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La politica degli autori: Patrice Leconte

Il regista francese torna al cinema con il suo primo film d'animazione.
di Mauro Gervasini

In foto il regista Patrice Leconte.
Patrice Leconte (76 anni) 12 novembre 1947, Parigi (Francia) - Scorpione. Regista del film La bottega dei suicidi.

giovedì 27 dicembre 2012 - Approfondimenti

Patrice Leconte, classe 1947, parigino di nascita ma cresciuto a Tours, si dà al cartone animato. La bottega dei suicidi, nelle sale dal 28 dicembre, è il suo primo film di animazione, tratto da una bande dessinée di Jean Teulé. A dire il vero, però, è un ritorno al passato perché in gioventù Leconte fu redattore della più celebre rivista di fumetti francesi, Pilote, che poi Tiziano Sclavi, prima di inventare Dylan Dog, cercò di esportare anche in Italia senza grosso successo. E anche il racconto pare del tutto nelle sue corde. La "bottega dei suicidi" del titolo è quella di una coppia che vende tutto il necessario a quei clienti che sentono l'insopprimibile desiderio di farla finita. Negozi, solitudini. Pensando ad alcuni classici del regista francese come Il marito della parrucchiera (1990) o L'uomo del treno (2002), forse i suoi titoli migliori, vengono in mente personaggi tristi e solitari, a diretto o imminente contatto con la morte; ma anche botteghe, locali (tanti i bar) o negozietti come luoghi di rinnovata socialità. Johnny Hallyday gangster che aspira a una vita ordinaria, ed è contento di andare alla boulangerie a comprare il pane in L'uomo del treno, è in questo senso emblematico.

A partire da Tandem (1987), con Jean Rochefort (suo attore feticcio) e l'altrettanto eccellente Gérard Jugnot, Patrice Leconte sviscera argomenti affini in contesti prevalentemente provinciali. Nel film due conduttori radiofonici girano la Francia profonda in cerca di "voci", ma uno non sa che gli stanno per rottamare il programma. Leconte incide sulla scrittura in maniera marcata, ama i toni forti, persino surreali, e per un certo sensazionalismo visivo ricorda Claude Lelouch, paragone ancora più evidente con Il marito della parrucchiera che resta in Italia il suo film di maggiore successo. Ma per L'insolito caso di Mr. Hire (1989), tratto da un capolavoro di Georges Simenon, azzecca in pieno il cast (Michel Blanc e Sandrine Bonnaire) e lo stile, melodrammatico il giusto ma giocato tutto sulla sottrazione emozionale del protagonista, già sospettato di omicidio e destinato a una solitudine cosmica di fronte alla delusione amorosa. Con Il profumo di Yvonne (1994) i sentimentalismi soffusi e le passioni malcelate diventano invece motivi di un estetismo sempre più insistito, a un passo dalla maniera. Che puntualmente fa capolino prima con la sciagurata "reunion" di Belmondo e Alain Delon in Uno dei 2 (1998), poi con La ragazza sul ponte (1999), protagonista ancora Vanessa Paradis, succube di un romanticismo stucchevole e di un bianco e nero patinatissimo e alla lunga respingente (come i mille fellinismi di riporto).

Da regista di talento, certo amante di una scrittura visiva molto satura ma capace di cogliere in pieno malinconie e tumulti interiori, Leconte diventa sempre più autore compiaciuto. Con L'uomo del treno ritrova l'ispirazione dei tempi migliori concentrandosi sugli aspetti umanistici di un racconto, scritto da Claude Kotz, che recupera sfumature simenoniane. Delinea con l'aiuto di due interpreti straordinari, appunto Johnny Hallyday e Jean Rochefort, il ritratto laconico di una amicizia più ideale che reale, dove il desiderio di vivere la vita dell'altro non diventa mai invidia ma curiosità, rimpianto, se non addirittura necessità.

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