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Il fiore del male. Bandito a Milano, il libro

La biografia che ha ispirato Michele Placido per il film su Vallanzasca.
di Fabio Secchi Frau

La copertina del libro "Il fiore del male. Bandito a Milano"

giovedì 20 gennaio 2011 - Libri


Recensione ***
Una copertina che sembra una foto segnaletica. "Il fiore del male" (ed. Tropea, 2009) di cui ci parla Carlo Bonini è uno strepitoso bandito e assassino, pieno di onore, spietato e maledetto. È un’aureola di morte, incarnata da un criminale che ha realmente macchiato di sangue la storia dell’Italia negli Anni Settanta: Renato Vallanzasca. E proprio Vallanzasca, dal carcere nel quale sta scontando quattro ergastoli e 260 anni di reclusione, accusato di rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, ci racconta i crimini più atroci da lui commessi e la sua personale idea di giustizia delittuosa. Dopo il maestoso ed efferatissimo Romanzo criminale (2005), è chiaro perché Michele Placido si sia spinto a raccontare cinematograficamente anche la sua storia. Carlo Bonini realizza un libro-confessione che sta tra il racconto morale e la Storia. Il realismo della colpa e della violenza (che non restano mai fuori dalle righe) è atroce: di tutto sentiamo le grida, intuiamo le forme e vediamo sempre e solo gli effetti feroci, la fine, i cadaveri e il sangue. Vallanzasca dà la sua chiave di lettura del mondo in un doppio sguardo: il denaro regola la vita e l’assoluzione e il perdono sono irraggiungibili soprattutto per chi ha vissuto una vita criminale “al massimo”. Nessuna speranza. Nessuna.

In sintesi
Era un ragazzo che non si voleva accontentare degli spicci. Era un ragazzo che sognava una vita da fuoriclasse: donne al suo seguito che facessero tutto ciò che lui voleva, belle auto e tanti tanti tanti soldi. E allora perché non intraprendere la strada del Male che sembra già indirizzata dai primi anni trascorsi nel riformatorio minorile? Perché non fare il bandito a Milano e costruirsi intorno a sé una banda? Da quel momento in poi, da quella scelta in poi, saranno solo pallottole, mitra e auto che sgommano sotto il Duomo. Senza mai tornare indietro. Senza mai pentirsi. E gli Anni Settanta italiani si tingono del colore delle vecchie lire, del bianco della cocaina e del sangue che scorre e macchia i vestiti di Renato Vallanzasca, che sembra essere nato per fare il ladro, l’assassino, il sequestratore. Ed è proprio questa propensione a portarlo in carcere, dove sta attualmente scontando 260 anni di carcere per: sei omicidi, quattro sequestri di persona, innumerevoli rapine, scontri a fuoco, evasioni e sommosse carcerarie.

Gli autori
RENATO VALLANZASCA. Nato a Milano il 4 maggio 1950, è uno dei più pericolosi criminali italiani degli Anni Settanta. Dopo aver avuto precedenti penali già da quando era adolescente per piccoli furti e taccheggi, comincia a farsi un nome negli ambienti della ligèra (la mala milanese), all’interno della quale crea la propria banda detta "Banda della Comasina". In poco tempo, grazie a furti, rapine in banca e sequestri accumula ricchezze enormi. Una bella e sanguinosa vita che sarà interrotta dalla carcerazione. Attualmente, nonostante ripetute evasioni, è ancora in carcere dove sta scontando una pena pari a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione.

CARLO BONINI. Nato a Roma, il 4 marzo 1967, è un giornalista italiano che ha lavorato per "Il manifesto", Il "Corriere della sera" e "La Repubblica", dove si è occupato di cronaca nera e giudiziaria.

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