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ONDA&FUORIONDA

Vogliamo vivere!: promemoria impietoso.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film Vogliamo vivere! di Ernst Lubitsch.
Carole Lombard (Jane Alice Peters) 6 ottobre 1908, Fort Wayne (Indiana - USA) - 16 Gennaio 1942, Table Rock Mountain (Nevada - USA). Interpreta Maria Tura nel film di Ernst Lubitsch Vogliamo vivere!.

sabato 1 giugno 2013 - Focus

Sono andato al cinema a vedere Vogliamo vivere!. È una frase che, quasi certamente, disse mio padre da giovane. Invece adesso il film lo troviamo nelle sale, che magnifico paradosso. È del 1942, ma da noi arrivò nel '47, per la guerra e tutte le note ragioni. Dopo aver sorriso e riso come non mi succedeva da tanto, tanto tempo, trascorso il sentimento catartico mi sono trovato triste, molto, perché non era possibile non pensare al cinema contemporaneo. Lubitsch ha davvero reso un pessimo servizio ai suoi colleghi di oggi, li ha costretti a un confronto imbarazzante, aggettivo edulcorato. Dovrei motivare perché il cinema di questa epoca è inadeguato rispetto alla sua storia completa. Criticare, fare d'ogni erba un fascio, sarebbe demagogico, arbitrario, facile, approssimativo. Occorrerebbero i distinguo, le precisazioni, le collocazioni, i contesti ma non ne ho voglia e non ne ho lo spazio. Ma To Be or Not to Be (titolo originale) possiede una tale potenza completa da reggere e sorpassare i confronti coi generi, con le scuole, coi movimenti, con tutto. Naturalmente ci sono ottimi film contemporanei, ma la sensazione dell'opera che si colloca nella corpo nobile del cinema, che farà storia e farà testo, è molto difficile da provare. La provi, con assolta naturalezza, con Lubitsch.

Canali
Ci sono canali che rimandano i grandi classici e a quella misura e a quel mezzo ci siamo abituati. Vedere un classico b/n sul grande schermo, restaurato, in perfette condizioni, è un piccolo shock, è come se i molti metri quadrati, invece dei pollici, scovassero una specie di antropologia stratificata e dimenticata che in automatico ingigantisce tutto. Ingigantisce... un gigante. Sono passati più di settant'anni, tutto si è evoluto, l'estetica, le dinamiche delle storie, i sentimenti, le gag e le situazioni, figuriamoci le battute. Parlo di tutto, di comunicazione, di spettacolo e di arte, eppure Vogliamo vivere" a tanta distanza, non ha perso un millesimo della sua vedibilità. E capisci molto, capisci Wilder e Allen per esempio. Del resto Wilder lo ammetteva "senza Lubitsch il mio cinema sarebbe stato molto diverso".
Nel film si racconta di una compagnia teatrale attiva a Varsavia quando nel '39 Hitler invade la Plonia. Fra fiction e realtà la compagnia ... distrugge il führer. È, ribadisco, una costruzione perfetta di spettacolo. Il grande tema portato divertendo. Divertimento nobile.

Cultura
Ernst Lubitsch (Berlino 1892- Hollywood 1947) veniva dalla cultura di Weimar che aveva rifondato le arti ai primi del novecento, era un membro di quella strepitosa scuola dell'espressionismo che aveva reinventato il cinema, il teatro e la pittura. Aveva assunto un rigore che successivamente corresse con la sua attitudine allo humour e alla brillantezza, e a un'ironia che non era del tutto tedesca. Fa parte del gruppo di autori, Wilder, Lang, Zinneman, Preminger, fra gli altri, che lasciarono la Germania con l'avvento del nazismo. Sbarcato a Hollywood si trovò in una situazione ideale. Era titolare di quella piattaforma di cultura alta e decisiva che si combinava alla perfezione con la cifra spettacolare americana. E va detto che l'ambiente americano lo accolse con stima e passione, perché lo aveva capito e gli attribuiva una grande stima preconcetta. Era la premessa per i capolavori che poi il regista firmò, da Partita a quattro, a La vedova allegra, Ninotchka, Scrivimi fermo posta. E altri. Vogliamo vivere! riesce ad essere perfetto in tutti i suoi segmenti. Fra le molte spiegazioni una è certamente prevalente: il film non fa parte di correnti, racconta una storia e la racconta alla perfezione. Ed è fuori dal tempo. Il dialogo, le battute sono buone per gli anni quaranta e per tutti i decenni successivi. Non devi fare mediazioni, neppure sui registri degli attori. Ancora una volta "perfetti". Il tutto in una disarmante semplicità ed essenzialità, senza frenetiche, stucchevoli ricerche esasperate.

Palma
Il festival di Cannes ha attribuito la Palma d'oro a La vie d'Adèle, storia d'amore fra due ragazze. Quasi tutta la rassegna è stata all'insegna della trasgressione, della violenza, dell'iperbole e dello shock. È ormai la via percorsa dal cinema, non solo dal cinema di Cannes. La cifra trasgressiva, e tutto il resto, domina a tal punto che fra poco il giro sarà completato e ci ritroveremo a gradi zero e trasgredire significherà raccontare una storia d'amore fra un uomo e una donna oppure riproporre l'antica, emarginata alternativa fra il buono e il cattivo.
To Be or Not to Be, opera perfetta come una sfera, insegna che tanto sforzo è inutile e innaturale, che la qualità del capolavoro, o semplicemente di un ottimo film, può stare in certe misure e regole accreditate che si ritenevano superate semplicemente perché non ci sono autori capaci di riprodurle.
Un'ultima considerazione, decisiva credo: la mediazione fra pubblico e critica. Rilevo ancora la naturalezza con cui Ernst Lubitsch combina, lo dico in termini semplici, l'arte con lo spettacolo, tenendo altissime e parallele entrambe le cifre.

Tutto questo è magnifico. Ed è triste.

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