Intervista al regista di Francofonia, in concorso alla 72. Mostra di Venezia.
di Paola Casella
Casualità: è la parola più usata da Aleksandr Sokurov, il regista russo che quest'anno concorre al Lido con Francofonia - Il Louvre sotto occupazione. A sentire lui, anche il Leone d'oro vinto quattro anni fa con il suo Faust è stato "una casualità", tanto più che Sokurov aveva dichiarato nel 2007 di non voler più partecipare in concorso. "Ma i produttori e distributori insistono che sia la forma più economica ed efficace di promozione del mio cinema. E siccome sono squattrinati sono costretto, mio malgrado, ad aiutarli, li osservo correre e porto loro l'acqua e gli asciugamani".
La sua casa di produzione si chiama Ideal Audience. Chi è il suo pubblico ideale?
Qualunque persona illuminata e istruita in grado di affrontare la fatica di comprendere gli altri. Chiunque ami la musica e la drammaturgia, e nutra un genuino interesse per i rapporti umani. Non tutti hanno queste caratteristiche, dunque i miei film non si rivolgono a un pubblico di massa. Ma ho un rapporto semplice con lo spettatore: lo amo e vorrei che mi capisse. Se non ci riesce non mi offendo, perché penso di essere io a non essermi spiegato bene.
Che ne pensa di questa settantaduesima edizione della Mostra?
In concorso ci sono tanti registi bravissimi e tanti film sicuramente migliori del mio, cui auguro di vincere tutti i premi possibili. Io non ci tengo a vincere, viaggiare avanti e indietro mi pesa! (Ride)
Secondo lei chi sta battendo nuove strade in termini di linguaggio cinematografico?
jzenštejn, Bergman, Visconti...
Veramente parlavo del presente...
I nomi che ho fatto non rappresentano il passato o il presente, ma il futuro.
In Francofonia lei pone la domanda: a chi possiamo rivolgerci per salvarci?
Qual è la sua risposta?
Secondo lei?
Arte e cultura?
No, perché non è l'arte a salvare noi, siamo noi a salvare l'arte. Persino durante le guerre mondiali, persone senza grandi poteri si sono poste a difesa dell'arte e della cultura. Quando i nazisti si sono ritirati dalle città europee occupate hanno piazzato mine in molti punti strategici per distruggere monumenti e musei, e i soldati semplici sovietici le hanno disinnescate, spesso sacrificando la vita.
Solo i soldati sovietici?
Certo che no, sicuramente l'hanno fatto anche quelli americani o inglesi. E i nazisti che avevano piazzato le mine hanno sulla coscienza la morte di molti di quegli artificieri. Il punto è che la salvezza dell'arte è sempre affidata al singolo.
Lei crede nell'umanità?
Senza dubbio, anche perché sono un uomo anche io, mica un alieno.
In Francofonia lei è la voce narrante e appare in alcune scene...
Anche questa è una casualità: abbiamo girato a casa mia in 24 ore e l'attore che doveva interpretare il ruolo del narratore non si è presentato. Mi sono messo la su giacca e mi sono inquadrato soltanto di spalle!
Come mai molti film d'azione contemporanei stanno riproponendo il tema della Guerra Fredda?
È un segno palese della volontà di purificarsi, come quando si butta via il pesce marcio liberandosi di un peso maleodorante. È l'odore di cadavere in putrefazione, perché le idee della Guerra Fredda erano ottuse e insensate, nate morte, e dunque destinate a decomporsi.