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sabato 17 novembre 2012
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il film del secolo
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Illustrare la nascita e l'evoluzione dell'universo. Rappresentare il percorso della vita umana. Ripercorre la storia del cinema. "The tree of life" si compone di tre itinerari che corrono vicini, costantemente sovrapposti, mescolati, allacciati l'uno all'altro in una tensione inscindibile. Con una potenza visiva mai eguagliata nella precedente storia del mezzo cinematografico, Malick rievoca il Big Bang, gli ammassi stellari, la formazione di astri e pianeti, il raffreddamento della Terra, la comparsa delle prime forme di vita, muovendosi tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, tra il cielo e la terra, tra il fuoco e le acque.
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Illustrare la nascita e l'evoluzione dell'universo. Rappresentare il percorso della vita umana. Ripercorre la storia del cinema. "The tree of life" si compone di tre itinerari che corrono vicini, costantemente sovrapposti, mescolati, allacciati l'uno all'altro in una tensione inscindibile. Con una potenza visiva mai eguagliata nella precedente storia del mezzo cinematografico, Malick rievoca il Big Bang, gli ammassi stellari, la formazione di astri e pianeti, il raffreddamento della Terra, la comparsa delle prime forme di vita, muovendosi tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, tra il cielo e la terra, tra il fuoco e le acque. Tutto percorre il suo ciclo, tutto scorre senza fermarsi di fronte alla sofferenza e al dolore, che si tratti dell'estinzione dei dinosauri o della morte di un figlio. In questo universo disinteressato alle vicende umane ("La vita va avanti, le persone sono di passaggio"), il regista epifanizza il percorso di crescita fisica, morale e spirituale di Jack, figlio diviso tra la via della natura dominatrice, capace di trovare "ragioni di infelicità quando tutto il mondo risplende intorno a lei" e quella della grazia che invece è in grado di riconoscere quella bellezza, ed emblema dell'uomo contemporaneo intrappolato in un mondo che ha perso la sua purezza. Malick non esita a ripercorre le tappe fondamentali della sua esistenza, lette in chiave universale, riconducibili all'intera umanità: dalla nascita all'infanzia, dalle prime parole al complesso edipico, dalla gelosia fraterna all'adolescenza, dallo spaesamento spirituale dell'età adulta causato dal disordine artificiale del mondo contemporaneo a una vaga e ineffabile speranza di aldilà. Tutto si organizza in uno stile che costituisce la summa insuperata dell'itinerario autoriale del regista californiano: l'interesse appassionato per la natura, presente in modo prepotente già nei primi "Badlands" e "Days of heaven" ed esponenzialmente amplificato negli ultimi suoi due film, qui trova il suo picco massimo, fermandosi ad esplorarne ogni elemento e spingendosi fino alle rappresentazioni maestose dell'organismo umano e animale; il rapporto con il divino già centrale in "The thin red line" assume, senza mezzi termini, il valore di cardine centrale attorno a cui il film ruota e l'introspezione psicologica, lungi dall'essere legata a un solo personaggio (come nei suoi primi due lavori), si espande a tutti i protagonisti come già nel suo precedente capolavoro di guerra. Ma è la stessa tensione metaforica così tipica del cinema di Malick a toccare indubbiamente il suo apice in "The tree of life", tutto fondato su simboli semplici, nitidi, evidenti ma travolgenti nella loro purezza poetica. Magistrale, a questo proposito, la lunga sequenza della perdita dell'innocenza infantile di Jack, conclusa con il furto di una lunga veste bianca prima nascosta sotto un'asse di legno per essere preservata, poi lanciata nelle acque rapide di un fiume, capaci di trascinarla via per sempre.
