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Un Tron meno avveniristico e più umanistico

Il film di Kosinski parla di tecnologia e non la usa per stupire.
di Gabriele Niola

Una scena di Tron - Legacy, film diretto da Joseph Kosinski.

lunedì 27 dicembre 2010 - Making Of


Non è più l'era della tecnologia impressionante
Nel 1982 l'Academy, ovvero il comitato che gestisce la cerimonia e la premiazione degli Oscar, aveva rifiutato la partecipazione di Tron, l'uso massiccio della grafica computerizzata era considerato un trucco, come se avessero barato. Oggi l'idea che sta dietro quel modo di girare (personaggi reali in ambienti irreali, realizzati in computer grafica) è la regola anche quando si girano scene in luoghi esistenti. Il fondale non è più solo dipinto su tela ma anche su computer.
Tron: Legacy arriva con l'ovvio peso sulle spalle di essere, se non premonitore come il precedente, almeno all'avanguardia sui suoi tempi, che poi sono quelli di Avatar. Così il film diretto dall'esordiente Joseph Kosinski incorpora molte delle tecniche inventate e sperimentate da James Cameron, al pari delle tecnologie messe a punto per Il curioso caso di Benjamin Button, e fa anche un passo in più: riuscire a girare vedendo in tempo reale come sarà l'inquadratura finale con tutta l'aggiunta di effetti speciali.
Da questo punto di vista il film si divide rigidamente in due parti. La prima, debitrice del film originale e molto attenta a riprendere e portare avanti i suoi temi da vero sequel, e la seconda, diversa, autonoma, inventiva e foriera di un punto di vista sulla dialettica tecnologia/uomo che è frutto del diverso rapporto che oggi la società ha con la tecnologia. Non più fenomeno ma fatto quotidiano che ha cambiato il rapporto che abbiamo con la comunicazione umana.

Girare in computer grafica
Il mondo della produzione in 3D è in continua evoluzione e porta avanti le tecniche di ripresa di film in film, contagiando una produzione con l'altra (Spielberg gira Tin tin come Cameron ha fatto Avatar, Michael Bay farà Transformers 3 basandosi sulle idee sviluppate in Tron: Legacy) come non succedeva dall'epoca dell'ingresso del sonoro o dei primi esperimenti con le pellicole a colori. Se per il pubblico la terza dimensione diventerà simile a queste due rivoluzioni non è dato saperlo, di certo il modo in cui la sua tecnologia sta entrando nella macchina produttiva è quasi identica.
Il team Digital Domain, incaricato di portare a buon fine le mille piccole minuzie digitali di Tron: Legacy, si è molto concetrato sul workflow, cioè sul procedimento e l'organizzazione del lavoro. Lo scopo era di riuscire a girare le scene sul set (mezzo reale e mezzo virtuale) avendo quanto più è possibile idea del risultato finale. Un santo graal, questo della previsualizzazione, inseguito da anni e sempre più vicino.
Stavolta il passo avanti determinante è stato nella possibilità di vedere subito come sarebbe stata la stereoscopia della scena. Solitamente infatti quando si gira in 3D non si vede subito la profondità e i tanti piccoli difetti di prospettiva si aggiustano in postproduzione, mentre il regista Joseph Kosinski è riuscito ad ottenere di avere un'affidabile previsualizzazione stereoscopica della profondità che ogni scena avrebbe avuto proprio mentre la girava.

Il buon vecchio (giovane) Jeff
CLU è il software programmato da Kevin Flynn, un personaggio interpretato da Jeff Bridges nel 1982 che, come tutti i software del mondo di Tron, ha le fattezze del suo creativo. Venticinque anni dopo Flynn è invecchiato e il programma ovviamente no. Per raggiungere quest'effetto è stato necessario ricorrere alla tecnica messa a punto per l'invecchiamento (e ringiovanimento) di Brad Pitt in Il curioso caso di Benjamin Button.
Un attore recita e poi il suo volto viene sostituito con il risultato di un'elaborazione grafica della testa di Jeff Bridges più i suoi veri movimenti facciali. Bridges infatti ha recitato le parti di CLU davanti a una serie di telecamere speciali che lo riprendevano da tutte le angolature (in modo da poter poi utilizzare quelle espressioni in qualsiasi tipo di inquadratura) e con dei sensori sul viso. I due sistemi combinati catturano i movimenti di testa, volto e muscoli facciali, li tramutano in informazioni e poi li attribuiscono al volto di sintesi che viene creato per l'occasione. Questo volto di sintesi, che era una versione vecchia di Brad Pitt nel film di David Fincher è un Bridges più giovane in questo caso.
Il risultato, contrariamente alle aspettative non è stato dei migliori. Il punto più deludente di tutto Tron: Legacy è infatti come CLU suoni fasullo. I creatori del film si sono giustificati da una parte dicendo "È un programma quindi deve sembrare finto", dall'altra ammettendo che "Spesso si nota che è un personaggio fittizio", ma è un dato di fatto che il ringiovanimento di Jeff Bridges è stato un fallimento.

Dov'è Tron??
Nonostante la grande attenzione nel ricreare molti dei luoghi, dei personaggi e dei momenti topici del vecchio Tron, il film del 2010 ha uno scarto nell'elemento apparentemente centrale, ovvero il personaggio del titolo. Nel nuovo Tron infatti manca Tron. O meglio, il programma realizzato da Alan che nel primo film salvava il mondo digitale rispedendo Flynn nella realtà è presente, ma con un ruolo talmente marginale da risultare quasi fastidiosamente inserito a forza. In più non si leva mai il casco dunque non lo vediamo mai in faccia. Il motivo è semplice: come per CLU, sarebbe stato necessario elaborare una versione ringiovanita anche dell'attore Bruce Boxleitner (che era Tron nel primo film e qui interpreta solo Alan), spesa ed impresa che evidentemente non c'è stato l'interesse di fare.
Il risultato è che in questo strano film milionario in cui alcune cose non funzionano, altre clamorosamente mancano, altre ancora sono straordinarie (una fusione tra musica, suoni elettronici, terza dimensione e design visuale come raramente si vedono in opere non sperimentali) e alcune attingono all'immaginario di altri film, a trionfare è una visione incredibilmente poco scientifica di un ambiente scientifico come quello dei computer. In Tron: Legacy paradossalmente gli effetti computerizzati non contano quanto nel primo, perchè i computer non sono più un mondo sconosciuto da portare al grande pubblico come "nuova meraviglia", ma qualcosa con cui c'è contatto quotidiano, che abbiamo imparato a conoscere ed usare non solo per fare calcoli ma anche per fare meglio ciò che già facevamo prima. Comunicare.

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