Dean Martin (Dino Paul Crocetti) è un attore statunitense, musicista, è nato il 7 giugno 1917 a Steubenville, Ohio (USA) ed è morto il 25 dicembre 1995 all'età di 78 anni a Los Angeles, California (USA).
Dopo aver esercitato numerosi mestieri, esordì come cantante di cabaret e divenne quindi 'spalla' di Jerry Lewis dapprima in un numero di varietà e successivamente, negli anni tra il 1949 e il 1957, in una serie di film comici (La mia amica Irma, 1949, di G. Marshall; Il sergente di legno, Quel fenomeno di mio figlio, 1951; Attenti ai marinai, 1942, tutti di H. Walker; Il cantante ma/to, 1952, Occhio ai/a palla, 1953; li nipote picchiatehlo, 1955 e Mezzogiorno di...fifa!, 1956, di N. Taurog; Hollywood o morte!, 1956, di F. Tashlin). Separatosi da J. Lewis, accanto al quale gli erano stati riservati solo ruoli convenzionali di giovanotto romantico e farfallone, si rivelò un buon attore, capace anche di recitare in modo convincente personaggi apatici e in crisi: I giovani leoni, 1957, di E. Dmytryk; Un dollaro di onore, 1958, di H. Hawks; Qualcuno verrà, 1959, di V. Minnelii; Chi era quella signora?, 1959, di G. Sidney; Colpo grosso, 1960, di L. Milestone; Il prezzo del successo, 1960, di J. Anthony; Tre contro tutti, 1961, di J. Sturges; Come ingannare mio marito, 1962 e Le cinque mogli dello scapolo, 1963, di D. Mann; Baciami, stupido!, 1964, di B. Wilder; I quattro figli di Kathie Elder, 1965, di H. Hathaway e Matt Heim il silenziatore, 1966, di P. Karl.
Un maschio latino alto, bello, bruno e seduttore, ma senza ombra di sopraffazione o d’aggressività. Anzi buono, con la faccia sorridente e furba e con troppi ricci lustri, edonista, disinvolto, scanzonato, spesso interprete di personaggi amanti del divertimento un po’ fatui, magari sbruffoni o loschi: cantante donnaiolo, impresario teatrale, giovanotto del varietà, giocatore d’azzardo o di golf, sceriffo alcolizzato, agente segreto, insegnante di ginnastica, cow-boy. Il fascino ai cinema di Dean Martin sta nella sua simpatia (e poi malinconia): era vecchio, da dodici anni non girava più film, eppure sembra impossibile non poter vedere più le sue abbaglianti giacche bianche e i suoi denti abbaglianti, le sue controscene manierate e divertenti, la sua eleganza un po’ cafona e un po’ sensuale, la sua scherzosità persistente anche nei western, la dolcezza sicura con cui in mezzo a una scena, a proposito o no, attaccava a cantare con quella sua voce antiquata, melodiosa e bellissima. Al cinema, Dean Martin arrivò accanto a Jerry Lewis: s’erano conosciuti nel 1946 nelle notti di Atlantic City. Al club “500”, Lewis faceva sin da bambino l’imitatore, il cantante, il comico; Martin aveva quasi trent’anni, aveva sperimentato senza fortuna cento mestieri, faceva l’intrattenitore, il cantante. Si misero insieme, duo brillante per night club, radio, teatri e televisioni, fenomeno dello spettacolo leggero americano, cantante-comico alla maniera della coppia più famosa del momento, Bing Crosby-Bob Hope; infatti proprio con uno dei registi fissi di Crosby-Hope, George Marshall, debuttarono per intuizione del produttore Hal Wallis in La mia amica Irma, nel 1949. Recitarono insieme in oltre quindici film, sempre diretti dagli stessi registi di commedia (Marshall, Frank Tashim, Norman Taurog), a volte d’un divertimento strepitoso: Artisti e modelle, Il nipote picchiatello, Morti di paura, Occhio alla palla (in cui Dean Martin cantava uno dei suoi hit, That’s Ammore). Hollywood o morte fu l’ultimo, nel 1956: Lewis cinefilo vincitore alla lotteria e Martin cantante andavano a Hollywood per conoscere Anita Ekberg in persona. In quegli anni di coppia, Dean Martin era la spalla dei film, il regolare, il bello, il serio, il seduttore, mentre Jerry Lewis era l’anarchico, l’imbranato, il brutto, il pazzo, il comico: si completavano e si divertivano; Martin è sempre stato amato dai cineasti anche perché era un compagno di lavoro molto piacevole, divertente, affettuoso e di buon carattere, beveva forte, mangiava con gusto e giocava benissimo a poker. Nonostante la separazione da Jerry Lewis rappresentasse una frattura di carriera che avrebbe potuto essere