masmassy
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giovedì 2 aprile 2009
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il sorriso di eastwood? un effetto speciale
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Clint Eastwood è magnetico, più che mai. Il suo sguardo duro e impassibile da vecchio bisbetico ha qualcosa che si lascia comunque amare e la storia, nella sua oggettiva semplicità priva di scontatezza, affascina dall'inizio. Inaspettatamente, un sorriso umile da quello stesso volto lascia stupiti più di qualsiasi effetto speciale e vale l'intero film, di cui Eastwood è protagonista, regista, e ultimo ma non ultimo, interprete della soundtrack. C'è una cosa che più di tutte mi ha segnato: un interminabile conversazione tra Sue e "Wally", come lo chiama lei, in cui vengono elencati, separati, sottolineati e volutamente disprezzati tutta una serie di popoli in una raffica così insensata e così amaramente buffa che fa sembrare il razzismo qualcosa di assurdo come la telepatia.
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Clint Eastwood è magnetico, più che mai. Il suo sguardo duro e impassibile da vecchio bisbetico ha qualcosa che si lascia comunque amare e la storia, nella sua oggettiva semplicità priva di scontatezza, affascina dall'inizio. Inaspettatamente, un sorriso umile da quello stesso volto lascia stupiti più di qualsiasi effetto speciale e vale l'intero film, di cui Eastwood è protagonista, regista, e ultimo ma non ultimo, interprete della soundtrack. C'è una cosa che più di tutte mi ha segnato: un interminabile conversazione tra Sue e "Wally", come lo chiama lei, in cui vengono elencati, separati, sottolineati e volutamente disprezzati tutta una serie di popoli in una raffica così insensata e così amaramente buffa che fa sembrare il razzismo qualcosa di assurdo come la telepatia. Hmong, Coreani, Vietnamiti, Giapponesi, Cinesi ma pure Irlandesi, Italiani, Polacchi, Neri... Nomi e nient'altro che nomi dietro cui la discriminazione si ripara, goffamente. Un film che rivedrò volentieri.
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laurentius87
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giovedì 2 aprile 2009
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un grande film senza sbavature
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Come già in "Million dollar baby", Clint Eastwood si conferma regista di qualità e riesce a disegnare una storia senza sbavature, cupa ma non disperante.
Stupisce che questo film non abbia ottenuto nessun riconoscimento agli Oscar, ma sta meritatamente riscuotendo al botteghino.
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neanide
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mercoledì 1 aprile 2009
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struggente
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un uomo che la guerra ha inaridito.xenofobo?può sembrare visti i numerosi ed ingiuriosi nomignoli che riserva ai vicini asiatici...ma non è così.il signor Kovalski è ostile anche con la sua famiglia ,una famiglia che lo considera come un peso inutile,pensiero non infrequente associato alla vecchiaia.Il rude Kovalski è solo deluso da un mondo imbruttito,da un mondo superficiale,un mondo in cui la vita di un uomo non conta,si può spezzare.per cosa?ricchezza,dominio,potere....questo ha capito Walter in guerra quando giovane incosciente si è trovato a dover uccidere un ragazzo guardandolo negli occhi.che male avrebbe mai potuto fare quello?ma le cose a volte le capisci quando è troppo tardi.
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un uomo che la guerra ha inaridito.xenofobo?può sembrare visti i numerosi ed ingiuriosi nomignoli che riserva ai vicini asiatici...ma non è così.il signor Kovalski è ostile anche con la sua famiglia ,una famiglia che lo considera come un peso inutile,pensiero non infrequente associato alla vecchiaia.Il rude Kovalski è solo deluso da un mondo imbruttito,da un mondo superficiale,un mondo in cui la vita di un uomo non conta,si può spezzare.per cosa?ricchezza,dominio,potere....questo ha capito Walter in guerra quando giovane incosciente si è trovato a dover uccidere un ragazzo guardandolo negli occhi.che male avrebbe mai potuto fare quello?ma le cose a volte le capisci quando è troppo tardi...è talmente tardi che nessuno più ti ascolta.Ma i ragazzi no,i suoi vicini di casa no gli hanno parlato come fosse uno di loro senza differenza di razza o di età.Walt capisce che qualcosa di buono c'è ancora,e questo va difeso e nel farlo Wally riscatta la sua anima consapevolmente macchiata.
