupola di legno la porta non chiude più, è necessario sbatterla con forza e inchiodarla ogni volta che qualcuno entra o esce. Il mondo esterno è solo "minaccia", climatica e umana.
Per essere salvati dalla morte per freddo, per essere ammessi nella casa, per sapere quali rapporti si possono stabilire, tutti i personaggi hanno bisogno di un "documento" che comprovi la loro identità e il loro status di buoni o cattivi.
Non è più possibile riconoscersi in quanto esseri umani; "comunità" non significa più identificarsi con dei valori, una cultura, un modo di essere e stare insieme.
Conta solamente "il documento rilasciato dalla autorità di governo".
Ma la cosa più spiazzante del film, molto à la Cacciari se si vuole, è che la vera autorità, la "auctoritas", in realtà non esiste più, è del tutto assente, resta esclusivamente come "lontanissimo ordine senza scopo né orientamento".
In assenza di auctoritas - ossia di una condivisa idea di appartenenza comunitaria immediatamente e tradizionalmente riconosciuta, accettata, rispettata da tutti - i protagonisti, in una coazione a ripetere da automi, la sostituiscono con la "potestas" dell'autorità amministrativo governativa arrivando a concepire gli unici sprazzi di dolcezza e affettività proprio sotto la specie di un riconoscimento fornitogli da quella autorità. Riconoscimento che ovviamente deve assumere la forma di un...?
Documento.
La lettera di Lincoln scritta con grande simpatia all'ex schiavo nero che la mostra a tutti con orgoglio, in cui il presidente conclude facendo un tenero riferimento alla anziana moglie ascoltando il quale si inumidiscono gli occhi anche dei peggiori bounty killer del Wyoming.
Lettera, ovviamente, falsa.
In questa assenza di autentica auctoritas, senza la quale l' "autorità amministrativa" (potestas) diventa principio puramente autoreferenziale, ossia in questa liquefazione del senso stesso di "comunità umana", nemmeno i sentimenti dei legami affettivi più istintivi riescono ad assumere un valore di redenzione; nemmeno la condizione di sconfitto può più generare solidarietà; nemmeno chi evidentemente subisce l'ingiustizia può essere rappresentato come meritevole di riscatto.
La banditessa a un certo punto dice una frase che rivela pienamente lo stato di spleen irreversibile del film.
Chiama "nigger" il nero, si prende le botte e quando gli spiegano quella N-word non piace agli afroamericani risponde in un insolito moto di tristezza, in quanto "donna" di bassa condizione in un mondo di maschi: "A me hanno detto molto di peggio".
Viene picchiata a sangue, insultata, la stanno portando a essere impiccata a Red Rock e lei canta alla chitarra una canzone che curiosamente è quella dei deportati nei bagni penali australiani, in cui si ricordano le frustate, le umiliazioni subite e dove si parla dell'ultimo sogno possibile rimasto, scappare a fare i banditi nel bush.
Non può più nemmeno concepire la vera libertà; il mondo "di una volta" sconfitto dal mondo "organizzato" secondo le leggi impersonali può esistere e resistere solamente come devianza.
I membri della banda che cerca di liberare la donna sono tutti animati da un profondo sentimento di lealtà, il fratello si fa ammazzare per lei ma d'altra parte loro stessi uccidono con crudeltà, indifferenza e con l'inganno, delle povere donne innocenti.
Ormai non c'è più possibilità alcuna di essere comunità e per questo la porta che non si chiude bene deve ogni volta essere inchiodata: i legami "legali", quelli del "documento", hanno preso il sopravvento fagocitando definitivamente i legami "umani"; ma questi legami legali, non appartenenti ad alcun luogo e ad alcun tempo particolare - ossia "astrattamente filosofici, tecnici e globalizzati" - non hanno la forza di permanere di per sé stessi.
La loro reale funzione sarebbe quella di armonizzare i "legami umani", renderli partecipi di una interazione che li trascenda in "comunità", ma avendoli sopraffatti in nome di idee e principi inesorabilmente lontani dal "qui e ora" li hanno portati a una regressione che li riduce alla loro forma più basilare e violentemente animalesca.
Eppure, o forse proprio per questo, profondamente umana.
Anzi, l'unica e sola "vera umanità" (la dolce lettera di Lincoln infatti è falsa) che però ormai, abbandonata a sé stessa, sminuita e rinnegata, non è più riscattabile né redimibile.
La potestas ha preteso di assumere il ruolo di auctoritas - ossia si è messa in atto la globalizzazione - uccidendo per sempre qualsiasi auctoritas possibile e avvelenando la capacità rigenerativa dei più preziosi semi primari e istintivi dello stare insieme comunitario.