letale, anche grazie all’amico Frank Sinatra e agli amici dell’amico, Dean Martin seguitò a lavorare molto e bene: Con Howard Hawks in Un dollaro d’onore accanto a John Wayne, con Edward Dmytryk nei Giovani leoni accanto a Marlon Brando e a Montgomery Clift, con Billy Wilder in Baciam stupido, con Robert Aldrich in I quattro del Texas. Western, commedie, poi gli altri generi via via alla moda nel corso del tempo: film-spionaggio nei Sessanta di James Bond, col personaggio dell’agente segreto Matt Helm; film-catastrofe nei Settanta(Airport); film d’azione dementi negli Ottanta(La corsa più pazza d’America, La corsa più pazza d’America 2 che fu il suo ultimo film nel 1983, a sessantasei anni). Certo non è stato un grande attore, Dean Martin: ma Una di quelle presenze simpatiche, calde, eclettiche, professionalmente molto capaci anche nelle rare interpretazioni drammatiche, grazie alle quali Hollywood ha conservato la propria ricchezza e prolungato il proprio mito.<
Bells will ring! Tings linga ling! And you’ll sing vita bella, faceva una sua canzone famosa. Vita bella un corno. Quella di Dino Paul Crocetti, in arte Dean Martin, sembra un romanzo dark di James Ellroy. O un affresco malavitoso alla Martin Scorsese. Non a caso proprio il regista di Gangs of New York ha manifestato a più riprese l’intenzione di trasformare in film Dino, la voluminosa biografia di Nick Tosches sul crooner più idolatrato d’America dopo Frank Sinatra. A dieci anni dalla pubblicazione negli Usa, il libro arriva adesso in Italia, gettando una luce cruda su oltre mezza secolo di showbiz. E non solo.
Perché nella storia dell’italiano Dean Martin sfilano comparse di lusso che si chiamano John e Robert Kennedy, Edgar J. Hoover e Fiorello La Guardia. Oltre a una sfilza di memorabili fetenti: Frank Costello, Joe Valachi, Sam Giancana, Lucky Luciano... Dean non fu uno di loro. Ma per un soffio. «Sarebbe entrato nel giro se non avesse avuto la bella voce che aveva», diceva di lui il gangster Mickey Cohen.
Bische, intrallazzi, risse, guappi che azzannano il sogno americano fino a rompersi i denti: sin da ragazzino la vita appare a Dean Martin come un immenso racket. Era cresciuto nei vicoli di Steunbevile (Ohio), figlio di un barbiere abruzzese. Erano gli anni del proibizionismo e le lozioni antiforfora andavano a ruba perché i bootleggers ne ricavavano devastanti beveroni alcolici che mandavano il cervello in pappa. Ma Dino ci andrà sempre piano coi drink. E anche questo servirà a salvarlo dallo sfacelo. La voce d’angelo farà il resto. «Il momento più bello della mia vita», amava ricordare, «è stato quando ho capito che potevo indossare lo smoking e fare qualche soldo semplicemente cantando».
Cantando soprattutto quelle sue italian love songs (da That’s amore a Mambo italiano) infarcite di agghiaccianti mozerella tarandella, pasta e fagiole e altre amenità «made in Broccolino». Sorridenti smandolinate kitsch: adesso accompagnano gli spot televisivi del minestrone surgelato, ma all’epoca fecero di Martin l’icona latina per eccellenza, oltreché, ovviamente, il vessillo di una comunità.
Debuttò giovanissimo, a 17 anni, nel 1934. Girava per i night dl provincia. «La band romantica con la star Dino Martini, nuova sensazione canora, spuntino da 35 cent, niente coperto», recitavano le locandine. Per fare carriera, però, ci vuole naso e lui non aveva quello giusto. Ce l’aveva grosso e storto. Perciò con i primi dollari messi da parte si paga una rinoplastica. Nel 1946 incontra un ragazzo ebreo nevrotico, impasticcato ed esilarante che si chiama Jerry Lewis. Con show e film avrebbero fatto sbellicare l’America come non succedeva più dai tempi di Gianni e Piriotto. Fino a quando il sodalizio non divenne rivalità e odio cordiale. Dean, il piacione dall’ugola di velluto, non ci si vede più a far da spalla al pagliaccio. Sognala scalata al cielo in solitario, il cinema, quello vero. Ormai può permetterselo: ha le conoscenze che ci vogliono e piace alle donne. Alle feste stropiccia Lana Turner davanti al molto accomodante marito di lei, «Per Dean il sesso era un’esperienza sacra, più o meno quanto soffiarsi il naso», dicevano gli amici.