I segni di questa definitiva evoluzione autoriale si fondono in modo costante con omaggi e citazioni che ripercorrono i momenti più pregnanti della storia della settima arte. E così, i campi di girasoli che aprono e chiudono il film rinviano esplicitamente a "La terra" di Dovzenko, della quale il film di Malick condivide il panteismo lirico, l'aldilà di Jack cita la sfilata conclusiva dell'"8 e mezzo" felliniano, alcune immagini spaziali e la soggettiva di Jack adulto che vede sè stesso bambino palesano con forza il legame con l'Odissea di Kubrick. A queste citazioni diegetiche, vanno aggiunti gli omaggi tecnici: la macchina da presa ad altezza di bambino di Vittorio De Sica, gli scavalcamenti di campo della Nouvelle Vague francese e i falsi raccordi di Ejzenstein, con la ripresa di una stessa immagine da punti di vista sempre diversi.
"The tree of life" si configura perciò nel contesto del cinema attuale, come un film raro e prezioso, complesso ma imprescindibile, slegato da qualsiasi tentativo di interpretazione oggettiva e superiore e legato invece alla sfera dell'animo e delle sensazioni immediate (non per caso, in una scena che sembra fungere da dichiarazione di poetica, Brad Pitt spiega il concetto di soggettività come qualcosa che "viene dalla vostra mente e non può essere dimostrato da altri"). Un film per sentire nel senso più vasto del termine.
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mystic
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giovedì 18 ottobre 2012
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la vita secondo malick
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Si sa che Terrence Malick non è famoso per la quantità di film girati. In particolare The Tree of life è il suo quinto lavoro. Il film segue la vita di Jack, figlio di un padre severo e gelido (Brad Pitt) e di una madre fin troppo comprensiva (Jessica Chastain), dalla nascita fino all'età adulta dove si interroga su un'infanzia turbata. L'albero della vita è un complesso sistema di rapporti umani tra i membri dellla società familiare, ma non solo: le nostre relazioni sembrano estendersi fino agli elementi naturali nei quali Malick cerca un'armonia di suoni e visioni, il tutto attraverso una sontuosa fotografia. Le emozioni infantili sembrano essere simili a prati verdeggianti e freschi ruscelli; nell'età adulta invece il tutto si trasforma in un paesaggio urbano che, estendendosi verso l'alto, quasi sembra estraneo agli occhi di Jack, interpretato da Sean Penn.
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Si sa che Terrence Malick non è famoso per la quantità di film girati. In particolare The Tree of life è il suo quinto lavoro. Il film segue la vita di Jack, figlio di un padre severo e gelido (Brad Pitt) e di una madre fin troppo comprensiva (Jessica Chastain), dalla nascita fino all'età adulta dove si interroga su un'infanzia turbata. L'albero della vita è un complesso sistema di rapporti umani tra i membri dellla società familiare, ma non solo: le nostre relazioni sembrano estendersi fino agli elementi naturali nei quali Malick cerca un'armonia di suoni e visioni, il tutto attraverso una sontuosa fotografia. Le emozioni infantili sembrano essere simili a prati verdeggianti e freschi ruscelli; nell'età adulta invece il tutto si trasforma in un paesaggio urbano che, estendendosi verso l'alto, quasi sembra estraneo agli occhi di Jack, interpretato da Sean Penn. Il regista parte dalla nascita di un fanciullo (lo stesso Jack) per raccontarci la storia naturale della terra, vista sempre come luogo anarchico che l'uomo non può controllare. Aperto alle discussioni, in particolare sull'ateismo e sulla fede, il film non prende una posizione chiara; la sequenza finale è però un inequivocabile tentativo di ricercare la stessa armonia in una realtà mistica o comunque alternativa, per non dire paradisiaca. All'ultimo Malick sembra cambiare idea e ci rispedisce nell'ambiguità della metropoli, il tutto per farci rimuginare sulle illusioni di una vita in cui la conciliazione con il prossimo è possibile ma non probabile.
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kilpoldir
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sabato 29 settembre 2012
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pretenzioso
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Belle immagini, ma non bastano per farne un film. Si stenta a reggere fino alla fine. Sgradevole l'inserimento di sermoncini e filosofia pronto-cassa. Da sconsigliare caldamente.
