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David di Donatello: Così Credevamo, ha vinto il migliore

Ma Germano non è Messi. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Mario Martone e Giancarlo De Cataldo, rispettivamente regista e sceneggiatore di Noi credevamo, ricevono il David per il miglior film.
Mario Martone (64 anni) 20 novembre 1959, Napoli (Italia) - Scorpione. Regista del film Noi credevamo.

domenica 8 maggio 2011 - Focus

Faccio parte della giuria del Donatello. Non è che significhi molto, siamo oltre un migliaio. Dunque non posso che condividere che abbia prevalso Noi credevamo, un film sul quale mi ero speso. A suo tempo, quando uscì, feci qualcosa che faccio raramente, parlai bene, molto, di un film italiano. Ecco due stralci da quel pezzo.

"... Noi credevamo è un film di contro-epica che finisce per essere epico. È certo potente, saltuariamente grande, non perfetto, perché nessun film lo è. Rifugge, e non è piccolo merito, dai canoni italiani. La genetica teatrale del regista lo porta a dare il meglio nel kammerspiel, nello spazio stretto e scuro della prigione, dove i carbonari si svelano nell'intimo e nella sofferenza. Forse si spiega e si parla troppo ma c'è il soccorso della passione. E comunque una ventina di minuti, dei 170, potevano essere stralciati. Ribadisco il concetto della non italianità e della potenza. Non ci siamo più abituati e meno male per questo promemoria. Da tempo rilevo qualche segnale italiano, quasi sempre piccolo, che per speranza e passione cerco di rilanciare come auspicio. Martone ha tradotto l'auspicio. Il regista non è un gigante, li abbiamo conosciuti, e Noi credevamo non è un'opera generale, le abbiamo viste, ma qui c'è più di una promessa. E pur trattandosi di storia in assoluto italiana, forse si farà accettare dal movimento internazionale, senza mafie e camorre. Finalmente..."

"...Ultimo rilievo: i due film di maggiore qualità e respiro, da molte stelle, Noi credevamo, e Oranges and Sunshine, presenti rispettivamente a Venezia e a Roma, sono stati ignorati dalle commissioni. Nessun premio. I film buoni sono pochi, pochissimi, ma disturbano. Se ti arriva un po' di bellezza e di qualità vanno tenute nascoste. Non fanno parte del progetto gretto, depresso e piccolo in atto in questa epoca, da noi. Il film di Martone è stato distribuito in pochissime copie. "È bello, è importante, ha un orizzonte e un respiro, non è dei nostri. Meglio che la gente non lo veda", avranno pensato quelli del "progetto".

Riflusso
Per i David dunque c'è stato un ripensamento, un riflusso. A posteriori il "movimento" deve aver pensato "la gente si è accorta che è un film importante, bisogna proprio concedergli qualcosa, anche se ci rompe un po' le uova nel paniere". Il paniere è il solito, l'italianità piccola, autoctona, non esportabile, con modelli autoctoni non esportabili."
Il nostro cinema rimane sempre lì. Recentemente ho partecipato a un convegno dove il produttore Riccardo Tozzi ha spiegato che il cinema italiano non solo prospera, ma trionfa. Ha fatto dei numeri, secondo i quali gli spettatori, nelle ultime stagioni, sono aumentati. Tozzi è il presidente dell'Anika e della Cattleya, dunque non può che difendere il "suo" cinema, difendere se stesso. È vero che i numeri sono buoni, ma non significa che lo sia la sostanza. È come al supermercato, se i prodotti sono quelli finisci per accontentarti, farci l'abitudine, qualcosa devi consumare. C'è anche di peggio, abbiamo fatto l'abitudine a Fede, a Signorini, al Grande Fratello, a Vauro, alla De Filippi. Un altro supermercato che dovrebbe rivedere i fornitori.
Da molto tempo, stucchevolmente, scrivo della mia posizione dolente rispetto al cinema italiano, "... perché eravamo i più bravi del mondo, mentre adesso...". Certo, siamo italiani, siamo artisti, la nostra antropologia ci impedisce di fare cose brutte. Ma vorrei che facessimo di meglio. Per fortuna che ogni tanto spunta... un Martone.

Buono
Gli altri "David". La nostra vita è un film corretto, anzi buono, lo è italianamente, appunto. E Luchetti ci sa fare. Corretta la citazione di 20 sigarette un altro titolo fuori dal nostro giardino. Forse un po' didascalico, e "già visto" su piccolo schermo, ma buona idea, e indicazioni importanti. E poi gli attori. Abbiamo attori molto bravi, come Germano, alla sua seconda vittoria consecutiva, e Battiston, altro vincitore. E qui confesso un'altra mia stucchevole posizione. "Negli anni vulnerabili della formazione", per dirla alla Fitzgerald, vedevo alzare gli Oscar e gli altri premi a Brando, Newman, Jane Fonda. È stata una piccola tragedia, perché poi gli attori erano diversi. È una mia debolezza, lo confesso ancora, e certo la mia posizione non è condivisa da (quasi tutti) quelli che fanno parte del "movimento", è una posizione certamente impopolare. Ma che posso farci, colpa... degli anni vulnerabili, appunto. E così Germano e Battiston continuano a sembrarmi dei bravi, anzi ottimi caratteristi messi a fare i protagonisti. E poi due palloni d'oro consecutivi... Germano non è Messi. Gassman e Mastroianni lo erano.

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