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Il cinema di Marco Berger: i giochi nella stanza degli uomini

Il regista argentino, da anni riferimento per gli amanti del cinema LGBTQI+, è protagonista al Nuovo Olimpia di Roma di una retrospettiva all’interno della rassegna Orgoglio e Pregiudizio. VAI ALLO SPECIALE »
di Fabio Secchi Frau

Manuel Vignau . Interpreta Bruno nel film di Marco Berger Plan B.
sabato 30 marzo 2024 - Focus

La stanza dei giochi degli uomini è diventata più grande e irregolare. C'è spazio per tutti, anche per chi, come Marco Berger - protagonista di una retrospettiva al Nuovo Olimpia di Roma, nell'ambito della rassegna "Orgoglio e Pregiudizio" curata da Cesare Petrillo - vuole raccontare la pregevole verità del cinema contemporaneo di quegli uomini che per troppo tempo sono stati odiati e tenuti lontani da altri uomini. All'inizio, il regista argentino ci mette solo un piede dentro, facendo precedere i suoi lungometraggi da emozionati corti (El reloj, Una última voluntad). Ha trentuno anni, gli studi all'Universidad del Cine di Buenos Aires sulle spalle e tanta esperienza da osservatore dell'umanità negli occhi. Vuole fare il narratore per tutta la sua vita, c'è poco da fare.

È persino in grado di percepire la volontà della sua città di cambiare gioco e giocatori. Così la asseconda e ci fa entrare dentro anche la metà scandinava della sua anima, quella ereditata dal padre norvegese, che gli ha permesso di vivere tra laghi e ghiacci del Nord Europa e fare suoi i lunghi silenzi, gli sguardi carichi di tensione e quell'incomunicabilità che sono peculiarità a noi arrivate grazie alla macchina da presa di Ingmar Bergman.

La prima partita vinta è anche il suo primo vero momento di gloria. Arriva tutto con Plan B (2009), subito un cult per gli amanti del cinema LGBTQI+. Lei lascia lui per stare con l'altro. Lui non l'accetta e vuole fare innamorare l'altro di un'altra. Ma il gioco è anche inganno di se stessi, quindi il dubbio di una certezza che si credeva assoluta. E se fosse lui a far innamorare l'altro? Il piano B di una vendetta che, se fosse più raffinata e spietato, sarebbe Les dames du Bois de BoulognePlan B arriva anche alla Festa del Cinema di Roma e ad altri importanti festival ed è la spinta necessaria per scrivere e dirigere i suoi prossimi progetti.

Dopo il corale Cinco (2010), arriva infatti Ausente - Assente, Teddy Award come miglior film al Festival del Cinema di Berlino del 2011, che sancisce gli elementi del suo stile futuro: i prolungati mutismi alternati ai dialoghi minimalisti, come sintomi di barriere tra gli individui; l'ansia emotiva e il desiderio omoerotico celati dietro gli sguardi; e l'esaltazione dell'atmosfera suspense nella trama. Ausente - Assente è la storia di una seduzione a doppia lama. Uno studente prova un interesse particolare per il suo insegnante di nuoto, nascondendolo dietro premure e attenzioni, fino a quando non compie una vera e propria invasione, che gli verrà restituita indietro sotto forma di nuova ossessione.


In foto una scena del film Ausente - Assente di Marco Berger.

Le analisi di queste relazioni uomo/uomo permeano tutta la filmografia di Berger. Per il cineasta cresciuto sotto l'obelisco del barrio di San Nicolás, la sessualità di qualunque individuo deve essere intesa nel senso evolutivo-affettivo più ampio del termine, ed è anche il punto di partenza di ogni conflitto interiore identitario, che spesso si manifesta proprio con l'incapacità di una connessione verbale tra le persone.