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beatricem
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giovedì 30 agosto 2012
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un film che mantiene le alte aspettative
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Era da un sacco di tempo che volevo vedere "The tree of life" di cui avevo sentito parlare ma soprattutto discutere;e dalle diverse opinioni era evidente quanto il film sarebbe stato innovativo e "diverso" appunto perche' divideva cosi' tanto.
Dopo i primi minuti il film mi aveva gia' preso,nonostante io non aprezzi l'eccessiva spiritualita',anche se poi i quasi 10 minuti di immagini mute abbassino notevolmente il ritmo.
In conclusione,non e' un film facile da capire e da vedere,ma per cui vale la pena fare uno sforzo.
Le interpretazioni di Brad Pitt e,soprattutto,di Jessica Chastain ne aumentano la bellezza .
Da vedere.
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alessandro di fiore
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giovedì 23 agosto 2012
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tra cinema e filosofia
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A volte i critici cinematografici sono tenuti ad esprimere un proprio giudizio non solo cinematografico ma anche, addirittura, filosofico. E’ successo alla giuria dell’ultima edizione della più autorevole rassegna cinematografica al mondo. Succede sempre quando il cinema sposa la filosofia. E’ il caso del film vincitore della palma d’oro a Cannes: “The tree of life”, l’ultima fatica di Terence Malick, con Brad Pitt, Sean Penn e Jessica Chastain. E’ un film che lascia il segno, nel bene e nel male, un film non comune, non commerciale, non facile. E’ molto problematico dire se sia un film riuscito o meno. Trattazione di temi alti e impegnativi, immagini molto suggestive, attori bravissimi a cominciare dai bambini.
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A volte i critici cinematografici sono tenuti ad esprimere un proprio giudizio non solo cinematografico ma anche, addirittura, filosofico. E’ successo alla giuria dell’ultima edizione della più autorevole rassegna cinematografica al mondo. Succede sempre quando il cinema sposa la filosofia. E’ il caso del film vincitore della palma d’oro a Cannes: “The tree of life”, l’ultima fatica di Terence Malick, con Brad Pitt, Sean Penn e Jessica Chastain. E’ un film che lascia il segno, nel bene e nel male, un film non comune, non commerciale, non facile. E’ molto problematico dire se sia un film riuscito o meno. Trattazione di temi alti e impegnativi, immagini molto suggestive, attori bravissimi a cominciare dai bambini. Eppure si ha l’impressione che si sia voluto osare troppo. Non che il regista abbia chiesto troppo a se stesso: ha piuttosto chiesto troppo al cinema. Si sono volute scrivere parole straordinariamente impegnative su temi altrettanto straordinariamente impegnativi: il rapporto tra la vita e la morte, il senso della vita, il sentimento verso un dio che si rivela sia quando dona sia quando toglie, il rapporto tra natura che si impone e grazia che si fa oltraggiare, gli opposti modi di educare, la rilettura di Giobbe, l’elaborazione del lutto. Per accentuare l’indigestione si sono volute scrivere parole impegnative con due linguaggi paralleli, quello semplice di una famiglia americana in cui crescono figli disorientati da due opposte educazioni (fin troppo amorevole quella della madre e fin troppo autoritaria quella del padre), e quello complesso di un esasperato simbolismo che alterna immagini sull’origine dell’universo, di dinosauri che inaspettatamente esprimono la grazia nell’atto di pietà, con quelle del giovane Jack che improvvisamente si ritrova adulto (nei panni di Sean Penn). Un po’ troppo, francamente, per poter ricondurre gli innumerevoli spunti ad una omogeneità di fondo. Non solo: non a tutti i simbolismi è dato dare spiegazioni logiche univoche e coerenti, perché se è vero che l’immagine del dinosauro che esprime la sua compassione non contrasta con la natura impositrice (la pietà è dono di Dio, così come la natura è creazione di Dio), è anche vero che la comune origine divina (ovviamente opinabile) è incompatibile a sua