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Splice: più Alien e meno Frankenstein

A più di dieci anni da Il cubo torna il canadese Vincenzo Natali.
di Gabriele Niola

Un'evoluzione del Cubo
Adrien Brody (51 anni) 14 aprile 1973, New York City (New York - USA) - Ariete. Interpreta Clive Nicoli nel film di Vincenzo Natali Splice.

mercoledì 11 agosto 2010 - Incontri

Un'evoluzione del Cubo
Diventato famoso in tutto il mondo con Il cubo, folgorante opera d'esordio a basso budget e alta tecnologia del 1997, Vincenzo Natali (italiano solo di nome) torna ora, diversi film dopo, a trattatre una storia in cui mette l'accento sui confini della scienza e della coscienza individuale. Il budget è un po' più alto di quel primo film, ma l'idea di un cinema che sappia fondere realtà con creazioni digitali senza che ciò venga percepito dallo spettatore è la medesima: "Splice lo vedo come un'evoluzione per come la storia è più centrata sui personaggi. Mentre in Il cubo era la situazione a portare avanti la narrazione: in altre parole i personaggi si trovavano in un luogo inspiegabile e dovevano uscirne; in Splice sono i personaggi i veri autori della storia, sono responsabili di quelli che hanno fatto".
Responsabilità nella creazione di qualcosa di nuovo, di una vita che ha una sua volontà, una coscienza e, implicitamente, un diritto alla felicità: "è un film molto nello stile di Frakenstein, l'archetipo è il medesimo sebbene poi Dren [la creatura del film] non è un'aberrazione come Frankenstein, anzi è bella e fantastica in molti sensi diversi. Dunque il problema nella mia opinione non è nella creazione di Dren ma in come viene educata".

Dren, tra reale e virtuale
La prima curiosità che salta in mente ad un occhio attento e curioso durante la visione di Splice è come sia stata gestita la recitazione e il lavoro sul set per tutte le scene in cui la creatura, Dren, è interamente digitale, ovvero nei suoi primi stadi di vita: "Utilizzavamo un pupazo o comunque qualcosa di fisico con cui interagire, a cui reagire o anche solo da tenere in braccio. Per simulare lo spostamento o la caduta degli oggetti al passaggio di Dren li avevamo legati con dei cavi o fili che tiravamo di volta in volta. E in questo senso un grande merito va agli attori, bravissimi, che ci hanno molto aiutato a dare credibilità al tutto".
Al procedere del racconto le cose però invece che semplificarsi si complicano. Se infatti una volta cresciuta la creatura non è più interamente digitale ma interpretata da un'attrice (Delphine Chanéac) rimangono comunque molti dubbi sulla sua apparenza e su quanto ci sia di vero e quanto di digitale. La verità, raccontata da Natali, è più sorprendente di quel che si potesse credere: "Dren è sempre interpretata da un'attrice, sia da bambina che da adulta, è stato da sempre uno degli obiettivi e delle sfide esplicite del film. Per arrivare all'obiettivo finale abbiamo dovuto usare un misto di protesi, trucco e infine qualche ritocco digitale, specie sul suo volto".
Dunque non c'è un vero responsabile del suo design? "No, il design di Dren è il risultato di una grande collaborazione. Abbiamo cominciato con una serie di artisti che hanno raccolto, unito e migliorato i bozzetti da me realizzati, facendoli diventare qualcosa di speciale, in seguito è stato il turno dei truccatori e infine dei ragazzi della grafica computerizzata. Su tutto infine ha dominato Delphine Chanéac [l'attrice che interpreta Dren ndb] che con la sua perfomance ha dato un grande contributo".

Dalla science-fiction alla science-fact
Difficile davvero non prendere Splice come un film che si interroga sulle potenzialità e i confini della scienza, i protagonisti infatti sono due scienziati che rompono qualche regola per tentare un esperimento più audace di quanto non dovrebbero. Il risultato è una creatura che dovranno gestire. Ma secondo Natali non è la scienza il target primario:"Tutto viene dalla domanda Cosa sarà Dren? Cosa diventerà? In che si trasformerà? All'inizio solo la madre può amarla poi invece diventa più bella e da adulta procede anche più avanti nella scala evolutiva. Questa tensione tra attrazione e paura è la vera base del film", peccato però che la cartellonistica, i trailer e tutto il marketing svelino da subito cosa diventerà Dren: "Purtroppo non ho potere sul marketing ma che ci devo fare? È andata così, io non l'avrei fatto sarebbe stato più efficace. Alla fine questo tipo di film sono come delle fiere di paese, tu vorresti tenere il mistero fino alla fine e far venire la gente nella tenda con la curiosità al massimo livello ma in quest'era i distributori cercano di prevendere il più possibile. Quando io ero piccolo e uscì Alien non si sapeva nulla assolutamente, c'era solo un uovo nella locandina e anche durante il film non sapevi cosa potesse uscirne fuori fino alla fine, era eccitante e misterioso":
Quindi un film più sul ruolo e le responsabilità dei genitori? "Tutto quanto viene dai genitori che i protagonisti hanno avuto, compreso il fatto che essi stessi non siano dei buoni genitori. Così il film nel suo procedere diventa sempre più centrato sull'essere cattivi genitori e come nello specifico Vanessa diventi un mostro causando poi la mostruosità di Dren".
Dunque niente fobia della scienza? "No anzi, ho fiducia nella scienza, anche se ovviamente credo che certe cose occorra approcciarle con cautela". In che senso? "Penso che ora a tutti gli effetti viviamo nel futuro, intendo in un futuro da film di fantascienza, perchè tutto quello che è stato immaginato e predetto quand'ero giovane si è avverato. Ho l'impressione che ora, dall'inizio del nuovo millennio, viviamo in una fase di transizione mentre nel futuro prossimo arriveranno grandi cambiamenti, alcuni eccellenti altri meno. Per questo penso che la fantascienza sia più importante ora che mai perchè da science-fiction sta diventando science-fact".

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