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Il cinema in movimento

Le fatiche del cinema video ludico.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Need for Speed.
Aaron Paul (45 anni) 27 agosto 1979, Emmett (Idaho - USA) - Vergine. Interpreta Tobey Marshall nel film di Scott Waugh Need for Speed.

lunedì 17 marzo 2014 - Focus

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Non ci sono spiegazioni evidenti alle difficoltà che gli adattamenti diretti di noti videogame da parte del cinema dimostrano. Il nuovo Need for Speed, trasposizione di un noto gioco della EA che lo lanciò ormai venti anni fa e poi lo ha via via aggiornato con edizioni sempre più divertenti, non sta funzionando né presso la critica né presso il grande pubblico. Certamente ha pesato il confronto con Fast & Furious e la sua saga, più adrenalinico e in certo qual modo più adulto, tuttavia non ci possiamo accontentare di mere questioni di marketing.

I fan dell'intrattenimento videoludico da anni inseguono i propri culti digitali su grande schermo, ma raramente ne escono soddisfatti. È probabile che le criticità provengano paradossalmente dalla notorietà del capostipite, che deve essere rispettato per non incorrere nell'ira dei giocatori/spettatori. Non è il videogame in sé, né il suo linguaggio, ad essere indigesto per il grande schermo. Esistono grandi film ispirati alla cultura videoludica, da Matrix a Inception (quest'ultimo apparentemente ambientato nei sogni ma in filigrana dedicato al "gaming"), da Lola corre a The Cube, e persino un film che cerca di parlarci del nostro futuro e della nostra relazione con le nuove tecnologie, mette in scena un videogame che interagisce con i sistemi operativi (Lei di Spike Jonze).

Del resto, a loro volta, i videogame continuano a saccheggiare il cinema, sia come fonte diretta (le varie trasposizioni di film su console), sia come archivio di immagini e generi. Il celebrato "L.A. Noire", della casa editrice Rockstar, sia pure molto criticato per essere più sbilanciato sul versante cinematico che su quello videoludico, mostra di conoscere a fondo il cinema hollywoodiano degli anni Quaranta, facendone un enorme serbatoio di iconografie e personaggi sui quali costruire il mondo narrativo e interattivo di riferimento. E la stessa idea di "ecosistema narrativo", ovvero di sistemi mediali dove l'elemento del racconto è capace di trasmigrare da un mezzo all'altro, in fondo unisce cinema e videogame in un abbraccio inestricabile.

Rimane dunque oscuro il motivo per cui - a fronte di un reticolo di rapporti industriali e espressivi così denso e fitto - le trasposizioni dirette facciano cilecca nel novanta per cento dei casi. Forse tocca ai giocatori più irriducibili dare una risposta. Non basta una soggettiva stile "sparatutto" a risolvere la questione.

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