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Ritratto di adolescente per macchina da presa

Note su Giovane e bella di Ozon.
di Roy Menarini

In foto marine Vacth in una scena di Giovane e Bella.
Marine Vacth (33 anni) 9 aprile 1991, Parigi (Francia) - Ariete. Interpreta Isabelle nel film di François Ozon Giovane e bella.

domenica 10 novembre 2013 - Approfondimenti

Ancora oggi, dopo oltre mezzo secolo dalla nascita della Nouvelle Vague, il cinema francese ha bisogno di "dire la verità". Era questa la parola d'ordine di Godard e Truffaut (ed era questo uno dei motivi della rottura tra i due, quando Godard accusò Truffaut di aver mentito sul cinema, in Effetto notte). Dire la verità, ovviamente, si può intendere in tanti modi. Per Abdel Kechiche, per esempio - il suo La vita di Adèle si presta a un confronto con Giovane e bella - significa lavorare sul set senza mai fermarsi fino a che, nelle emozioni delle attrici, non si giunge al nucleo incandescente della sincerità: lacrime vere, passioni vere, forse anche eccitazione vera.
Ozon, invece, la intende in altro modo. Posto che l'adolescenza, se non l'intera gioventù, è indecifrabile, volubile, non si può fare altro che osservare dall'esterno, senza giudizi né schemi interpretativi. Ma significa anche che le cose vanno raccontate per quello che sono. In questo, il regista francese segue alla lettera il predicato del cinema francese anni Sessanta. Se la sua protagonista va a letto con i clienti, bisogna spiegare allo spettatore come prende gli appuntamenti (il secondo cellulare), come inserisce le fotografie sul sito delle escort, quanto denaro richiede (dai 300 ai 500 euro), quanti anni finge di avere, in quali orari esercita il suo mestiere segreto per sfuggire al controllo della madre, persino i disagi di non poter fare la doccia dopo che l'orgasmo del cliente l'ha macchiata e le tecniche sessuali per rivitalizzare il fidanzato in un momento di débacle durante il coito.
Non si tratta di ossessione per la verosimiglianza, tanto è vero che Ozon, a differenza di Kechiche, non utilizza gli strumenti tradizionali del realismo (per intenderci, quelli della macchina traballante attaccata ai corpi, quelli dell'erotismo esplicito o ai limiti dell'hardcore, dei rumori d'ambiente in presa diretta, ecc.). Lo scopo di Ozon è un altro: nel momento in cui si vogliono sfiorare, o far emergere di sghimbescio, le "verità sull'amore", allora bisogna cominciare con l'essere precisi intorno a quel che significa prostituirsi. Senza retoriche né moralismi. Senza lirismi né infingimenti.
Godard accusava Truffaut di aver mentito, perché la sua visione romantica e letteraria del fare cinema gli appariva falsa. E gli ricordava che fare cinema significa avere a che fare con il denaro, con i creditori, con i produttori, con le amanti, con i problemi tecnici, con l'ipocrisia, con tutto l'universo materiale che non può essere eluso. E infatti, un allievo della nouvelle vague come Olivier Assayas, in Irma Vep, analizzava tutti i passaggi di denaro necessari a costruire un'impresa cinematografica. Lo stile e la poesia vengono dopo.
Senza bisogno di parteggiare per Godard o Truffaut (per fortuna, oggi ci possono piacere tutti e due senza vetusti problemi di militanza critica), possiamo dire che Ozon compie lo stesso lavoro su Isabelle: la femminilità è un mistero, l'adolescenza è uno scompenso chimico, la scoperta della sessualità un viaggio imprevedibile. Davvero libero dai vincoli sociali e morali (in questo stavolta più truffautiano), Ozon suggerisce che gli eccessi di Isabelle siano dovuti a un netto rifiuto di quella vita prevedibile che la ragazza vede scorrere davanti agli occhi attraverso le persone più grandi di lei: il viaggio dal fidanzamento al matrimonio, i figli, forse le separazioni, le coppie che si riformano, altri tradimenti, il teatro, le cene, le vacanze, il lavoro poco soddisfacente, e così via. Osservandosi da fuori (come nella sequenza della prima volta sulla spiaggia), Isabelle sente che tutto questo non fa per lei e cerca di uscire dai binari a costo di far deragliare la sua esistenza. Non c'è molto altro da dire, e capita anche che una donna anziana (Charlotte Rampling), di fronte allo scandalo, capisca e forse rimpianga di non aver sfruttato fino in fondo quella consapevolezza di seduzione, quel potere della bellezza.

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