Questa lettura intima e drammatica si trova anche in Hawaii (2013), dove Berger dà voce a due amici agli opposti per differenze sociali, vittime del potere attrattivo esercitato l'uno sull'altro, che si sentono liberi solo quando esprimono la propria fisicità, attraverso una vitalità qui resa estremamente poetica ed estetica. Primi piani, inquadrature ravvicinate, sequenze prolungate e campi lunghi, in un'esplosione di goliardica affinità maschile che, come l'importante presenza dell'acqua nei suoi film, prende le forme più diverse e accomuna amore, incomprensione, violenza o piacere. Un mai sgualcito gioco di potere e di scambievoli esibizioni. Difficile non rimanere impigliati nelle reti di quelle sottili espressioni di coinvolgimento e dietro tutti quei momenti di non detto, dove vengono enfatizzate emozioni in grado di creare una progressiva intimità che, senza interruzioni, aumenta anche la tensione narrativa. E la più grande lezione che ci sta insegnando è sempre la stessa: nessuno può rimanere come è, anche coloro che credono immutabili i solidi muri del proprio statico machismo. Il nuovo uomo-giocatore è flessibile nella propria risposta sessuale e il gioco principale è quello dell'esplorazione e della scoperta di se stessi e dell'altro.

Questo messaggio artistico, ormai largamente riconosciuto da critica e pubblico, trova il suo apice in Mariposa (2015). Il film gioca con l'idea delle realtà alternative e delle conseguenze delle decisioni prese, per l'appunto l'Effetto Farfalla. Ancora una volta, abbiamo un difficile arazzo di lacerate identità personali e relazionali, cui si aggiungono i doppi binari creatori di nuovi (dis)equilibri, che offrono a Mariposa l'aspetto di un'opera fortemente sofisticata, tesa e non convenzionale.

Altro film manifesto del suo stile è il successivo Taekwondo (2016), diretto con accuratezza in tandem assieme a Martín Farina. Forte e semplice, low-budget perché le grandi produzioni ancora sottovalutano le sue opere, Taekwondo si infila nelle dinamiche di un gruppo di amici in una rilassante vacanza, per descrivere i percorsi delle reali sensazioni non dichiarate che, improvvisamente, risvegliano il senso del desiderio amoroso, facendo breccia nei cuori e nei corpi più romanticamente predisposti al completamento reciproco.


In foto una scena di Taekwondo di Marco Berger.

Ma la ricerca formale e di sostanza di Berger non si ferma a questo titolo e, nei successivi tre anni, il regista lavora all'ombroso Un rubio (2019), dove un ragazzo, da spettatore delle passioni del proprio coinquilino, ne diventa lentamente l'attore protagonista.

Nonostante utilizzi raramente le sue esperienze personali, preferendo ricorrere alle fantasie e ai problemi cui è interessato, ammette che alcune delle sue esperienze lo hanno aiutato a realizzare opere come El cazador, che sbarca nelle sale nel 2020, con la storia di un quindicenne che passa i suoi giorni solitari in casa con un ragazzo appena conosciuto. Ancora una volta, vediamo tutta la violenta tensione che si accumula in un teen thriller sociale di peso. Cattivi ragazzi, video sessuali amatoriali, ricatti, amore e bugie sono un tutt'uno, immersi nell'azzurro cloro di una piscina o nel verde smeraldo della vegetazione domestica e urbana, che ci fa apparire come selvaggi animali, cacciatori e prede, l'uno e/o l'altro e, forse, entrambi insieme.

Una visione della società degli uomini latini immersa nella fratellanza carnale, che si fraziona fino ad andare in pezzi, seguendo un gusto visivo che è vicino a contrasti ed eccessi troppo veementi, ma che si esprime più dolcemente a livello fotografico, con penombre taglienti o sfumate, come avviene in Los Agitadores (2022), dove la tossicità maschile di un gruppo di amici che decidono di fare una vacanza senza le loro partner, tra droga e scherzi, diventa la miccia che altererà e minaccerà la dispersione della loro unione. Per la prima volta, osserveranno loro stessi e il disgusto di uno spettacolo anche omofobico che, per qualche ragione, li soggioga visceralmente, virando dai freddi ambienti interni a quelli esterni con l'immancabile piscina, in una tavolozza più calda ed energica.

Il cinema di Berger è quindi un turbinio di emozioni, che si distacca da quello d'intrattenimento, per mettere in contatto l'uomo coi giochi sentimentali più inconfessabili, quei maliziosi e profondi divertimenti privati nei quali è difficile trovare un compagno con cui fare squadra.


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