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Festival di Cannes, vince Dheepan di Jacques Audiard

Gran Premio della Giuria a Son of Saul e miglior regia Hou Hsiao-Hsien.
di Giancarlo Zappoli

Il regista Jacques Audiard insieme ai due protagonisti del suo "Dheepan", Palma d'oro al Festival di Cannes.
Jacques Audiard (72 anni) 30 aprile 1952, Parigi (Francia) - Toro. Regista del film Dheepan - Una nuova vita.

domenica 24 maggio 2015 - Gallery

La 68^ edizione del Festival di Cannes si chiude con un bilancio del Concorso ufficiale che presenta delle luci ma anche molte ombre. Essendo sempre direttore artistico il brillante ed esperto Thierry Fremaux viene da chiedersi come mai ci sia stata tanta differenza tra quest'anno e il precedente in cui ai giurati si presentava davvero la difficoltà della scelta.
Si andava dai Dardenne con Due giorni, una notte al giovanissimo ma talentuosissimo Xavier Dolan con Mommy, dal vincitore di una più che meritata Palma d'Oro Nuri Bilge Ceylan conWinter Sleep ad Alice Rohrwacher con Le meraviglie non dimenticando Leviathan di Andrei Zvyagintsev. La risposta potrebbe essere che, come accade per le vendemmie, ci sono annate in cui il prodotto complessivo è più di qualità che in altre. È accaduto così che per riempire il tino (è bene ribadirlo anche se già sottolineato in apertura di festival) ci fossero in competizione ben 9 film battenti bandiera francese per produzione o co-produzione. Effettivamente tanti, si potrebbe dire 'troppi' e di alcuni davvero non se ne sentiva il bisogno. Se servono esempi basta riferirsi a Marguerite et Julien di Valérie Donzelli che, pretendendo di riferirsi a Truffaut, ha girato un film che neanche a un Lelouch nei suoi massimi momenti di esaltazione creativa sarebbe venuto in mente di realizzare così. Oppure alla deludente presenza di Joachim Trier con Louder than Bombs, coprodotto dalla francese Memento Film, che ci ha proposto una Isabelle Huppert fotografa di guerra sulla cui morte ci si interroga con un Gabriel Byrne che da quando è stato protagonista di In Treatment non ha più smesso l'espressione tra il contrito e il meditativo. La Huppert ci ha poi accompagnato insieme a Gerard Depardieu nella Death Valley per un viaggio alla ricerca di un figlio in Valley of Love in un'opera che regge solo in parte alla prova del grande schermo.
Ci sono poi state le delusioni provenienti da nomi già affermati. Una su tutte quella prodotta da un Gus Van Sant che in The Sea of Trees si è perso nella foresta della più banale retorica coniugale che si potesse immaginare al cui confronto Love Story si colloca come modello inarrivabile. Ed è tutto dire. Non ha convinto neppure, ma in questo caso per la collocazione in Concorso, Sicario di Denis Villeneuve che ha proposto un film di genere ben fatto ma nulla di più.
La pattuglia italiana ha avuto buon gioco e se Garrone non è piaciuto a gran parte della stampa francese ha comunque trovato i suoi estimatori. Moretti e Sorrentino hanno ottenuto molti più consensi e le loro opere in questa selezione non potevano che guadagnare le posizioni più elevate. Tra le sorprese (poche) va sicuramente inserito il film ungherese Son of Saul di László Nemes (Gran Premio della Giuria) che ha affrontato con originalità il tema dell'Olocausto. Le conferme sono venute da un Kore-eda che con Our Little Sister è capace di leggere con grande sensibilità un microcosmo tutto al femminile e dal greco Lanthimos, che in The Lobster (Premio della Giuria) ha confermato la sua visionarietà di scrittura. Va sottolineata poi la lucida lettura della strisciante, ma sempre più pervasiva, immoralità del liberismo globalizzante di La loi du marché di Stéphane Brizé con al centro un umanamente straordinario Vincent Lindon (premiato per la migliore interpretazione maschile).
Ai vertici, per ragioni diverse, si sono collocati due film orientali e uno britannico. Jia Zhang-ke con Mountains May Depart ha raccontato vicende di singoli che riflettono il contraddittorio percorso della Cina contemporanea con l'occhio critico di chi sa leggere una società complessa. Hou Hsiao-Hsien (Miglior regia) non ha tradito se stesso nel momento in cui affrontava un genere del cinema cinese come quello che prevede accesi combattimenti a cui ha conferito il rigore di un fluire del tempo libero dalla frenesia spettacolare. Su tutti si erge però Carol di Todd Haynes (vincitore della Queer Palm), rivisitazione di un genere che sa affrancarsi con grande sapienza dall'omaggio filologicamente fine a se stesso per proporsi come un'indagine di sentimenti forzatamente repressi. La giuria, con gli americani Coen alla guida, ha preferito però premiare il cinema francese, e la Palma d'Oro è andata a Jacques Audiard per il suo Dheepan.

I PREMI:

Palma d'Oro al miglior film: Dheepan di Jacques Audiard
Gran Premio della Giuria: Son of Saul di László Nemes
Miglior regia: Hou Hsiao-Hsien per The Assassin
Premio della giuria: The Lobster di Giorgos Lanthimos
Miglior sceneggiatura: Michel Franco per Chronic
Miglior attrice: ex aequo Rooney Mara per Carol e Emmanuelle Bercot per Mon Roi
Miglior attore: Vincent Lindon per La loi du marché
Palma d'Oro alla carriera: Agnès Varda
Camera d'Or: La tierra y la sombra di Cesar Augusto Acevedo

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