Un pelino più essenziale e sdegnato e sarebbe stato un capolavoro.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a des esseintes »
[ - ] lascia un commento a des esseintes »
|
|
d'accordo? |
|
laurence316
|
sabato 29 ottobre 2016
|
otto odiosi bastardi pieni d'odio
|
|
|
|
Tarantino ritorna quasi alle origini per il suo ottavo film: se si esclude l'ambientazione western, l'impostazione teatrale ricorda molto da vicino l'esordio più di vent'anni prima con Le Iene. Come sempre, il regista non si risparmia, fra citazioni, autocitazioni, umorismo nero e situazioni paradossali, ma quello che più stupisce (e affascina) è l'abilità di Tarantino nel cavare da un soggetto esiguo e per nulla originale, un film lungo quasi tre ore e per nulla noioso, scontato o banale.
[+]
Tarantino ritorna quasi alle origini per il suo ottavo film: se si esclude l'ambientazione western, l'impostazione teatrale ricorda molto da vicino l'esordio più di vent'anni prima con Le Iene. Come sempre, il regista non si risparmia, fra citazioni, autocitazioni, umorismo nero e situazioni paradossali, ma quello che più stupisce (e affascina) è l'abilità di Tarantino nel cavare da un soggetto esiguo e per nulla originale, un film lungo quasi tre ore e per nulla noioso, scontato o banale.
E' forse a tratti prolisso, ma di certo non si ha tempo di annoiarsi, fra dialoghi a mitraglietta, sparatorie e spargimenti di sangue. Anche nei momenti più truculenti e di cattivo gusto, si mantiene una spanna sopra la mediocrità, e in questo è aiutato dalle magistrali interpretazioni degli attori, primi fra tutti Jackson e Goggins, seguiti a ruota da Russell, dalla Leigh e da Roth (nonostante compaia relativamente poco).
The Hateful Eight è film atipico per Tarantino, un mystery à la Agatha Christie mascherato da western, dove sono ovviamente i dialoghi a farla da padrona, dove i personaggi, prima di spararsi addosso, si sentono in dovere di dibattere di giustizia (vera o supposta), di libertà, di legittima difesa, di omicidi legalizzati. L'atmosfera di tensione è sempre più palpabile, e infine The Hateful Eight esplode in un finale in pieno stile pulp.
E' iperviolento, certo, ma di quel genere di violenza a cui Tarantino ha ormai abituato i suoi spettatori, quel genere di violenza tremenda eppure quasi "cartoonesca", per nulla realistica. Il formato Ultra Panavision 70 (usato brevemente fra la fine degli anni '50 e la metà dei '60 e ora riesumato dal regista) è una bellezza per gli occhi, anche se i paesaggi innevati si vedono ben poco lungo la durata del film. Il clima teso e la suspense sono ottimamente aiutati dall'ostinata colonna sonora di Morricone, martellante e, forse, ripetitiva, ma perfetta e incisiva.
The Hateful Eight è un film da prendere o lasciare. Nel caso si scelga la seconda opzione, un film trascinante e affascinante, ironico e autoironico, claustrofobico ed eccessivo, che non risparmia tormentoni irresistibili (la porta che va puntellata) e non si dimentica nemmeno di inserire un macguffin, memore della lezione di Hitchcock (la lettera di Lincoln). Costato 54 milioni di dollari, divide la critica, che lo giudica (a torto) inferiore al precedente Django Unchained, ma è un buon successo di pubblico.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a laurence316 »
[ - ] lascia un commento a laurence316 »
|
|
d'accordo? |
|
dario
|
domenica 2 ottobre 2016
|
modesto
|
|
|
|
E' un film sbagliato, si è divertito solo Tarantino. Una vicenda dilatata, compiacuta, esagerata, senza una logica (troppi mort ammazzati, perchè anche il vecchio?). Troppe parole e troppa crudelta (tanto che diventa incredibile, virtuale, da fumetto). Strana lentezza per Tarantino. molto rumore per nulla. Caduta verticale del regista, incapace persino di raccontare come sa. Recitazione schizofrenica. Meglio evitare, purtroppo.
|
|
[+] lascia un commento a dario »
[ - ] lascia un commento a dario »
|
|
d'accordo? |
|
|
domenica 2 ottobre 2016
|
un film d'autore
|
|
|
|
Dopo 20 anni Tarantino riesce a produrre un nuovo capolavoro, The Hateful Eight è un film che ti appassiona, ti rende partecipe, non è mai banale. La sua struttura in crescendo lo rende meraviglioso, l'ultima ora e mezzo di pellicola è da antologia. La fotografia, la sceneggiatura, la regia e gli attori sono perfetti, è un film per pochi, riservato a coloro che lo riescono a comprendere ed amano il genere. Questo film è stato inspiegabilmente criticato dal pubblico che tende ad additarlo come stracolmo di scene violente, indubbiamente ci sono ma non sono ridicole come in un horror splatter, sono funzionali al film e lo rendono un capolavoro. Tarantino inserisce nel film anche delle Tarantinate, la scena del pompino e il dialogo sulla "cagata" che rendono il tutto un piccolo gioiellino.
