pistinna
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venerdì 17 maggio 2013
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un'opera d'arte
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Un'opera d'arte. The Tree of Life non è un film ma un'opera d'arte nel senso più intimo del concetto, perchè andare al cinema e guardare questa pellicola è come entrare in un museo d'arte moderna e farsi rapire.
Malick è riuscito a rendere al meglio il suo pensiero coinvolgendo lo spettatore in un viaggio profondo dentro se stesso. Lo costringe a metterci del proprio. Perchè l'opera funzioni bisogna interagire con essa altrimenti è la noia o quantomeno viene meno la sua utilità.
Se lo vogliamo chiamare film allora è un film difficile sotto tutti i punti di vista, tecnicamente "alleggerito" da $una fotografia e da un uso dell'immagine impeccabili e meravigliosi.
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Un'opera d'arte. The Tree of Life non è un film ma un'opera d'arte nel senso più intimo del concetto, perchè andare al cinema e guardare questa pellicola è come entrare in un museo d'arte moderna e farsi rapire.
Malick è riuscito a rendere al meglio il suo pensiero coinvolgendo lo spettatore in un viaggio profondo dentro se stesso. Lo costringe a metterci del proprio. Perchè l'opera funzioni bisogna interagire con essa altrimenti è la noia o quantomeno viene meno la sua utilità.
Se lo vogliamo chiamare film allora è un film difficile sotto tutti i punti di vista, tecnicamente "alleggerito" da $una fotografia e da un uso dell'immagine impeccabili e meravigliosi.
Se le diamo invece il nome di esperienza incominciamo a descrivere meglio ciò che ci accade guardandolo.
E' la storia di una famiglia americana negli anni cinquanta vista attraverso i ricordi del figlio maggiore. Il rapporto con il padre, con la madre e con i due fratelli più piccoli sono la porta per un viaggio personale alla ricerca di risposte. Malick cerca le sue ma riesce, col suo lavoro, a lascaire libero il tema, a non cedere al facile indottrinamento.
In definitiva è un'opera matura che chiede ma che sa anche dare molto al suo spettatore.
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shiningeyes
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mercoledì 8 maggio 2013
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malick e la sua visione della vita
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Non si può non notare la meraviglia e lo stupore che ci suscitano “The Tree of Life”; un'opera immensa, piena di significati e immagini di una bellezza e grandiosità tale da farci sentire piccoli quanto un microbo, se non di più. I temi trattati, fanno un agglomerato di quello che è la vita, vista sotto gli occhi di Jack, bambino cresciuto tra la rigidità del padre e l'amore della madre, in una natura incontaminata e sublime e ritrovatosi adulto in cerca di un “io”.
Tecnicamente, il film è ineccepibile: fotografia,scenografie e montaggi sono da Oscar, la regia di Malick è un qualcosa che nessuno ha, un tocco personale e intimista di notevole spessore, che lo hanno giustamente messo nell'olimpo dei registi più acclamati dalla critica.
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Non si può non notare la meraviglia e lo stupore che ci suscitano “The Tree of Life”; un'opera immensa, piena di significati e immagini di una bellezza e grandiosità tale da farci sentire piccoli quanto un microbo, se non di più. I temi trattati, fanno un agglomerato di quello che è la vita, vista sotto gli occhi di Jack, bambino cresciuto tra la rigidità del padre e l'amore della madre, in una natura incontaminata e sublime e ritrovatosi adulto in cerca di un “io”.
Tecnicamente, il film è ineccepibile: fotografia,scenografie e montaggi sono da Oscar, la regia di Malick è un qualcosa che nessuno ha, un tocco personale e intimista di notevole spessore, che lo hanno giustamente messo nell'olimpo dei registi più acclamati dalla critica.
L'unico problema, è la troppa ricercatezza: il film è pervaso da questa ricercatezza del senso della vita e della natura che ci circonda, tanto da mettere da parte una storia, che è un ingrediente essenziale nella riuscita di un film. Vadano bene le immagini e le ottime prove recitative di Pitt e Chaistain, ma guardando il film, non si fa altro che porci delle domande sul suo andamento ed a volte la lentezza causa distrazione o noia. E così che vuole Malick: ci vuole far vedere le bellezze e vastità del mondo, della vita e dell'amore, indicandoci come il Mondo e Dio siano un'unica stessa entità; non è un film essenzialmente da capire, ma da interpretare come lo vogliamo noi.
A costellare la perfezione tecnica di questo film, ci pensano le musiche, così adatte alle situazioni così epiche e suadenti; carta vincente mettere la musica classica.
“The Tree of Life” è un film che deve essere guardato da chi ama il cinema impegnato e poetico. Chi va in giro a vedersi gli Iron man o storie d'amore e commedie trite e ritrite, chi non cerca tipi particolari di cinema: stiano alla larga da questo film.