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kinglands
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mercoledì 1 aprile 2009
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lettera aperta a clint eastwood
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Caro vecchio Clint,
qui bisogna inventare il modo di ibernarti e conservarti a lungo, sia in cabina di regia che davanti alla cinepresa, con quella tua faccia da scolpire nel monte Rushmore!
Era da parecchio che non comparivi in prima persona sul grande schermo, occhi di ghiaccio e pantalone ascellare, e nonostante le belle (e angoscianti) storie che ci hai regalato un po’ ci mancavi...
Riempi questo buco ripresentandoti con Gran Torino... un titolo che in Italia genera un po’ di confusione, ma vuol celebrare la popolare Ford guidata tra gli altri da Starsky & Hutch; è un film “minore”, relativamente a basso costo, che va con la lente di ingrandimento ad analizzare la microstoria dell’unico vero vecchio Americano (in realtà un polacco.
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Caro vecchio Clint,
qui bisogna inventare il modo di ibernarti e conservarti a lungo, sia in cabina di regia che davanti alla cinepresa, con quella tua faccia da scolpire nel monte Rushmore!
Era da parecchio che non comparivi in prima persona sul grande schermo, occhi di ghiaccio e pantalone ascellare, e nonostante le belle (e angoscianti) storie che ci hai regalato un po’ ci mancavi...
Riempi questo buco ripresentandoti con Gran Torino... un titolo che in Italia genera un po’ di confusione, ma vuol celebrare la popolare Ford guidata tra gli altri da Starsky & Hutch; è un film “minore”, relativamente a basso costo, che va con la lente di ingrandimento ad analizzare la microstoria dell’unico vero vecchio Americano (in realtà un polacco...Kowalsky), reduce dalla Corea e dipendente della Ford, rimasto in un quartiere ormai colonizzato da extra comunitari, in gran parte asiatici. Lui non ne vuole sapere di integrarsi, ma si sa... la solitudine e le buone maniere altrui buttano giù anche i muri più solidi. Così, indignato dagli efferati crimini di una gang verso la famiglia dell’ormai suo amico il giovane Tao, il burbero Kowalsky entra a piedi uniti nelle vicende di quartiere.
Una volta, caro Clint, tu e la tua 44 Magnum avreste fatto un macello, ma... gli anni passano... e oggi l’unica arma che ti rimane è la tua corteccia, per cui ti limiti a mimare gli spari con le mani e ti immoli in prima persona a fin di bene.
Non sono personalmente molto d’accordo sulla scelta che oggi sembrerebbe di gran moda (vedi Muccino) di morire per gli altri: tutto sommato il nostro corpo è un tempio da custodire e se ci pensi bene ci sono migliaia di modi di rendersi utili da vivi... ma a ognuno le sue scelte morali...
E aggiungo che non sono nemmeno molto d’accordo con il climax che trasforma gang di ragazzini che fanno bravate in efferati assassini e stupratori (anche quest’ultima figura di gran moda).
Ma al di là delle scelte morali, che comunque hai il merito di porre, non posso non elogiarti per tirar fuori solo pellicole di qualità e personaggi accattivanti a 360 gradi.
Non provare ad andartene in pensione!
Alla prossima, dunque. Un saluto di stima.
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giuseppe th. dreyer
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lunedì 30 marzo 2009
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il tempo del cambiamento
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Ennesima regia per eastwood ormai settatontenne e con una esperienza che solo i grandi del cinema posso fregiare. In Gran torino oltre a dirigere interpreta walter kowalski, reduce di guerra, arrabbiato con il mondo e in perenne conflitto con esso. Ormai vedovo non ha rapporti che potrebbero definirsi tali con i figli e vive in quartiere abitato da immigrati asiatici con la sola passione per la sua Ford Gran Torino. L'esistenza Kowalski, burbero e razzista, si scontra con quella di thao, ragazzino senza padre, vessato da una gang di teppisti che lo vogliono arruolare tra le proprie fila, li propongono anche una prova di iniziazione, rubare la Gran Torino del suo vicino. Thao maldestramente fallisce e anzi viene salvato in una lite con la gang dal suo burbero vicino.
