Dei 14 titoli candidati a Miglior film la metà sono diretti da registe (anche Maura Delpero per Vermiglio), mentre nella categoria Miglior documentario arriviamo quasi all’en plein.
di Paola Casella
È da tempo la politica degli European Film Awards riconoscere adeguata rappresentanza alle professioniste del cinema, ma mai come quest’anno la presenza femminile è paritaria, per non dire preponderante, nelle candidature ai premi che l’Accademia europea del cinema attribuisce ai migliori talenti del Vecchio continente. Dei 14 titoli candidati a Miglior film, ad esempio, la metà sono diretti da registe: oltre alla nostra Maura Delpero, candidata per Vermiglio, ci sono Lina Soualem per Bye Bye Tiberias, Mati Diop per Dahomey, Alina Maksimenko per In Limbo, Kristina Dufkova per Living Large, Isabel Herguera per Sultana’s Dream e last but not least Coralie Fargeat per The Substance, più Rachel Szor, parte femminile del team registico di No Other Land.
Se poi passiamo alla categoria Miglior documentario arriviamo quasi all’en plein: Soualem, Diop e Maksimenko costituiscono i tre quarti dei concorrenti in gara, più di nuovo Rachel Szor come parte del team di cui sopra. Questo conferma un’altra constatazione avvenuta in tempi recenti, ovvero che le registe dei film di realtà sono sempre più numerose (forse anche perché i documentari sono meno costosi dei film di finzione e consentono un maggior accenso di entrata alle opere prime).
A proposito di opere prime, anche nella categoria Miglior scoperta – Prix FIPRESCI siamo (finalmente) arrivati (o meglio, arrivate) ad una situazione al 50/50: alle inglesi Luna Carmoon con Hoard e Sandhya Suri con Santosh si aggiunge la lituana Saule Bliuvaite con Toxic. Quel che è ancora più degno di nota è che al centro dei loro film ci sono figure femminili protagoniste, davvero motrici della storia: in Hoard una bambina e poi un’adolescente che cerca di dare un ordine alla sua vita dopo essere stata tolta ad una madre che collezionava spazzatura; in Santosh una poliziotta vedova che gestisce un’indagine insieme ad una collega più anziana e scafata di lei; e nel vincitore del Pardo d’Oro Toxic due tredicenni disposte a tutto pur di intraprendere la carriera di modelle.
Le donne sono protagoniste anche in molti dei film diretti da uomini in concorso agli EFA: dalle tre mattatrici di Emilia Perez di Jacques Audiard, una delle quali, la trans Karla Sofia Gascon, è candidata come Miglior attrice (a Cannes erano invece state premiate anche Zoe Saldana e Selena Gomez), alle due amiche di La stanza accanto di Pedro Almodovar (qui è Tilda Swinton ad aver ottenuto la nomination nella stessa categoria) già Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia; da Renate Reinsve, protagonista di Armand (candidato sia come Miglior film che come Miglior scoperta) del nipote di Ingmar Bergman e Liv Ullman Halfdan Ullman Tondel, al trio madre e figlie al centro della vicenda di Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof, già Premio speciale della giuria all’ultimo Festival di Cannes.
Fra le candidature come Migliori attrici ci sono anche due regine del cinema danese come Trine Dyrholm e Vic Carmen Sonne, anche se il film che hanno interpretato insieme, The Girl With The Needle di Magnus von Horn, in concorso all’ultimo festival di Cannes, non è stato candidato nella categoria principale. Troviamo due firme femminili nella cinquina di candidati per la Miglior regia: una è Maura Delpero, trionfatrice anche al botteghino, l’altra è la britannica Andrea Arnold. Una nomination infine alla Miglior sceneggiatura per la francese Coralie Fargeat, che ha già vinto lo stesso premio sulla Croisette.