Cinque anni dopo Raw, oggetto insolito e folgorante che giocava beatamente con le attese del genere horror, Julie Ducournau torna con un film che quelle attese le riduce in cenere, superando ogni limite e cortocircuitando codici e stereotipi. Miglior Film a Cannes e dal 1° ottobre al cinema.
di Marzia Gandolfi
Cinque anni dopo Raw, debutto 'incisivo' e oggetto insolito che giocava beatamente con le attese del genere horror, Titane le riduce in cenere, superando ogni limite e cortocircuitando codici e stereotipi.
Julia Ducournau, autrice che conferma il suo stordente talento visivo e la singolarità del suo universo, al confine con la serie B, accompagna la sua eroina con un uomo che ha il corpo di Rambo e si fa di dolore e steroidi. Due 'mostri' del cinema (anni Ottanta) si incontrano e generano una nuova umanità, un nuovo film di carne e metallo che evoca le sperimentazioni organiche del primo Cronenberg e, dall'altra parte dello spettro cinefilo, il gesto per il gesto di Leos Carax, soltanto più triviale. '
Il successo folgorante di Raw ha tolto ogni inibizione a Julia Ducournau che traccia una via originale nel cinema di genere francese e nel quadro ordinario della fiction francese. Come per il suo film precedente, Titane è una bomba metaforica. Più che un film d'orrore destinato a far tremare i velluti dei multiplex, è una fantasia sulla mutazione dei corpi e delle identità che pratica l'arte della messa in scena come una fede. Ogni sequenza fonde materie contrarie, metallo e olio motore, fiamme e lacrime, partorendo (letteralmente) un genere nuovo e non identificato.
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