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Ennesima regia per eastwood ormai settatontenne e con una esperienza che solo i grandi del cinema posso fregiare. In Gran torino oltre a dirigere interpreta walter kowalski, reduce di guerra, arrabbiato con il mondo e in perenne conflitto con esso. Ormai vedovo non ha rapporti che potrebbero definirsi tali con i figli e vive in quartiere abitato da immigrati asiatici con la sola passione per la sua Ford Gran Torino. L'esistenza Kowalski, burbero e razzista, si scontra con quella di thao, ragazzino senza padre, vessato da una gang di teppisti che lo vogliono arruolare tra le proprie fila, li propongono anche una prova di iniziazione, rubare la Gran Torino del suo vicino. Thao maldestramente fallisce e anzi viene salvato in una lite con la gang dal suo burbero vicino. Cosi kowalski inzia a conoscere la cultura che disprezza e in parte scoprendola più vicina a lui e avente ancora i valori che persino i suoi figli non hanno più. Film che a una lettura veloce e semplice può urtare per l'aperto razzismo del protagonista e per lo svolgersi classico e buonanista della vicenda. Ad una lettura più profonda emerge il rapporto che si costruisce tra i due protagonisti, kowalski, reduce perseguitato dai fantasmi di guerra vede in thao quello che non sono i suoi figli biologici in quanto portatore di valori dagli altri dimenticati. Il personaggio interpretato da un ottimo eastwood segue una parabola evolutiva nel film arrivando alla fine ad evitare per thao l'orrore dell'uccidere che l'ha perseguitato per tutta la sua vita.
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duffysmarty
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lunedì 30 marzo 2009
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clint non ne sbaglia una
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Gran Torino, mi sono lasciata convincere, all'inizio ero titubante, non so perchè...forse il nome, la trama letta male, però mentre passavano i titoli di coda e le luci si accendevano ho pensato: " voglio applaudire" perchè è un film che ti lascia con la sensazione di aver "occupato bene il tuo tempo" che valeva la pena di vedere e forse rivedere perchè Clint non ne sbaglia proprio una, ormai vicino agli 80 anni sembra un ragazzo in alcune scene mentre in altre ci rendiamo conto che non lo è più, ma ci piace perchè ci fa ridere e piangere. Non ci vuole dare nulla di scontato, anche nel finale e poi diciamocelo, il giovanne Hmong e il vecchio polacco alla fin fine si assomigliano; Clint vede nel loro popolo la purezza la semplicità dei gesti e ci fa vedere un occidente cattivo e maleducato senza pietà per le persone anziane.
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Gran Torino, mi sono lasciata convincere, all'inizio ero titubante, non so perchè...forse il nome, la trama letta male, però mentre passavano i titoli di coda e le luci si accendevano ho pensato: " voglio applaudire" perchè è un film che ti lascia con la sensazione di aver "occupato bene il tuo tempo" che valeva la pena di vedere e forse rivedere perchè Clint non ne sbaglia proprio una, ormai vicino agli 80 anni sembra un ragazzo in alcune scene mentre in altre ci rendiamo conto che non lo è più, ma ci piace perchè ci fa ridere e piangere. Non ci vuole dare nulla di scontato, anche nel finale e poi diciamocelo, il giovanne Hmong e il vecchio polacco alla fin fine si assomigliano; Clint vede nel loro popolo la purezza la semplicità dei gesti e ci fa vedere un occidente cattivo e maleducato senza pietà per le persone anziane. Mi scende una lacrima perchè oramai siamo affezionati a quel vecchio che più che altro vuoe bene a sua moglie, al cane Daisy e alle sue sigarette, ma soprattutto alla sua GRAN TORINO. Clint si è messo alla prova per l'ennesima volta davanti alla macchina da presa ci ha fatto vedere che la bontà è nascosta in piccole cose nei gesti più semplici e che in un modo o nell'altro purtoppo, la giustizia prevale sempre. Egli sa più della morte che della vita, ma prende una decisione, si confessa, si fa la barba e un vestito su misura...Grazie Clint per le emozioni che ci regali!
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francesca meneghetti
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domenica 29 marzo 2009
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una rivisitazione del mito della frontiera
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Difficile non ripetere quanto è già stato detto in termini di apprezzamento su "Gran Torino", ma , a caldo, si possono proporre alcune impressioni frammentarie. Il film emoziona, non solo per l’intensità di alcuni momenti drammatici, ma perché si ha l’impressione che Clint Eastwood, al pari del suo protagonista, voglia lasciare un suo ultimo messaggio al pubblico, quasi custodisse dietro la sua scorza secca e rugosa, un segreto sul suo destino (il tema della morte, dal cui riflesso si illumina la vita, c’era anche in Million Dollar Baby, solo che visto da un altro punto di vita). Il testamento morale che il grande attore-regista ci consegna è che il sentimento tipicamente americano della “frontiera”, che si traduce nella franchezza del linguaggio portata all’estremo, nel mito dell’autodifesa spinta fino all’aggressività, non deve disgiungersi dalla giustizia e dall’umanità (in Million Dollar Baby, sfidando la legge, qui rispettandola).