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jacopo b98
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giovedì 2 maggio 2013
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malick, grande regista, raggiunge la perfezione
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La storia di una famiglia texana che, quando uno dei figli ormai adulto muore, ricorda la dura fatica fatta per crescerlo. Il tutto è paragonato alla storia della Terra e dell’Universo. È la tenera storia di una fatica immensa, quella di crescere, ma piccolissima rispetto a quella fatta dal pianeta e dallo spazio nella loro continua evoluzione. “Sarai grande prima che quell’albero diventi alto” dice la madre (Chastain) al figlio più piccolo. Il quinto film scritto e diretto da Malick in quasi quarant’anni di carriera, è uno dei più ambiziosi eppure semplici disegni mai concepiti. Straordinario nel passare da momenti di poesia straordinaria a scene di grande violenza, perpetrata dal duro padre idealista (Pitt).
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La storia di una famiglia texana che, quando uno dei figli ormai adulto muore, ricorda la dura fatica fatta per crescerlo. Il tutto è paragonato alla storia della Terra e dell’Universo. È la tenera storia di una fatica immensa, quella di crescere, ma piccolissima rispetto a quella fatta dal pianeta e dallo spazio nella loro continua evoluzione. “Sarai grande prima che quell’albero diventi alto” dice la madre (Chastain) al figlio più piccolo. Il quinto film scritto e diretto da Malick in quasi quarant’anni di carriera, è uno dei più ambiziosi eppure semplici disegni mai concepiti. Straordinario nel passare da momenti di poesia straordinaria a scene di grande violenza, perpetrata dal duro padre idealista (Pitt). È un film divisibile in tre atti: le spettacolari scene nello spazio, che intervallano la narrazione della storia, la parte ambientata a New York, con impressionanti panoramiche dei grattacieli e infine la storia vera e propria a Waco, in Texas. È il film più complesso del regista, che vi ha dedicato due anni di post-produzione (doveva uscire nel 2009), dato che tocca un infinità di temi, dalla famiglia, alla religione, alla natura, all’amore, alla nascita… La vera protagonista comunque è, come in ogni film di Malick, Madre Natura, fotografata splendidamente da Emmanuel Lubezki. Malick guarda con tenerezza e sempre più grande stupore al miracolo della vita e in alcune scene sembra proprio di vedere le cose, per noi ormai semplici e scontate, dagli occhi di un bambino per cui ogni cosa sembra così grande e bella da suscitare stupore. In alcune sequenze, spesso indecifrabili, il regista tocca vertici altissimi, ad esempio le descrizioni dell’infanzia e dello sviluppo del pianeta, con alcune scene in cui compaiono addirittura i dinosauri, ricreati a computer. Impressionante ed enigmatico finale, su una spiaggia, in cui la famiglia si ricongiunge per ricordare e rivivere. Pitt, incarna in modo più che convincente il padre di famiglia ma su tutti si fa notare la giovane Chastain, assolutamente strepitosa. Palma d’oro a sorpresa al Festival di Cannes e tre nomination agli Oscar: film, regia e fotografia. Naturalmente nemmeno una vittoria.
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nicnoc
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sabato 6 aprile 2013
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un opera d'arte profonda che fa riflettere l'anima
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Un film molto lungo anche perchè è ricco di molti spunti interessanti e informazioni.
Molto importante e profondo, forse un po' troppo persino per un publico medio, infatti risulta molto intenso e per questo si rivolge ad un pubblico molto colto e ristretto.
Sceneggiatura sufficiente, immagini spettacolari, fotografia ideale perchè molto libera e semplice, personaggi ben plasmati.
Con questo non risulta più tanto un film, ma una vera e propria opera d'arte che afferra chi è attento e pieno di domande.
Ottimo film costruttivo da vedere "come un quadro"
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marzaghetti
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sabato 19 gennaio 2013
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malick... prendere o lasciare
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Sono rimasto estasiato dalla bellezza della fotografia e dallo splendore di alcuni brani visivo-musicali davvero emozionanti: Malick è visivamente un genio. Però la forzosa non linearità del racconto, la dilatazione iper-cosmica dei tempi e l'intricata matrice biblico-filosofica lo rendono, ahimè, uno dei film più cervellotici e pallosi di tutti i tempi. Sarà perchè non ho mai letto Heidegger? Valutazione: 2,5.
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lisadp
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martedì 15 gennaio 2013
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dramma poco più che estetico
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Le aspettative sulla grandezza del film lasciano molto a desiderare, la poesia che esso vuole trasmettere è confusionaria, come se le sue parole fossero state lette con troppo poca enfasi, risultando così anche più scialbe di ciò che sono in realtà.
