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La scuola racconta la società

Intervista a Giulia Elettra Gorietti, protagonista de I liceali 3.
di Edoardo Becattini

Giulia Elettra Gorietti (36 anni) 29 settembre 1988, Roma (Italia) - Bilancia. Nel film di Francesco Miccichè I Liceali 3.

martedì 17 maggio 2011 - Televisione

A scuola ha cominciato e a scuola la ritroviamo. Giulia Elettra Gorietti è entrata nel mondo del cinema sedendo fra i banchi della scuola media di Caterina va in città di Paolo Virzì e, dopo essere stata la studentessa innamorata del professore di ginnastica Leonardo Pieraccioni in Ti amo in tutte le lingue del mondo e una degli Ultimi della classe della sexy professoressa Sara Tommasi, la ritroviamo all'interno delle aule del liceo Colonna che ha ospitato le prime due serie de I liceali. Dopo due stagioni di grande successo, dirette da Lucio Pellegrini (E allora mambo! e, più recentemente, Figli delle stelle e La vita facile) con protagonisti Giorgio Tirabassi e Claudia Pandolfi, la serie ideata da Pietro Valsecchi ricomincia con tre con uno spin-off diretto da Francesco Miccichè e incentrato sul personaggio del professore di matematica Enea Pannone (Massimo Poggio), apparso negli ultimi episodi della seconda stagione. Attorno a lui nuove storie (in onda da mercoledì sera su Canale 5) e nuovi amori che coinvolgono un nuovo corpo di insegnanti e presidi (Christiane Filangieri, Lucia Ocone, Ivano Marescotti), e un nuovo gruppo di studenti (Carlotta Tesconi, Virginia Valsecchi). E naturalmente, Giulia Elettra Gorietti, con la quale abbiamo conversato di scuola, di futuro e del romanticismo che si nasconde dentro la ribellione e la follia.

Una nuova serie a due anni dalla seconda stagione e molti cambiamenti, nella storia e nel cast. Cosa dobbiamo aspettarci?
È vero, noi siamo tutti nuovi, però sono sicura che Pietro Valsecchi nell'avviare una terza serie con tante cose nuove abbia capito che c'era la possibilità di migliorarsi. E soprattutto di raccontare nuove storie reali, che rappresentino veramente l'Italia a partire dalla scuola. Lo stesso Valsecchi ha detto che soprattutto la classe dirigente dovrebbe guardare una serie come questa, perché descrive efficacemente tutte quelle dinamiche che avvengono veramente fra i giovani all'interno di una scuola. I liceali è una fedele riproduzione della situazione attuale e degli ambienti dei giovani. Sotto tutti i punti di vista, perché si rappresentano caratteri molti diversi fra loro: c'è la ragazza che organizza le manifestazioni, c'è il ragazzo extra-comunitario preso in giro, e poi ci sono tante altre piccole storie, che ovviamente coinvolgono anche i professori per avere un quadro più ampio. Non è una serie destinata solo ai ragazzi: si descrive la società di oggi con i colori che possiamo osservare guardandoci attorno.
Ad esempio il mio personaggio, Alice, è una ragazza che ha tutto dalla vita: è viziata, è ricca, è la più bella della scuola. Però, a un certo punto, vengono a mancarle tutte quelle certezze che ha sempre avuto nel corso della sua vita e così, si trova costretta a rimettersi in gioco anche a livello morale con se stessa. Entra in contatto con i suoi sentimenti più profondi e con quella parte di lei che era rimasta sempre celata, perché troppo accomodata sul suo stato sociale. Venendo meno tutte queste certezze, è come se entra veramente in contatto con la vita. Di questo personaggio, ho apprezzato soprattutto questo contrasto fra la vita agiata, superficiale, e il contatto con la vita più normale, in cui comincia a dare valore anche alle cose più semplici.

È un personaggio che senti vicino a te?
Non ho mai fatto finora un personaggio statico, che rimane lo stesso dall'inizio alla fine. Ad esempio, Alice all'inizio non mi somiglia per niente, però poi nella trasformazione mi trovo ad avere tante cose in comune con lei, tantissime. Quando ho letto la sceneggiatura della prima puntata, ho pensato che un personaggio così non potesse interessarmi molto. Non amo per niente il classico cliché della ragazza romana borghese e viziata. Poi sono andata avanti nella lettura e ho visto un personaggio che cambia completamente: da un personaggio-cliché emerge una forte personalità e un lato molto auto-ironico. Alice è come se fosse più personaggi in uno: non è certamente un personaggio statico e dopo aver lasciato intendere un colore del suo essere, si passa a scoprire tutti gli aspetti, tutti gli equilibri. Anche a livello sociale, non solo caratteriale. Inizialmente ero un po' spaventata dai cliché, poi con Francesco Miccichè abbiamo cercato di lavorare sulle diverse tonalità del personaggio e di far emergere qualche particolarità. Questo mi ha permesso di mettere anche qualcosa del mio carattere, come ad esempio l'ironia, e questo essere un po' dispettosa. Così alla fine sono arrivata ad innamorarmi di Alice, e nel tirar fuori per lei questa mia parte più intima, l'ho portata nel cuore e la porto tuttora nel cuore.
E comunque, ogni volta che si interpreta un personaggio, si deve per forza farlo proprio e si finisce con il rivedersi in esso. Anche se interpretassi un'avvocatessa, so che a un certo punto mi ci rispecchierei e la sentirei mia, perché ciò che amo del fare l'attrice è trovare quelle parti del mio carattere da poter condividere con il personaggio, tanto da creare qualcosa di più reale, più solido e meno finto.