Il gran salto, Mr. Crocetti io spicca neI 1958 quando, in circostanze fortunose, io infilano nel cast del film I giovani leoni; accanto alle due star più venerate del momento: Marlon Brando e Montgomery Clift. A scuola.da loro, diventerà un attore convincente. Del metodo introspettivo di Brando raccontava: «Non mi diceva come recitare. Mi suggeriva solo a che cosa dovevo pensare». A Marlon, invece, lui fu utile in almeno un’occasione. Una mattina, durante le riprese in Europa, il «selvaggio» si stava preparando il tè, ma qualcuno lo urtò per sbaglio rovesciandogli l’acqua bollente sulle parti intime. L’ustione rese necessario il ricovero in ospedale. Martin, però, aveva prestato i primi delicatissimi, e forse decisivi, soccorsi. A quel punto era davvero pronto per la consacrazione.
Che arrivò l’anno successivo. Nel 1959 Dean interpreta i due ruoli in cui è praticamente racchiusa tutta la sua fortuna hollvwoodiana: il pokerista crepuscolare di Qualcuno verrà; sapiente melodramma di Vincente Minnelli con Frank Sinatra e Shirley MacLaine. E poi il commovente vicesceriffo che tenta di strapparsi dall’alcolismo in Un dollaro d’onore, di Howard Hawks, accanto a John Wayne. Entrambi ruoli da comprimario, ma di rango. A paragone, i film successivi da protagonista rimangono quasi tutti trascurabili.
Grande, talvolta magnifico: ma eterno numero due. Un identico destino da gregario gli toccò anche nella carriera musicale. Sapeva di non poter competere con lo charme dell’antagonista Frank Sinatra. Allora non gli restò che farselo amico. Negli anni Sessanta danno vita al Rat Pack, fin troppo mitizzata combriccola artistica, lobbistica, e soprattutto godereccia. Ne facevano parte anche Sammy Davis jr. e Peter Lawford. Insieme, interpretano diversi film diciamo fumetti, fra cui Colpo grosso. Qualche anno fa Steven Soderberg ne ha ricavato il remake Ocean’s Eleven, con George Clooney e Brad Pitt. E ora prepara il sequel.
Con Sinatra & Co. l’intesa andava ben oltre il set. Compagni di gioco e di bevute, agganciavano attricette in erba o segretarie degli Studios e, dopo l’uso, se le scambiavano. Oppure le passavano ai giovani rampanti della politica, sperando che un domani avrebbero ti-cambiato con altri favori. Tra questi, un ragazzo irlandese che s’era messo in testa di diventare presidente degli Stati Uniti. John Fitzgerald Kennedy aveva una famiglia ricca e la faccia giusta per la Casa Bianca. Ma necessitava ancora di qualche aiutino. Chissà poi se fu eletto con soldi e voti della mafia. Di certo arrivò alla presidenza anche grazie ai dollari di Sinatra e dei suoi amici. E una volta al vertice voltò loro le spalle, perché erano diventati compromettenti. Risultato: The Voice si arrabbiò moltissimo e ripagò Kennedy buttandosi coi repubblicani. Martin, invece, se ne infischiava. Più saggio e distaccato. Perciò più rispettato dai potenti. Alla fine, ricordano i testimoni, era Frank che invidiava Dean e non viceversa. Altra beffa del destino.
Dino Paul Crocetti è morto nel 1995, dopo matrimoni falliti e altre turbolenze familiari. Ma la sua parabola s’era esaurita da decenni. A spedire in soffitta smoking e tarandele avevano pensato, prima Elvis (che però ammirava Martin e conosceva a memoria tutti i suoi successi) e poi i Beatles.
Nei confronti dei Fab Four, tuttavia, una piccola soddisfazione Dino se la tolse: nel 1964, davanti alla gente che impazziva sulle note di She loves-you-yeah-yeah-yeah, prometteva: «Vedrete. Sbatterò fuori i vostri amichetti dalla classifica». Pochi mesi dopo, con Everybody Loves Somebody, il crooner della vecchia guardia scalzava A Hard Day’s Night dalla vetta delle hit.
Da Il Venerdì di Repubblica, 17 settembre 2004