Anno | 2019 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Canada, Ungheria |
Durata | 115 minuti |
Regia di | François Girard (II) |
Attori | Clive Owen, Tim Roth, Catherine McCormack, Jonah Hauer-King, Eddie Izzard, Saul Rubinek Richard Bremmer, Gerran Howell, Julian Wadham, Amy Sloan. |
Distribuzione | Koch Media |
MYmonetro | 2,88 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 14 agosto 2020
Un uomo si mette alla ricerca del suo miglior amico scomparso trentacinque anni prima. Al Box Office Usa The Song of Names ha incassato nelle prime 7 settimane di programmazione 997 mila dollari e 78,8 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Martin Simmonds, 35 anni dopo la sparizione improvvisa dell'amico David Rapoport, violinista geniale sin dall'infanzia, lo cerca ovunque per fargli pagare le conseguenze di quella scomparsa che aveva portato alla morte del padre di Martin ma anche per scoprire il mistero di quanto accaduto alla famiglia di David deportata a Treblinka.
"Il Signore formò dal suolo ogni genere di animale selvatico e ogni uccello dei cieli, che condusse quindi all’uomo per vedere che nome gli avrebbe assegnato… L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cieli e a tutte le bestie del campo”. (Bereshit 2, 19-20). Nella tradizione ebraica l'assegnare il nome ha una fondamentale importanza. Nel Midràsh leggiamo che, dopo che l'uomo ha dato un nome a tutti gli esseri viventi Dio gli chiede di dare un nome a se stesso.
Il senso del titolo di questo film, tratto da un romanzo di Norman Lebrecht, nasce proprio dal bisogno (lo spettatore scoprirà in quale contesto) di fare memoria dei nomi di chi non c'è più con una variante altrettanto fondamentale nella cultura ebraica: la musica.
La musica nel film è suonata su uno strumento che ha segnato in maniera indelebile il tragico percorso del popolo ebraico, in particolare nel '900: il violino. Perché David è stato fin da piccolo un raffinato esecutore anche troppo consapevole della propria abilità ma proprio una sua mancata presenza, un'assenza di suono, ha segnato la fine di un rapporto, inizialmente contrastato ma poi divenuto solidale, con il quasi coetaneo Martin la cui famiglia aveva accolto e assistito il piccolo ebreo polacco.
Tim Roth è come sempre abile nel tratteggiare una pervicace detection che ha come obiettivo il ritrovare l'amico e Clive Owen potrà sorprendere più di uno spettatore nei panni (letteralmente) insoliti di un David adulto. La musica è il fil rouge di due esistenze che passano dal'usare la musica come indizio di superiorità a scoprirne l'enorme potenzialità evocativa. Sono due vite tese. L'amicizia/rivalità è la pece secca che bisogna passare sull'archetto dell'esistenza perché quest'ultima possa risuonare per tutti. Magari anche per una volta sola.
Interessante la prima metà del film alla ricerca del personaggio interpretato da Clive Owen e la ricostruzione della storia basata sui vari flashback, poi il secondo tempo ritmo e tensione cadono a picco e rendono il finale poco incisivo e per nulla soddisfacente