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Difficile non ripetere quanto è già stato detto in termini di apprezzamento su "Gran Torino", ma , a caldo, si possono proporre alcune impressioni frammentarie. Il film emoziona, non solo per l’intensità di alcuni momenti drammatici, ma perché si ha l’impressione che Clint Eastwood, al pari del suo protagonista, voglia lasciare un suo ultimo messaggio al pubblico, quasi custodisse dietro la sua scorza secca e rugosa, un segreto sul suo destino (il tema della morte, dal cui riflesso si illumina la vita, c’era anche in Million Dollar Baby, solo che visto da un altro punto di vita). Il testamento morale che il grande attore-regista ci consegna è che il sentimento tipicamente americano della “frontiera”, che si traduce nella franchezza del linguaggio portata all’estremo, nel mito dell’autodifesa spinta fino all’aggressività, non deve disgiungersi dalla giustizia e dall’umanità (in Million Dollar Baby, sfidando la legge, qui rispettandola). Difficile stabilire se il tema del razzismo, ovvero delle tensioni tra diverse etnie, acuite dalla crisi e dall’insicurezza, sia prioritario o strumentale rispetto a questa intenzione, ma propenderei per la seconda ipotesi. Walt Kowalski si muove in un mondo trasformato dai tempi, in cui i nipoti, allo stesso titolo delle bande giovanili, sono “strani animali” osservati con occhio moralistico più che antropologico, con pregiudizio convinto. E tuttavia, poiché il film si può definire anche “di formazione”, a crescere e a trasformarsi non è solo il timido Thao, il ragazzo hmong vicino di casa, ma anche lo stesso Walt: che riesce a vedere, oltre le apparenze, chi sono davvero i suoi familiari e i suoi vicini, molto meno stranieri dei propri figli. Resta il dubbio se il razzismo di parola, che risulta sdoganato tra Walt e i suoi amici (Thao e la sorella Sue e il barbiere), sia sempre dissociabile dai fatti, così da risultare praticamente innocente. Molto interessante, invece, nell’ambito della questione del razzismo, la differenza per genere che si viene a determinare: Sue spiega che le ragazze si adattano meglio e finiscono al college, mentre i loro coetanei maschi, disadattati, finiscono in prigione. Però Sue, una donna, è quella che subisce la violenza peggiore: è come quei materiali resistenti e forti che rivelano improvvisamente, in particolari situazioni, la loro fragilità. In modo analogo, Clint copre il suo intenerimento nei riguardi della femminilità offesa dietro la maschera di duro e scorbutico, come già aveva fatto nei panni di Frankie, con Maggie, in Million Dollar Baby.
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marezia
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domenica 29 marzo 2009
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una riflessione sulla violenza
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Pellicola alla Eastwood (il che non è poco in un mondo in cui spesso i registi cambiano stile a seconda della materia da trattare senza averne uno a prescindere) dal ritmo inesorabilmente lento, come una marcia, lungo i viali dell'umanità, verrebbe da dire di ogni razza e colore; un'umanità varia quindi che però alla fine a ben guardare tanto diversa non è. Io l'ho vista come la rappresentazione della possibilità della riconciliazione col proprio passato inserita in una riflessione globale sul binomio vita/morte che da un piano patriottico si fa del tutto umano. E' un film antimilitarista secondo me, la cui fine dice tutto. Bello, e stranamente non preso in considerazione dall'Accademy.
Peccato!
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(di marezia)
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maurii75
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domenica 29 marzo 2009
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capolavoro, commovente
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Grande film, assolutamente da non perdere!
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emmanuela
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sabato 28 marzo 2009
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stupendo
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E' semplicemente stupendo! Clint Eastwood è una garanzia ed anche in questo film lo ha dimostrato! Non banale, a volte divertente ma soprattutto che fa riflettere, con un finale che ti lascia pietrificato perchè in fondo ti eri affezionato a quel vecchio arrabbiato col mondo e con chi diverso da lui che poi riscopri essere una persona vera e buona. Dovrebbero esserci più film come questi.
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