Come sono stati i tuoi anni di liceo?
Un po' movimentati, direi. Anche perché ho cominciato a lavorare nel cinema con Virzì a quattordici anni. I primi due anni me la sono cavata senza nessun problema: mi sono divertita molto e penso siano stati gli anni di scuola più belli. Poi, ho iniziato ad avere qualche problemino a causa del lavoro e della mia condotta. Ero un po' troppo frizzante quando ero piccola. Ero perfetta sul piano didattico, prendevo solo ottimi voti, però poi gli insegnanti dicevano ai miei genitori “Vostra figlia è molto intelligente ma con quella faccia da angelo all'inizio ci ha fregato: le assicuro che fa un casino allucinante e non sappiamo come domarla, è un caso esasperato!”. E così i miei genitori mi hanno mandato in una scuola privata, dai preti, e lì ho avuto un'esperienza un po' meno piacevole. A livello d'insegnamento è stato tutto impeccabile (studiavo dalle tre fino a mezzanotte), però c'era un clima molto ristretto. Soffrivo del fatto di non avere intorno tutta una fetta della società e onestamente penso che il liceo dovrebbe servire a imparare come muoversi nella vita. Entrare in contatto solo con una certa fascia della società secondo me non ha senso, è per questo che in generale sostengo le scuole pubbliche. Ma a parte questo, era una scuola più rigida, che si scontrava con il mio carattere ribelle e allergico alle regole (tranne quelle “sane”), e che mi portava a essere molto inquieta. Non è stato un percorso facile. Ho perfino cambiato due scuole, proprio perché non accettavo assolutamente determinate cose che secondo me andavano anche contro certi valori cristiani che certi istituti dovrebbero portare avanti. E questo conflitto coi “vertici”, mi ha costretto a cambiare. Nonostante i miei genitori abbiano tentato di placarmi per anni e anni, alla fine su questo aspetto mi hanno dato ragione.

Vuoi parlarci del film che hai appena girato, Almeno tu nell'universo?
Almeno tu nell'universo è un film al quale tengo moltissimo perché interpreto un personaggio molto intenso, che non si avvicina assolutamente a nessuno dei personaggi che ho finora interpretato. Mi piace cambiare e dopo aver fatto tante ragazze liceali, finalmente ho trovato una ragazza “cresciuta”, una ragazza che lavora in una libreria e che, dopo aver perso il padre, vive con la madre e il suo nuovo compagno, con il quale ha un rapporto all'inizio un po' conflittuale ma che si evolve molto nel corso del film. È un po' un'eroina romantica, piena di valori molto nobili: serenità, gioia, rispetto verso la famiglia, gli amici, verso le persone, gli esseri umani in generale. Però possiede anche un'altra metà interessante: corre in moto, ama le emozioni forti e l'adrenalina. Le cose cambiano quando incontra un ragazzo e si innamora per la prima volta nella sua vita. Purtroppo, di pari passo con questo amore, dovrà confrontarsi con una malattia terminale, cercando di conciliare l'amore con questa esperienza terribile senza egoismi, senza ansie, ma al contrario vivendo al massimo e pensando alle persone solo che lo sono attorno. A questo personaggio mi sono legata particolarmente: ho dovuto fare dei paralleli per riuscire a entrare in quella sensazione che può provare solo chi soffre veramente. Pur non avendo avuto, per fortuna, a che fare con esperienze simili, ho cercato comunque di scavare nelle mie parti più buie per cercare di condividere anche solo un quarto di quella sofferenza.

E adesso che progetti hai in vista?
Ho finito da pochissimo di girare una serie per Mediaset, che si chiama Amore e vendetta, insieme ad Alessandro Preziosi, Lorenzo Flaherty e Anna Valle. Anche qui faccio un personaggio diverso dalla giovane liceale: è una baby sitter che (forse) si troverà ad avere una storia col suo datore di lavoro e (forse) scoprirà dettagli importanti all'interno di questa storia... Si tratta di una storia di intrighi, una versione del “Conte di Montecristo” ambientata ai giorni nostri. Degli altri progetti che devo ancora girare preferisco non parlare, invece, anche solo per scaramanzia.

Con quale ruolo ti piacerebbe di più confrontarti in questo momento? E con quali registi sogni di poter lavorare un giorno?
Ci ho pensato molte volte, anche di recente. L'anno scorso, dopo aver girato I liceali, ho vissuto a Londra per qualche mese e dovevo tornare a Roma per fare un provino con Anthony Hopkins per il film Il Rito. Purtroppo il mio vecchio agente non riuscì a conciliare i miei impegni con la data del provino. Ho sofferto moltissimo, era il personaggio ideale per me: la ragazza romantica piena di femminilità che viene posseduta dal demonio. Questa alternanza di stati d'animo, il grande dislivello fra alti e bassi del personaggio, il senso della profonda follia, la possibilità di giocare con la fantasia per elaborare questo percorso di discesa...mi sono veramente mangiata le mani! Non tanto perché si trattasse di una produzione internazionale, quanto perché aspettavo un personaggio del genere da una vita. Ovviamente, ogni volta che faccio un incontro cerco di dare il meglio di me, poi so che forse verrò presa io o forse verrà presa un'altra. In quel caso specifico, ero certa che avrei vinto il provino perché me lo sentivo, era proprio un personaggio che aspettavo da anni. A parte questa possibilità concreta, ammetto che mi piacerebbe moltissimo lavorare nel cinema internazionale, e soprattutto amerei lavorare con Almodóvar. Amo moltissimo Penelope Cruz e attraverso di lei ho scoperto la grande sensibilità dei film di Almodóvar. Però c'è anche un altro regista con cui amerei lavorare: Woody Allen. Lo trovo pieno di personalità e credo sappia dirigere un attore come pochi altri: sa far diventare gli attori grandi e questa fantastica dote credo si sia un po' persa. Adesso ci sono un po' troppi attori che non studiano e registi che si accontentano.

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