Anno | 2021 |
Genere | Azione, Drammatico, Thriller |
Produzione | Italia, Brasile, Grecia, USA |
Durata | 108 minuti |
Regia di | Ferdinando Cito Filomarino |
Attori | John David Washington, Alicia Vikander, Boyd Holbrook, Vicky Krieps, Yorgos Pirpassopoulos Daphne Alexander, Panos Koronis, Lena Kitsopoulou, Isabella Margara, Leonardo Thimo, Marc Marder. |
Tag | Da vedere 2021 |
MYmonetro | 3,20 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 2 luglio 2021
Un uomo in vacanza cade in trappola di fronte a una violenta cospirazione con tragiche conseguenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Beckett e April, coppia di fidanzati americani, sono in vacanza in Grecia. A causa della turbolenta situazione politica preferiscono lasciare Atene per deviare il loro percorso tra le montagne poco abitate dell'entroterra. Dopo un grave incidente di auto, però, Beckett diviene oggetto di una implacabile caccia all'uomo da parte delle autorità locali, senza riuscire a comprenderne la ragione. Conosciamo Beckett e April mentre litigano e si amano, belli e scarmigliati, come una coppia ideale di fidanzati in vacanza. Ma soprattutto li conosciamo mentre inventano storie e le appiccicano su passanti casuali, cercando di creare dal nulla narrazioni esilaranti e parossistiche. Per quanto si sforzino, però, la loro fantasia non si avvicinerà neppure lontanamente alla trama che di lì a breve tempo prenderà possesso delle loro vite.
Al suo secondo lungometraggio dopo Antonia., Ferdinando Cito Filomarino muta radicalmente prospettiva e orizzonte, quantomeno in superficie, per dedicarsi al cinema di genere senza se e senza ma.
I modelli, evidenti e dichiarati, sono il thriller americano degli anni 70, con appendice di paranoia da complotto e intrigo politico, e l'action di Hong Kong degli anni 80 e 90, in particolare di Johnnie To, maestro indiscusso delle coreografie per armi da fuoco. Ma se l'involucro action è impeccabile, la forza più autentica di Beckett sta nel lavoro sottotesto e fuoricampo. Le scene clou, o i rimandi più suggestivi a possibili scenari sociopolitici, si trovano tra le pieghe, lontano dalla macchina da presa. La regia invita a un'attenzione al dettaglio che va oltre il godimento dell'action puro e che in più di una circostanza mostra una libertà, politica e narrativa, che oggi il cinema americano fatica a trovare. L'inquadratura invece si concentra sul protagonista, che a un tratto pare Atlante e a un altro Lazzaro, quando non Ercole. Il suo percorso esemplare, di redenzione e di rinascita, è quello epico dell'eroe, che sembra doversi caricare sulle spalle gli infiniti mali del mondo (e del cinema?) contemporaneo, tanto sul piano psicologico che su quello fisico.
Da quest'ultimo punto di vista John David Washington ha acquisito nel giro di soli tre film (gli altri sono BlacKkKlansman e Tenet) uno status iconico, sfruttando appieno la fisicità che gli garantisce il suo passato di giocatore di football americano in impressionanti corpo a corpo e duelli all'arma bianca. Ancora una volta la scelta di Washington come protagonista si configura come un casting unico, privo di alternative valide. Perché nel progetto di Cito Filomarino nulla di ciò che accade a Beckett - che sembra contraddire in tutto e per tutto il riferimento del proprio altisonante nome - avviene per caso. Non è un caso che sia statunitense, non è un caso che sia nero: sul corpo di John David Washington Cito Filomarino modella il senso di colpa di una nazione che è causa, diretta o indiretta, di molte ingiustizie e disuguaglianze provocate dal "nuovo ordine mondiale" e il senso di oppressione di una minoranza che è vittima dei mali americani ma ne condivide la cittadinanza (e quindi la colpa). In questo senso la Grecia diviene lo scenario perfetto, il luogo in cui le contraddizioni del capitalismo contemporaneo hanno provocato i peggiori sconquassi: sul piano strettamente economico, con la crisi del 2015 e la crescita di consensi dell'estremismo di destra, e su quello umanitario, con i flussi di migranti che spesso transitano dall'arcipelago ellenico per cercare di arrivare all'Europa continentale. È difficile in questo senso non pensare al dramma dei migranti in una specifica sequenza, in cui la macchina da presa si sofferma su Beckett, in evidente difficoltà, e sugli sguardi di sospetto dei passeggeri del treno che lo accompagnano. Basta poco per trasformare un privilegiato turista statunitense in un senza nome sfuggito su un mezzo pubblico e Cito Filomarino gestisce la situazione con maestria. Il thriller di Sydney Pollack e Alan Pakula diviene così la tavolozza su cui lavorare per elaborare sottotesti politici anche radicali e irriverenti (sarebbe stato possibile criticare così apertamente l'America in una produzione a stelle e strisce?) e su cui riscrivere il viaggio dell'eroe - ferito, umiliato e infine cacciato come una bestia feroce - nella più classica delle paranoie da cospirazione. L'eredità del migliore cinema americano rivive ancora una volta, all'interno di Netflix ma fuori da Hollywood.