[+]
Dopo 20 anni Tarantino riesce a produrre un nuovo capolavoro, The Hateful Eight è un film che ti appassiona, ti rende partecipe, non è mai banale. La sua struttura in crescendo lo rende meraviglioso, l'ultima ora e mezzo di pellicola è da antologia. La fotografia, la sceneggiatura, la regia e gli attori sono perfetti, è un film per pochi, riservato a coloro che lo riescono a comprendere ed amano il genere. Questo film è stato inspiegabilmente criticato dal pubblico che tende ad additarlo come stracolmo di scene violente, indubbiamente ci sono ma non sono ridicole come in un horror splatter, sono funzionali al film e lo rendono un capolavoro. Tarantino inserisce nel film anche delle Tarantinate, la scena del pompino e il dialogo sulla "cagata" che rendono il tutto un piccolo gioiellino.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
des esseintes
|
martedì 23 agosto 2016
|
poi uno ci ripensa ma è tardi
|
|
|
|
E' un bel film ma a volte uno comincia a capirci qualcosa dopo mesi. Vabbe', ho scritto qualche sciocchezza ma grosso modo (molto grosso modo) mi ero avvicinato.
Mo' è tardi, vediamo se Tarantino sviluppa il tema e ne parliamo al prossimo.
|
|
[+] lascia un commento a des esseintes »
[ - ] lascia un commento a des esseintes »
|
|
d'accordo? |
|
ilsettimosamurai
|
lunedì 25 luglio 2016
|
gli spettatori di tarantino mi spaventano
|
|
|
|
Di solito gli spettatori di Tarantino mi spaventano. D'altronde Tarantino può essere uno specchietto per le allodole, una rivoluzione annunciata. Il pubblico si fa affascinare dalle sue mosse ad effetto e dal fatto che lo colpisca alla pancia. Eppure questo autore che si crogiola in una mitomania cinefila, che mischia le carte come un prestigiatore post moderno, tra citazioni, colpi d'effetto e autorialità ... eppure questo autore ebbe qualcosa da dire e forse lo disse nel tempo di un solo film. Non puoi fare fesso un napoletano al gioco delle tre carte. Tarantino mi fa sempre sedere sulla sedia e mi fa passare due ore piacevoli, ma mai niente di più, mai quella spaventosa emozione provata quella volta che pescai la carta vincente.
[+]
Di solito gli spettatori di Tarantino mi spaventano. D'altronde Tarantino può essere uno specchietto per le allodole, una rivoluzione annunciata. Il pubblico si fa affascinare dalle sue mosse ad effetto e dal fatto che lo colpisca alla pancia. Eppure questo autore che si crogiola in una mitomania cinefila, che mischia le carte come un prestigiatore post moderno, tra citazioni, colpi d'effetto e autorialità ... eppure questo autore ebbe qualcosa da dire e forse lo disse nel tempo di un solo film. Non puoi fare fesso un napoletano al gioco delle tre carte. Tarantino mi fa sempre sedere sulla sedia e mi fa passare due ore piacevoli, ma mai niente di più, mai quella spaventosa emozione provata quella volta che pescai la carta vincente. Tarantino continua a fare lo stesso giochetto con l'otto nero, solo che questa volta sento un sussulto. Sarà l'aria compassata, sarà l'intreccio di miti, di citazioni e di autocitazioni; sarà che anche Tarantino si è perso la carta giusta e ora si ritrova anche lui a non sapere cosa pescherà ... girate una carta. Potreste prendere una delle tre carte. Stavolta Tarantino si è perso davvero e noi con lui. Che sia di buon auspicio? Che sia un risveglio ... non ci credo. Non credo da parecchio a questo virtuoso del dialogo. D'altronde potete anche dare il violino di Vivaldi a Paganini, non vivrà una nuova stagione. Eppure ... gli spettatori di Tarantino ora mi stupiscono, con lucide osservazioni, con critiche e discussioni. Il pubblico che l'ha seguito, è cresciuto? Oppure la storia sta facendo giustizia? Oppure sto solo mischiando le carte anch'io?