volta con ciò che la voce fuori campo pontifica, cioè con la comtrapposizione tra la grazia fonte di pietas e la natura, le quali dovrebbero trovare una sorta di composizione ad un più alto livello metafisico non solo reso inaccessibile allo spettatore ma osteggiato dalla contrapposizione di cui sopra; d’altra parte di quale natura stiamo disquisendo? Della natura aristotelica o della natura stoica, comprensiva dell’ordine razionale che si manifesta anche in sede etica, dunque comprensiva della pietas che invece la si vorrebbe contrapposta alla natura? Se è concepibile che il ragazzo Jack diventi improvvisamente adulto perché “per chi non ama, la vita passa in un lampo”, è altrettanto vero che il suo odio verso l’autorità paterna è problematico e comunque ampiamente compensato dal profondo amore verso una tenera ed affettuosa figura materna. Della quale detesta la sottomissione, è vero, ma con ciò confermandole amore. Se ci si pongono alti interrogativi filosofici (ai quali si pretende addirittura di dare risposta), si deve accettare la sfida senza eccezioni evitando la fuorviante scorciatoia di una rassicurante contrapposizione, reiteratamente esibita, tra amore e odio. Che sono sentimenti troppo complessi per escluderne la reciproca contaminazione.
Più in generale infastidisce il continuo ricorso, verbale e visivo, a concetti generalissimi (espressi peraltro con scarso sincronismo rispetto agli sviluppi narrativi) filosoficamente tra i più controversi, mai definiti, così da far sorgere il sospetto che il regista si sia voluto sottrarre ad ogni sorta di obiezione logica ricorrendo intenzionalmente a categorie indeterminate che inducono ad “assolvere” i passaggi critici per “insufficienza di prove”.
A prescindere da come si vogliano interpretare i simbolismi, fatto sta che essi appesantiscono eccessivamente un’opera che per volere dire troppo finisce col dirlo in modo non sempre rigoroso. Sicché o si segue il film con l’occhio dell’artista lasciandosi prendere dalla recitazione impeccabile e dai virtuosismi estetici, o si indossano gli antipatici panni della maestrina che sottolinea con la matita blu le falle di una elucubrazione che ostentatamente ed immodestamente vuole essere filosofica. Interpretazioni entrambe parziali, ovviamente, quindi inesatte. Comunque sia una cosa è certa: è un’opera coraggiosa ed importante, che non lascia indifferenti.
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mcacci
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mercoledì 15 agosto 2012
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the tree of scrotum
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In certe sale hanno invertito primo e secondo tempo tra loro e nessuno se n'è accorto.... capolavoro!
I dinosauri si azzannano mentre esplosioni da discovery channel si alternano sullo schermo....capoloavoro!
una famiglia di supereroi (la madre vola) mette in scena i soliti banali drammi esistenziali mentre si celebra la caduta delle foglie in autunno....capolavoro!
Ma Sean Penn ha letto il copione (se esiste) prima di accettare la parte?
Perchè gira con un abito da 3000€ sulla spiaggia passando per porte senza muri?
E soprattutto chi cavolo interpreta lui nel film?
tutta la vita "Night of terror con Nick Mancuso"!
[+] un po' rude
(di zikutomo)
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jayan
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giovedì 12 luglio 2012
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il mistero della vita e della morte
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Un film perfettamente realizzato come fotografia e regia, e in parte anche negli interpreti. Terrence Malick ha voluto creare un film nuovo, anche se è solo abbastanza originale, si vede un certo ispirarsi a “2001 Odissea nello spazio”, anche se solo negli intenti, c’è un abisso tra i due, questo è nettamente inferiore.
Siamo nel Texas, anni ’50, in una tipica famiglia cattolica ispirata da rigidi principi. Il padre è un militare, molto severo con i figli, al punto da chiedergli di rivolgersi a lui con: “Sì, signore”, e non papà. Questo e altri comportamenti lo rendono odioso e insopportabile, in particolare al primo figlio, Jack, che lo vorrebbe morto.
