The Master |
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Un film di Paul Thomas Anderson.
Con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern, Ambyr Childers.
continua»
Titolo originale The Master.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 137 min.
- USA 2012.
- Lucky Red
uscita giovedì 3 gennaio 2013.
MYMONETRO
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La meraviglia imperfetta delle relazioni umane
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Lasciandosi trasportare dagli snodi spesso arcani del nuovo film di Paul Thomas Anderson "The Master" ("Il Maestro") viene alla mente una battuta della serie tv "Boris". Quando a un certo punto, parlando di un film artistico - vale a dire quanto di più lontano da ciò che la scalcinata compagnia di "Boris" fa - qualcuno, tra ammirazione, diffidenza e complesso di inferiorità decreta che «si capisce e non si capisce». Anche il trascorrere non sempre immediatamente coerente tra una situazione e l'altra di "The Master" «si capisce e non si capisce» (non succedeva un po' anche in "Magnolia" dello stesso regista?) ma non ha alcuna importanza.
Il regista-autore americano di alcuni dei più significativi film dell'ultimo quindicennio, da "Boogie Nights" a "Il petroliere", tra i maggiori innovatori della generazione quarantenne (più di Tarantino: unica ipoteca su questa generazione l'essere imbevuta di cultura cinefila e dunque in agguato la tentazione citazionista a scapito di una più libera personalità di sguardo), conferma in pieno il grande talento di chi dietro l'apparente divagare, eludere, gingillarsi nell'inseguire stranezze (ricordate la stupefacente pioggia di rane di "Magnolia"? Immagine usata da un giovane critico, Diego Mondella, per intitolare un suo saggio sul cinema di P.T. Anderson: "Piovono rane dal cielo") e dietro l'apparente categorica distanza dall'attualità e da ciò che ci riguarda da vicino, sa al contrario colpire il cuore delle cose e rappresentare con dolente precisione la condizione umana.
Siamo nel 1950. Non risulta chiara e di immediata comprensione, e ciononostante non riusciamo a immaginare che altro potrebbe succedere se non quello che vediamo succedere, la dinamica che conduce un ex combattente di marina sul fronte del Pacifico, un giovane sbandato e squilibrato di nome Freddie (Joaquin Phoenix) tra le braccia di un seducente ciarlatano, imbonitore, guaritore, presunto salvatore di anime e dispensatore del segreto dell'armonia nonché capo di una setta-azienda denominata La Causa, che si fa chiamare Maestro (il superbo Philip Seymour Hoffman, presenza fissa nel cinema di Anderson). Creandosi di conseguenza tra i due un flusso di eccezionale intesa, fatta di dipendenza unilaterale ma anche di autentico scambio e bisogno reciproco, di intenso riconoscimento di un sentimento misto tra amicizia e fraternità - e complicità spinta fino all'ambiguità sessuale - evidentemente per entrambi mai conosciuto prima.
Ecco. Se nell'andare a quella lontana temperie c'è il recupero e la rivisitazione, tanto storica che cinematografico-cinefila, di gusto un po' vintage e un po' archeologico, di quello che dovette essere uno sconvolgimento epocale e che, con la guerra e i suoi reduci, fu battesimo del fuoco per una generazione che al tempo stesso perdeva precocemente la sua innocenza e che si sarebbe poi anche tuffata nel vortice euforico di un'incondizionata conquista del mondo (non viene forse facile immaginare un Marlon Brando soprattutto ma anche un James Dean in controluce al personaggio di Freddie? Cui peraltro Phoenix regala tecnica e stile di recitazione concitati, sofferenti, introversi, contorti e manierati proprio sul modello di quelle prime anti-star degli anni 50), ebbene c'è anche molto di più nel film.
Intanto, sotto l'atemporalità e la casualità dei riferimenti non è da escludere che si sia pensato a Scientology a proposito di sette e di tecniche di persuasione. Ma il fatto principale è che la precisa e accurata ambientazione d'epoca (colori, oggetti, abiti, comportamenti, musiche) è il veicolo per una rappresentazione universale delle misteriose vie e dell'enigmatico affermarsi, attraverso l'ondeggiare tra fedeltà e slealtà, di legami, dipendenze, intrecci affettivi veri e profondi ancorché sbilenchi, sbilanciati, iniqui. La meraviglia imperfetta delle relazioni umane. Come i suoi grandi oggetti di ammirazione Kubrick e Welles, anche P.T. Anderson sembra avviato alla costruzione di una leggenda il cui cammino è lastricato di lunghi intervalli tra un'opera e l'altra e di faticose avventure nella costruzione e per il finanziamento di ciascuna opera.
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