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Rasputin fra storia e pittura

Il film di Louis Nero. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film Rasputin di Louis Nero

giovedì 7 aprile 2011 - Focus

La vicenda di Rasputin è un unicum, davvero non esiste un personaggio che gli si avvicini, nell'era moderna e anche prima. In breve: era figlio di contadini, ignorante, corrotto e debosciato, ma non c'è dubbio che avesse appeal. Riuscì ad accreditarsi come mago e guaritore e ad attirare l'attenzione di gente importante. Nel 1907 l'archimandrita Feofan, confessore dell'imperatrice Alessandra, lo introdusse a corte. L'intento di un gruppo di prelati ortodossi non era solo quello di curare Alessio, il figlio emofiliaco dello Zar, ma ottenere di riflesso un potere politico. E Rasputin ottenne, appunto, un potere immenso, sostento a oltranza dalla zarina. Lo stesso Zar Nicola lo consultava per tutte le decisioni, anche quelle militari dopo che la Russia era entrata in guerra. Il "mistico" riuscì persino a far sostituire il comandante supremo dell'esercito granduca Nicola Romanov a favore del suo protetto, Stürmer.
La cecità dell'imperatore e la condizione drammatica della Russia in guerra, convinsero alcuni nobili, parenti dello Zar, a organizzare una congiura per togliere di mezzo un personaggio diventato talmente ingombrante e pericoloso da compromettere addirittura la famiglia regnante e di conseguenza la Russia. Il 16 dicembre del 1916, due parenti di Nicola, il principe Jusupov e il granduca Demetrio, e il deputato della Duma Purigevi, lo attirarono in un tranello e lo avvelenarono. Tutti sarebbero morti all'istante, ma non Rasputin, che dovette essere finito col pugnale e con la pistola.

Dunque un perfetto personaggio cinematografico Rasputin, e il cinema non poteva certo ignorarlo. Già nel 1933 la MGM apprestò la leggendaria famiglia Barrymore e produsse Rasputin e l'imperatrice, con John nel ruolo del mistico diabolico e Ethel in quello di Alessandra. Anche i francesi affrontarono il personaggio nel film Rasputin, del '38, diretto da L'Herbier. Fra le molte edizioni è ricordabile la produzione italiana di Georges Combret, Rasputin, del 1954. Perfetto per quel ruolo fu Christopher Lee nel '55: titolo del film Rasputin il monaco folle. Ma forse la rappresentazione più accredita è quella firmata da Franklin J. Schaffner, del 1971, produzione inglese, titolo Nicola e Alessandra.

Precedente
Louis Nero non tiene conto di alcun precedente. Ha una sua precisa strada da percorrere, certo complessa. Subito un punto fermo: Louis non è parente di Franco, anche se i due si sono più volte incrociati. Chi si attendesse da un autore come Louis Nero un racconto dai codici convenzionali, oppure un'adesione a un modello acquisito, che sia letteratura o personaggio, certo si smarrirebbe. Ci sono registi e ci sono autori. Una prerogativa di questi ultimi è quella di piegare l'opera alla propria attitudine e cultura. Un esempio: Petronio avrebbe davvero fatto molta fatica a riconoscere, addirittura a decifrare il suo Satyricon, dopo che ci aveva messo le mani Fellini. Così come l'avrebbe fatta Boccaccio a fronte della versione di Pasolini. Nero rimane fedele al suo schema ultrapersonale. Nei suoi lavori adatta il racconto e le idee al contemporaneo. Ogni storia è trasversale, figuriamoci se il tempo che separa è soltanto di un secolo. E lo stile è suo esclusivo. I codici sono diversi, la fase onirica, la memoria horror, i contrasti estremi di luci, i contrappassi violenti fra interni ed esterni. La vicenda del monaco naturalmente emerge, ma si procede a lampi ed episodi, non connessi, con rimandi temporali continui e rimandi estetici, esplorando molte delle correnti figurative e anche teatrali del Novecento. La storia procede a flashback privilegiando la fase di preparazione della trappola. Il veleno, il cibo, frutta e dolci, i liquori, e gli argomenti per distrarre la vittima. Le due azioni sono su piani reali diversi: a terra Rasputin, al piano di sopra i tre congiurati, maldestri e impauriti. I flash si estendono lungo la vita del monaco: la macchia scura che si muove nell'immensa pianura russa, gli incontri con le donne, e con gli uomini. E naturalmente i Romanov. Il regista dedica molto spazio alla prigionia della famiglia, alla preparazione dell'esecuzione nella grigia "mortale" Ekaterinburg . Fa parlare Jacov Jurovskij, l'ufficiale incaricato della fucilazione. La ricerca estetica di Louis Nero è profonda e visibile. Al regista importa seguire la propria idea, davvero non pensa molto al pubblico. Nel nostro cinema non succede quasi mai.

Louis ha voluto che l'altro Nero, Franco, raccontasse fuori campo la vicenda. Il "senior" ha anche contribuito alla produzione. Dopo Angelus Hiroshimae, un'altra iniziativa decisamente più vicina alla cultura che allo spettacolo. Anche questo succede... raramente.

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