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Un film perfettamente realizzato come fotografia e regia, e in parte anche negli interpreti. Terrence Malick ha voluto creare un film nuovo, anche se è solo abbastanza originale, si vede un certo ispirarsi a “2001 Odissea nello spazio”, anche se solo negli intenti, c’è un abisso tra i due, questo è nettamente inferiore.
Siamo nel Texas, anni ’50, in una tipica famiglia cattolica ispirata da rigidi principi. Il padre è un militare, molto severo con i figli, al punto da chiedergli di rivolgersi a lui con: “Sì, signore”, e non papà. Questo e altri comportamenti lo rendono odioso e insopportabile, in particolare al primo figlio, Jack, che lo vorrebbe morto. La madre, invece, è molto dolce. Un giorno la madre riceve la notizia che proprio quel figlio maggiore, ora diciannovenne - e, si immagina, anche lui militare (forse di leva) - è morto. Non si sa niente della sua morte. La madre apprende la notizia in modo disperato. Continuamente chiede a Dio perché le ha tolto il figlio. Il padre ha tanti rimorsi per come si è comportato con lui. Qui inizia, forse per spiegare la morte, in particolare quella prematura, una lunga parte documentaristica (troppo lunga, spesso noiosa, anche se con bellissime immagini) sull'evoluzione della vita dai vulcani e dall'acqua, attraverso varie forme, fino ai dinosauri e oltre. Nella vita c’è anche la morte, e Dio solo sa perché ci mette alla prova, come in questo caso, togliendoci un figlio caro quando è molto giovane. Bisogna solo imparare ad accettare, non possiamo essere immortali, come dice il prete in una sua predica. Dobbiamo imparare a far intervenire in noi la Grazia Divina… e alla fine lei, la madre, donerà a Dio il figlio perduto. In questo film si insegna il pensiero cattolico, che non spiega niente e il mistero della vita e della morte rimarrà tale, cioè incomprensibile.
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dario.pluto75
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lunedì 2 luglio 2012
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profondo....si ma du cugghiuna!!!!!!
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Scusate la sottile ironia del titolo ma dire noioso è assai riduttivo, non credo possa annoverato nella categoria film. Non dovrebbe essere proiettato nelle sale cinematografiche ma negli atenei di psicologia.
Assolutamente inguardabile!!
Questo, inutile dirlo, a mio modestissimo parere
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zanze61
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lunedì 21 maggio 2012
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visto e rimosso
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Ieri sera ho visto in televisione The Tree of Life, film che credevo di non avere mai visto al cinema... e invece, con mia grande sorpresa, assistendo alle prime scene mi sono resa conto di averlo già visto, pur senza riuscire a ricordare di cosa parlasse. Non conservare nessuna memoria di un film è una cosa veramente brutta, soprattutto quando il film in questione è un rutilante caleidoscopio di immagini (peraltro bellissime) e ha la pretesa di parlare dei Massimi Sistemi: la vita, la morte, il mistero del mondo, chi siamo, da dove veniamo, ecc. ecc. Vuol dire proprio aver fallito in pieno il proprio scopo! E infatti anche ad una seconda visione questo film mi è parso molto pretenzioso ma di scarsissima sostanza: in una parola, un’americanata, con in più il difetto di essere terribilmente noioso e scontato.
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aleluk
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martedì 15 maggio 2012
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epopea ...della banalità!
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Quando non si ha nulla da dire e si prova e riempire il tempo con immagini: ecco in poche battute il non-senso di questo film. Se poi astutamente si scelgono attori di punta e si ripropone molto del buon vecchio Kubrik, si può anche vincere qualche premio...Personalmente mi sento solo derubata di molto del mio tempo, se fossi stata al cinema avrei preteso la restituzione del costo del biglietto, invece ho solo perso un paio di ore di sono prezioso; fortunatamente ho spento molto prima della fine e sono riuscita così a contenere il nervoso...
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