The Master

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Un film di Paul Thomas Anderson. Con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern, Ambyr Childers.
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Titolo originale The Master. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 137 min. - USA 2012. - Lucky Red uscita giovedì 3 gennaio 2013. MYMONETRO The Master * * * - - valutazione media: 3,36 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Rappresentazione dell'irrazionale mente umana Valutazione 4 stelle su cinque

di xXSeldonXx


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domenica 13 gennaio 2013

Col finire della Seconda Guerra Mondiale, gli USA, dimostratisi vincitori indiscussi del conflitto, si trovano a dover affrontare il problema dei reduci, la cui psiche, stravolta da anni di conflitto, impedisce loro di rientrare con facilità nella società. Freddie Quell è un caso disperato: la sua ossessione per il sesso si rivela fin dalle prime scene sull'isola insieme agli altri militari, la sua aggressività e l'alcolismo poco più avanti. Dopo qualche test psicologico e qualche consiglio dell'ufficiale di turno, gli ex combattenti cercano di trovare un impiego e di reinserirsi nel mondo civile. Freddie, dopo una breve occupazione come fotografo in un centro commerciale, finita a seguito di una zuffa con un cliente, si ritrova a raccogliere insalata; cacciato anche da quel mondo, finisce, ubriaco, su un battello dove incontra Dodd Lancaster, enigmatico e carismatico capo di una setta, chiamata la "Causa" (e chiaramente ispirata a Scientology), di cui il protagonista diventerà presto adepto.
A cinque anni da "Il petroliere", Paul Thomas Anderson torna al cinema con questo film che, ispirato al personaggio di L. Ron Hubbard, non si sofferma molto sulla storia e sulla struttura della setta, quanto piuttosto sulle figure del Maestro e del suo allievo pupillo e sul rapporto tra di loro. La pellicola dunque ruota unicamente attorno ai due personaggi principali; se da un lato questo la penalizza dal punto di vista narrativo, risulta molto approfondita per quanto riguarda la caratterizzazione psicologica dei due protagonisti.
Philip Seymour Hoffman interpreta con grande abilità la figura carismatica del Maestro; non conosciamo il passato di questo personaggio, che vive fortemente nel presente, nonostante la sua dottrina si basi fondamentalmente sull'ubiquità dell'anima, capace di trovarsi in più ere contemporaneamente. Possiamo unicamente seguirlo con gli occhi del protagonista principale nella sua quotidianità fatta di discorsi e di terapie psicologiche: ci rimane preclusa la sua mente e il suo pensiero che egli maschera abilmente, tanto che alla fine del film lo spettatore non è in grado di stabilire con certezza se il Maestro fosse veramente convinto di quel che predicava o se lo facesse solo per desiderio di potere. Diversi elementi, tuttavia, ci fanno tendere verso la seconda ipotesi: in primis la dichiarazione del figlio ("Si inventa tutto al momento; non te ne rendi conto?"), che tuttavia sostiene il padre fino alla fine, aiutandolo nella "Causa"; inoltre il comportamento che Dodd tiene in pubblico si rivela una montatura, tesa a nascondere il suo vero carattere, non appena qualcuno, sia egli uno sconosciuto scettico, sia ella la più fedele dei suoi affiliati, o lo stesso Freddie, pone un'obbiezione alla sua dottrina; la sua reazione spontanea distrugge quella maschera da tranquillo intellettuale che si era costruito: sbotta e riesce a difendersi dalla razionalità delle domande unicamente con una serie di insulti volgari e accuse, facendo trasparire una rabbia spietata. Nel mondo da lui creato non c'è spazio per la ragione ed egli stesso basa il suo potere di persuasione sul fascino dell'irrazionalità: molti sono infatti i "giochi", come lui stesso li chiama, che col razionale non hanno nulla a che vedere, a cui sottopone Freddie: dalla sequenza in cui l'ex marine è costretto a camminare per una stanza toccando di volta in volta il muro o la finestra, a quella della fuga in moto verso un obiettivo insensato. Grande, in ogni caso, è il suo desiderio di potere e di controllo sulle altre persone, come dimostrato nella scena del "ballo Ramingo" in cui è palese la soggezione che tutti hanno nei suoi confronti; egli inoltre si pone come un'istituzione alternativa allo stato, con cui è