Un uomo e una donna in vacanza devono fare i conti con una cospirazione di cui rimangono vittima. Le conseguenze saranno tragiche.
Finalmente un regista italiano non impantanato nel genere della commedia lacrimevole ed intimista, si potrebbe dire, se non fosse per un particolare. Un film d’azione, come da noi non se ne fanno, che ricorda Il fuggitivo di Davis del ’93, con risvolti politici ed ambientato nella Grecia della crisi economica di dieci anni fa, con le manifestazioni di piazza contro le misure antipopolari del piano [...] Vai alla recensione »
"Beckett" inserisce il thriller, declinazione manhunting, in una cornice storica quasi-reale, a un passo dal documentato e sempre sulla fragile linea di una rappresentazione tangibile eppure di genere, ma senza l’epica e la grandeur hollywoodiana. I riferimenti di genere rimangono chiari fin da principio: il thriller anni Settanta tra Alan J.
Filmetto innocuo e scritto maluccio. Washington sembra capitato per caso sul set, perfino la postura appare forzata. Se il tentativo era fare un omaggio ad Hitchcock direi che il fallimento è totale. Peccato, poteva almeno essere divertente, risulta solo noiosetto e si arriva alla fine a fatica
Metti una vacanza tranquilla che, all' improvviso, smette di esserlo. E metti un uomo ordinario che più ordinario non si potrebbe in un vortice di casi straordinari. Tra sicari che lo inseguono e gli sparano, contestazioni politiche, rapimenti e il delitto di un leader parlamentare. L' unica cosa che Beckett ha capito è di dover fuggire. Ma da cosa e da chi non gli è chiaro finché non scopre che il [...] Vai alla recensione »
Non è quel Beckett. Non c'entra con Godot che Vladimir e Estragon aspettano invano. Il nome è una strizzata d' occhio agli spettatori che non amano i film d' azione. Il "Beckett" di Ferdinando Cito Filomarino ha aperto ad agosto il festival di Locarno ( direttore Giona Nazzaro che ha aperto la strada ai generi, intesi come storie non punitive per lo spettatore).
Ancora un nome proprio: Beckett. Come nel film precedente del regista, Antonia. Lì il biopic della poetessa Antonia Pozzi, qui un action thriller su un fuggitivo afroamericano in Grecia. Ma in entrambi i casi i nomi stanno a indicare la progressiva identificazione di un singolo. Il nome, proprio perché individuale, è di per sé un punto di partenza neutro che va "meritato" e conosciuto (dallo spettatore [...] Vai alla recensione »
Può apparire curioso che Luca Guadagnino abbia accettato di produrre un film così a prima vista fuori dalle sue corde come Beckett, esordio in lingua inglese del regista Ferdinando Cito Filomarino. La circostanza diventa senz'altro meno curiosa laddove si consideri che Filomarino, oltre a essere stato per oltre dieci anni il compagno del regista di Chiamami col tuo nome, è stato un collaboratore abituale [...] Vai alla recensione »
Beckett, il protagonista del film di Ferdinando Cito Filomarino che ha aperto l'ultimo Festival di Locarno e che da venerdì 13 è disponibile su Netflix, è un personaggio fuori stato, fuori luogo, fuori controllo. Un americano in vacanza in Grecia durante la crisi economica degli anni '10 che vede qualcosa che non doveva vedere e per questo viene braccato dalla polizia locale.
Grecia 2010, tra default e incubo Alba dorata. Prima parte: lezione di suspense. In vacanza invernale, il turista americano Beckett (John David Washington), esperto in informatica ma capra in politica, diventa bersaglio di una hitchcockiana caccia all'uomo, dopo un incidente d'auto nel quale muore la sua adorata, sensuale ed eccentrica ragazza, April (Alicia Vikander).
Una giovane coppia americana. La Grecia. Una vacanza. Parrebbe un idillio. Finchè la macchina su cui viaggia la coppia finesce fuori strada. L'incidente è tragico. L'auto si ribalta e dopo vari ruzzoloni si schianta dentro una casa nel bel mezzo del nulla, dove un paio di persone appaiono brevemente sullo sfondo, prima di scomparire misteriosamente.
Beckett è diretto da Ferdinando Cito Filomarino, prodotto da Luca Guadagnino, interpretato da John David Washington, Boyd Holbrook, Vicky Krieps e Alicia Vikander. Ha aperto ieri 4 agosto il festival di Locarno, ed è targato Netflix, su cui approderà il 13 settembre. Opera seconda di Cito Filomarino, che aveva convinto con Antonia (2015), segue durante una vacanza in Grecia il turista americano Beckett [...] Vai alla recensione »