Le parole, i pensieri che dovrebbero narrare del dramma in un modo profondo ed introspettivo tendono a perdersi nell'atmosfera generale, insieme ad un Sean penn erroneamente sprecato per le sue ottime qualità, lasciando allo spettatore nient'altro che immagini dell'universo e della natura per meravigliarsi, infilate qua e là nella storia per renderla più profonda ed emozionante, ma senza un grande successo.
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Le aspettative sulla grandezza del film lasciano molto a desiderare, la poesia che esso vuole trasmettere è confusionaria, come se le sue parole fossero state lette con troppo poca enfasi, risultando così anche più scialbe di ciò che sono in realtà.
Le parole, i pensieri che dovrebbero narrare del dramma in un modo profondo ed introspettivo tendono a perdersi nell'atmosfera generale, insieme ad un Sean penn erroneamente sprecato per le sue ottime qualità, lasciando allo spettatore nient'altro che immagini dell'universo e della natura per meravigliarsi, infilate qua e là nella storia per renderla più profonda ed emozionante, ma senza un grande successo. Le immagini presto sembrano prendere il sopravvento e cercano di guidare il dramma, di raccontarlo, diventando così noiose e di nessuna utilità.
Una storia che poteva dare molto ma che è stata resa soltanto schiava dell'estetica, diventando noiosa e criptica. Un film dalle ampie pretese che non riesce a catturare il pubblico.
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giulio dispenza
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lunedì 14 gennaio 2013
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il trionfo della vita e dell'amore sopra ogni cosa
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Tra l'autorità del padre e l'amore della madre, Jack si trova a non capire quale sia più la via giusta da seguire. Malick racconta la vita della famiglia O'Brien, rappresentazione del ceto sociale degli anni cinquanta in america. Seguendo un educazione rigidamente cattolica, il ragazzo una volta cresciuto sarà un'uomo perso tra la modernità del mondo contemporaneo, che anche lui non comprende fino a fondo. Il regista riesce a rappresentare il continuo stato d'animo del protagonista, sia da giovane che da grande, accompagnando il racconto da un continuo suono musicale, e anche lunghi piani di sequenza che raccontano la nascita della terra e quindi della vita. Terrence Malick vuole mettere a confronto, l'amore, la nascita e la bellezza della vita, con la crudeltà, la difficoltà che invece si trovano in essa.
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Tra l'autorità del padre e l'amore della madre, Jack si trova a non capire quale sia più la via giusta da seguire. Malick racconta la vita della famiglia O'Brien, rappresentazione del ceto sociale degli anni cinquanta in america. Seguendo un educazione rigidamente cattolica, il ragazzo una volta cresciuto sarà un'uomo perso tra la modernità del mondo contemporaneo, che anche lui non comprende fino a fondo. Il regista riesce a rappresentare il continuo stato d'animo del protagonista, sia da giovane che da grande, accompagnando il racconto da un continuo suono musicale, e anche lunghi piani di sequenza che raccontano la nascita della terra e quindi della vita. Terrence Malick vuole mettere a confronto, l'amore, la nascita e la bellezza della vita, con la crudeltà, la difficoltà che invece si trovano in essa. Infine Jack ritroverà la pace interiore riconciliandosi con la sua famiglia.
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lucagalligani
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domenica 6 gennaio 2013
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chiamatelo screensaver: questo non è un film
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Uno dei pochi film che mi ha fatto addormentare al ventesimo minuto, in una sera in cui non ero particolarmente stanco. Ho una gran passione per i film, non mi spaventano i film assurdi, che usano salti analogici, tempi narrativi frammentati e rimontati ad hoc. Non ho dormito vedendo film iraniani di Makhmalbaf. Non ho dormito vedendo film di Ozu in lingua originale, sottotitolati in inglese. Sono sopravvissuto sveglio a diversi Heimat di Herzog, ad Akira in lingua originale. Ma questo film è veramente uno screensaver in cui due grandissimi attori fanno una comparsata.
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Uno dei pochi film che mi ha fatto addormentare al ventesimo minuto, in una sera in cui non ero particolarmente stanco. Ho una gran passione per i film, non mi spaventano i film assurdi, che usano salti analogici, tempi narrativi frammentati e rimontati ad hoc. Non ho dormito vedendo film iraniani di Makhmalbaf. Non ho dormito vedendo film di Ozu in lingua originale, sottotitolati in inglese. Sono sopravvissuto sveglio a diversi Heimat di Herzog, ad Akira in lingua originale. Ma questo film è veramente uno screensaver in cui due grandissimi attori fanno una comparsata. Il film più sopravvalutato della storia del cinema. Mi ricorda la storia del vestito dell'imperatore. L'imperatore è nudo: non ha un vestito invisibile. Così questo film è vuoto: non è arte incomprensibile ai più perché sublime.
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dinodoss
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domenica 30 dicembre 2012
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pretenzioso e inutile
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Pessimo film pretenzioso e inutile. Un carosello di immagini falsamente evocative ma che celano un vuoto incolmabile. Ridatemi le 2 ore di vita che questa oscenità mi ha rubato!