perennemente in conflitto. Anche il suo rapporto con Freddie è ambiguo: egli lo prende sotto la sua ala protettiva, lo usa come cavia dei suoi esperimenti ma al contempo sviluppa per lui l'affetto che un padre troppo permissivo può avere nei confronti del figlio (più volte lo apostrofa "birbantello", in seguito ai suoi violenti scoppi d'ira). In ogni caso, nonostante anch'egli abbia le sue debolezze nell'alcol e nelle donne, Dodd Lancaster è un personaggio stabile, forse perfino statico, che per tutto il film non mostra mai un segno di cedimento, di turbamento e di evoluzione psicologica: che egli sia convito o no di quello che predica, la sua figura si eleva troppo in alto per la comprensione dell'uomo medio e, di conseguenza, a volte anche dello spettatore.
Freddie Quell, nonostante condivida con il suo maestro la passione per l'alcol e per il sesso, può essere visto come l'opposto di Dodd. Ritornato in patria, si ritrova a fotografare un'America da cartolina, finta, fatta di volti perfetti di famiglie sorridenti, a cui sente di non appartenere. Nella sua perenne fuga egli cerca proprio una famiglia, dopo essere stato abbandonato dallo stato e dalle istituzioni: questa famiglia la trova nella setta di Lancaster, e nel Maestro vede un amico, un padre, un'istituzione da difendere e da servire. Rimane completamente ammaliato da questo personaggio, tanto da credere ciecamente a lui, più che alla sua dottrina, che non segue con una poi così grande convinzione; la sua fedeltà incondizionata, unita al carattere iracondo, lo porta spesso ad agire violentemente nei confronti di chi critica il suo mentore, di chi critica l'unico punto fermo attorno a cui ruota la vita di questo reduce: la sua è, prima di tutto, una reazione di autodifesa. E d'altronde Dodd non lo critica così fermamente, trattandolo come una padre che vizia il figlio. Tuttavia la sua fede viene messa a dura prova: la dichiarazione del figlio del predicatore lo scuote profondamente e lo porta, nella scena successiva, rinchiuso in cella, a sfogare tutta la sua rabbia; il dubbioso fedele alla festa per la pubblicazione del secondo libro gli apre gli occhi e lui, dopo un attimo di rabbia, comprende l'assurdità del culto; nella scena della motocicletta infine decide di recidere completamente i legami con quel mondo che riconosce come sbagliato: ed eccolo allora raggiungere l'obiettivo che si era fissato, come richiesto dalla consegna del Maestro. In questo momento appare chiara l'impossibilità di relazionarsi con la società esterna alla setta: la fidanzata lasciata anni addietro non c'è più ad attenderlo e egli riesce a malapena a parlare con la madre, sulla soglia della porta. L'inquadratura finale sancisce infine il fallimento della sua relazione con Dodd e la fine della momentanea stabilità mentale.
Dal punto di vista tecnico, il film presenta una fotografia e una regia egregia, fatta tutta di stretti primi piani, pochissime scene all'aperto, che costituiscono i pochi attimi di "respiro" del film, rispetto al senso di claustrofobia creato dal regista nei luoghi chiusi e stretti, dalla cella alla cabina della nave: l'opera di Anderson procede in maniera sconnessa, riflettendo in questo modo l'instabilità mentale di Freddie, attraverso i cui occhi viene narrata la storia, e la sua tendenza ad accettare incondizionatamente gli eventi che gli capita di vivere. L'interpretazione degli attori inoltre è certamente lodevole: Hoffman recita un personaggio decisamente convincente e talmente carismatico da ammaliare perfino il pubblico, Joaquin Phoenix poi interpreta perfettamente il reduce psicopatico a cui fornisce uno spessore psicologico espresso anche attraverso la camminata ingobbita e le smorfie facciali.
"The Master" è dunque un film profondo e dotato di una grande fisicità, resa attraverso l'interpretazione di Phoenix e le molteplici inquadrature di volti e corpi. La pellicola procede piuttosto lentamente, gravata da una trama a tratti assente, ma prontamente supplita dalle magnifiche interpretazioni attoriali (su tutte la virtuosa scena del "test" dopo il primo incontro tra i due). L'interpretazione non risulta per niente facile e forse al film si può imputare un eccesso di ambiguità, tuttavia appropriata a un opera che si propone di rappresentare, più che analizzare, l'enigmatica irrazionalità della mente umana.

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