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ilsettimosamurai »
[ - ] lascia un commento a ilsettimosamurai »
|
|
d'accordo? |
|
nicola1
|
domenica 3 luglio 2016
|
la cosa in salsa western
|
|
|
|
Concordo che il film non è per niente originale, più "La cosa" di Carpenter che "Le iene" (la presenza di Kurt Russell, l'ambientazione sotto la neve e la claustrofobica stanza, il cappello di Parks, Ennio Morricone, il who's who, la conclusione con due protagonisti rimasti vivi) Però si fa guardare e soprattutto diverte. Non è all'altezza di "Django Unchained" nè tanto meno agli anni novanta, epoca d'oro di Tarantino ma è una goduria vederlo e ascoltare i dialoghi. Niente da dire sugli attori, in blocco, tutti fanno la loro parte egregiamente. Ottima la scelta del Ultra Panavision per poi girare in interni l’80% del film.
[+]
Concordo che il film non è per niente originale, più "La cosa" di Carpenter che "Le iene" (la presenza di Kurt Russell, l'ambientazione sotto la neve e la claustrofobica stanza, il cappello di Parks, Ennio Morricone, il who's who, la conclusione con due protagonisti rimasti vivi) Però si fa guardare e soprattutto diverte. Non è all'altezza di "Django Unchained" nè tanto meno agli anni novanta, epoca d'oro di Tarantino ma è una goduria vederlo e ascoltare i dialoghi. Niente da dire sugli attori, in blocco, tutti fanno la loro parte egregiamente. Ottima la scelta del Ultra Panavision per poi girare in interni l’80% del film. In un film del genere non è la trama in sé che conta ma la somma delle parti, artistiche e tecniche (vedasi ad esempio “Psycho” di Hitchcock) Unica nota dolente è la colonna sonora. Di certo era più “morriconiana” quella di Django o dei Bastardi senza gloria. Questa sinceramente è lo show del riciclo. Echi de “Gli Intoccabili”, de “La piovra”, persino de “Esorcista II L’eretico”. Addirittura il brano “Bestiality” composto nel 1982 per “La cosa” (e mai inserito nel film) è usato nella scena dell’avvelenamento e poi in quella dell’impiccagione. Quindi non è un capolavoro ma d’altronde non è detto che un regista debba sfornare un capolavoro dietro l’altro.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nicola1 »
[ - ] lascia un commento a nicola1 »
|
|
d'accordo? |
|
aristoteles
|
domenica 3 luglio 2016
|
tutti dal boia
|
|
|
|
Peccato.
Fotografia,costumi e ambientazione di altissimo livello ma troppe esagerazioni di contorno.
Attori bravissimi (su tutti Jackson) e personaggi molto affascinanti,purtroppo la sceneggiatura non sostiene la baracca.
C'è un poco di Agata Christie (nella fattispecie Dieci Piccoli Indiani con ospiti che cadono ad uno a uno) ,un poco di Sherlock Holmes (quando il maggiore ipotizza sull'avvelenatore) un poco di Hitchcock (con delitti che si consumano in un unico ambiente) e la solita abitudine del regista a spiegarci eventi cronologicamente anteriori, nella seconda parte del film.
Ogni personaggio si rileva perversamente violento oltre i limiti del buon gusto,così spappolare un cervello,abusare sessualmente,impiccare o complessivamente recare danno all'altro, sembrano atti di consuetidine giornaliera da consumarsi con la stessa superficialità di quando decidiamo di mangiare un gelato con o senza panna montata.
[+]
Peccato.
Fotografia,costumi e ambientazione di altissimo livello ma troppe esagerazioni di contorno.
Attori bravissimi (su tutti Jackson) e personaggi molto affascinanti,purtroppo la sceneggiatura non sostiene la baracca.
C'è un poco di Agata Christie (nella fattispecie Dieci Piccoli Indiani con ospiti che cadono ad uno a uno) ,un poco di Sherlock Holmes (quando il maggiore ipotizza sull'avvelenatore) un poco di Hitchcock (con delitti che si consumano in un unico ambiente) e la solita abitudine del regista a spiegarci eventi cronologicamente anteriori, nella seconda parte del film.
Ogni personaggio si rileva perversamente violento oltre i limiti del buon gusto,così spappolare un cervello,abusare sessualmente,impiccare o complessivamente recare danno all'altro, sembrano atti di consuetidine giornaliera da consumarsi con la stessa superficialità di quando decidiamo di mangiare un gelato con o senza panna montata.
Va bene che siamo nel vecchio West con banditi armati e cacciatori di teste, ma qui il meno cinico giocherebbe a carte con Hitler.
A tal proposito,per godervi uno strepitoso Tarantino,vorrei ricordare "Bastardi Senza Gloria" dove il sangue che scorre e le torture (anche da parte dei personaggi buoni) sono giustificate (se mi concedete il termine).
Questo prodotto gli è nettamente inferiore,nonostante non mi sia affatto annoiato nel visionarlo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a aristoteles »
[ - ] lascia un commento a aristoteles »
|
|
d'accordo? |
|
|