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sirio
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giovedì 20 dicembre 2012
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ipertrofia delle citazioni
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Ho avuto modo di vedere il film sia sul grande che sul piccolo schermo, di analizzarlo e rielaborarlo. Devo dire che rivisto una seconda volta mi è piaciuto di più, ma vorrei puntualizzare come vi siano troppe citazioni, mai completamente rielaborate.
In ogni istante del film ho rivisto citati grandi servitori della Decima Musa: da Fellini (la scena finale, bella e struggente, è comunque una citazione di "Otto e mezzo", ipertrofica e ripetitiva) ad Andrej Wajda (alcune scene della madre nel bosco sono riprese pari pari dal "Bosco delle betulle" senza quella drammaticità e quel costante senso di morte che lo pervade), da Kubrick (dalla sequenza della creazione del mondo - che rimanda a "2001 Odissea nello spazio" - a tante, tantissime immagini suggestive ma un po' fini a sé stesse, come la morte della madre) ad Antonioni (il girovagare nel deserto di uno straziato Sean Penn è citato pesantemente da "Zabriskie Point" e da "Deserto rosso"), da Bunuel (l'uso, anzi l'abuso del surrealismo - come nella scena dell'attraversamento della porta nel deserto - ma senza l'ironia e la raffinatezza del regista spagnolo) a Ken Loach (i drammi familiari del bimbo non sono certo quelli di "Family life", ma piuttosto ricordi di un tempo che fu, in cui il padre non si rivela poi così terrificante quanto potrebbe apparire), solo per dirne alcuni; tutte le scene del rapporto di coppia sono semplicemente abbozzate; altro è stato portato in scena da Bergman: ho rivisto decine di citazioni - in peggio, ovviamente - da "Scene da un matrimonio" o da "Persona".
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Ho avuto modo di vedere il film sia sul grande che sul piccolo schermo, di analizzarlo e rielaborarlo. Devo dire che rivisto una seconda volta mi è piaciuto di più, ma vorrei puntualizzare come vi siano troppe citazioni, mai completamente rielaborate.
In ogni istante del film ho rivisto citati grandi servitori della Decima Musa: da Fellini (la scena finale, bella e struggente, è comunque una citazione di "Otto e mezzo", ipertrofica e ripetitiva) ad Andrej Wajda (alcune scene della madre nel bosco sono riprese pari pari dal "Bosco delle betulle" senza quella drammaticità e quel costante senso di morte che lo pervade), da Kubrick (dalla sequenza della creazione del mondo - che rimanda a "2001 Odissea nello spazio" - a tante, tantissime immagini suggestive ma un po' fini a sé stesse, come la morte della madre) ad Antonioni (il girovagare nel deserto di uno straziato Sean Penn è citato pesantemente da "Zabriskie Point" e da "Deserto rosso"), da Bunuel (l'uso, anzi l'abuso del surrealismo - come nella scena dell'attraversamento della porta nel deserto - ma senza l'ironia e la raffinatezza del regista spagnolo) a Ken Loach (i drammi familiari del bimbo non sono certo quelli di "Family life", ma piuttosto ricordi di un tempo che fu, in cui il padre non si rivela poi così terrificante quanto potrebbe apparire), solo per dirne alcuni; tutte le scene del rapporto di coppia sono semplicemente abbozzate; altro è stato portato in scena da Bergman: ho rivisto decine di citazioni - in peggio, ovviamente - da "Scene da un matrimonio" o da "Persona".
Anche nella fotografia e nell'uso di piani diversi non si notano provocazioni o proposte innovative (già dal 1998 Shekhar Kapur con "Elizabeth" propone inquadrature impossibili per sottolineare gli intrighi di corte...), e si sente impellente la grande lezione del culto delle immagini portata da di Peter Weir ("Picnic at Hanging Rock", "L'attimo fuggente", per dirne solo alcuni...).
L'impressione è quella di un buon "manipolatore di salsicce" (la citazione è di Rex Stout, "Alta cucina") piuttosto che di un inventore di idee che deve risollevare le sorti del cinema.
Alla fine cosa mi è rimasto in mente? Quella bellissima storia disneyana - mi scusino gli amici cinefili se non ricordo il nome... - in cui Paperino si trova casualmente a Venezia durante i giorni del Festival del Cinema e, per sfuggire alle vessazioni ed alle ire del terribile Zio Paperone, finisce sulla barca di un produttore che lo vuole lanciare nel cinema - col nome di Rock Paperyn - per risollevare le sorti del cinema mondiale, ed ovviamente tutto finisce a scatafascio!
Morale della favola: consiglio agli amici cinefili prima di osannare questo film e considerare Malick il rivoluzionatore del cinema di guardare tante, tante altre pellicole!
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