Allevata dalla madre e da un patrigno, la piccola Janet prese lezioni di recitazione e durante la guerra mondiale, assieme alla sorella maggiore, diede qualche spettacolo da bimba prodigio nelle caserme navali.
Quando la famiglia si trasferì a Los Angeles, le due sorelle, ormai due signorinette, trovarono lavoro come segretarie negli studi di Hal Roach, celebre produttore di comiche slapstick. Il passaggio da dietro la scrivania a davanti la macchina da presa fu per Janet assolutamente normale. E si trovò a lavorare con Glenn Tryon in film di due bobine che raccontavano minute vicende familiari di una coppia di sposi novelli. Nel 1926, stanca di queste storielle tirate via senza troppa cura, Janet si presentò alla Fox, che le offrì un contratto di due anni. Ma anche qui le occasioni che le venivano offerte non differivano molto da quelle precedenti. Invece di essere in due, erano in quattro bobine, e al posto dei bisticci si trattava di western.
La fortuna di Janet fu che Winifield Shehan, vice-presidente e incaricato della produzione, si accorse del naturale candore di questa giovane promessa e decise di proporla a F.W. Murnau, il grande regista tedesco che era appena giunto a Hollywood per realizzare Sunrise, A Story of Two Humans (1927), come interprete del film accanto a George O'Brien, fino ad allora sprecato come westerner. La trama di Sunrise è semplice - una seducente «donna di città» cerca di indurre l'uomo di campagna di cui s'è invaghita a sbarazzarsi della moglie, annegandola; l'uomo sul punto di commettere l'uxoricidio si pente e si riconcilia con la moglie che lo perdona - ma Murnau seppe trarre dalla poetica sceneggiatura di Carl Mayer momenti di intensa drammaticità e di agreste dolcezza. Janet, nella parte della moglie, resa con una soave mitezza ricca di sottili sfumature, giustificò pienamente le previsioni di Shehan.
E appena terminato Sunrise, è Frank Borzage, regista dai toni intimisti e sommessi, a dirigerla insieme al nuovo compagno Charles Farrell in Seventh Heaven (1917), il film che la consacrerà come l'erede di Mary Pickford: senza però quella grazia civettuola e francamente insopportabile di cui la «fidanzata d'America» ormai sul viale del tramonto, non sapeva fare a meno.
La piccola e lentigginosa Janet Gaynor diventa il simbolo della ragazza sentimentale per eccellenza e, come la Pickford, si specializza in questo personaggio; o meglio ne resta imprigionata, perché ogni volta che cercherà di ottenere ruoli diversi, riceverà solo promesse mai mantenute. E poiché Seventh Heaven ha fatto il pieno nei cinematografi di tutto il mondo, la «coppia ideale» Gaynor-Farrell, di cui i fan-magazine non fanno altro che annunziare il futuro matrimonio (anche se Farrell è felicemente sposato con Virginia Valli e Janet ha altri interessi), interpreterà, nell'idolatria di un pubblico sempre trepidante di fronte a storie da bibliotechina rosa, altri dieci film: da Street Angel (1928) e Lucky Star (1929) via via fino a Change of Heart (1934), l'ultimo della serie ormai allo stremo per sopraggiunta saturazione.
Janet - primo Oscar della storia per questi film - rimase così l'eroina di queste vicende grondanti patetici umori, sempre scodinzolante attorno al maschio aitante e protettivo (e Farrell lo era), facendo inzuppare i fazzoletti delle spettatrici intenerite dai tanti guai che le cadevano addosso.
A Star Is Born (1937), il film che avrebbe dovuto segnare il ritorno alla grande di Janet dopo che la serie con Farrell si era arenata, ne segnò invece il definitivo tramonto. Il suo tempo era scaduto. L'anno dopo si ritirò a vita privata.
Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.