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Martyrs: per una metafisica della sofferenza

Sull'onda del nuovo horror di terra francese, arriva un film che unisce torture e misticismo.
di Edoardo Becattini

Grande violenza per grandi verità?
Pascal Laugier . Regista del film Martyrs.

mercoledì 10 giugno 2009 - Incontri

Grande violenza per grandi verità?
Sull'eterno conflitto culturale fra americani e francesi, lo stato del cinema horror contemporaneo ha molto da dire. Se gli USA si dibattono fra remake, reboot e i cosiddetti "torture porn" dall'infinita serialità, la Francia pare volerli sfidare proprio su quest'ultimo campo mettendo da parte il bon ton ed esplorando una nuova (pardon!) vena artistica e commerciale attraverso efferate brutalità e meticolose sevizie. Spalmando su tre atti alcune delle tematiche già affrontate dai film più famosi di questa "nouvelle vague d'horreur" (la doppia personalità di Alta tensione, la tortura di Frontiers e la vendetta di À l'intérieur), Martyrs di Pascal Laugier si propone in un certo senso come una summa dei luoghi e delle ossessioni dell'horror contemporaneo, fra i quali si muove con un più esplicito interesse per la sofferenza e le più intime profondità del dolore. Un interesse che, sia esso testo o pretesto, lo porta a porre anche questioni di ordine metafisico sul martirio come percorso per raggiungere la dimensione trascendentale, come apertura dello spirito alla verità di un mondo altro. Può quindi la più brutale violenza aprire alle grandi Verità? In attesa di una risposta da parte degli spettatori italiani, altri dubbi metafisici sorgono di fronte a quella dicitura che campeggia sui manifesti e che richiede la comprensione di "spettatori preparati e distanti"...

Come si struttura il film?
Pascal Laugier: Il film è costruito su una ripartizione in tre atti che sono arrivato ad elaborare durante la seconda stesura della sceneggiatura. Inizialmente volevo solo raccontare la storia di una vendetta, che è poi divenuta il motore narrativo del film e l'ingresso per una storia che parla di martiri e di torture. La scelta della collocazione temporale nella fine degli anni '80 ha motivazioni del tutto triviali. Per motivi economici abbiamo girato il film in Canada e ricostruire la campagna francese in America richiedeva una collocazione temporale un po' al di fuori da un contesto estremamente contemporaneo. Inoltre l'idea di ambientare la storia in un passato recente si è poi rivelata importante per un film che parla di due ragazze dal passato molto oscuro. E si adattava perfettamente all'idea che volevo dare del film come "manifesto della melanconia".

Vi sono molte citazioni con altri film horror?
P. Laugier: In realtà non c'è nessuna citazione volontaria all'interno del film. Sono un fan del genere horror e quindi molte sequenze della sua storia fanno parte del mio immaginario e riemergono continuamente nel mio modo di girare, ma non si tratta di riferimenti elaborati coscientemente. Dopo un film pieno di rimandi e citazioni come Saint Ange, ho piuttosto voluto fare un film che fosse estremamente personale e che giocasse con lo spettatore per costruire qualcosa di inaspettato.

Da dove nasce la fascinazione per il dolore?
Pascal Laugier: Sono affascinato dal fatto che tutte le civiltà e le religioni di ogni luogo e di ogni tempo presentino comunque all'interno della loro mitologia una figura spirituale capace di raggiungere la trascendenza attraverso il dolore. Le ricerche storiche sul tema della sofferenza si sono svolte sia con l'aiuto di storiografi che di storici delle religioni. Attraverso queste ricerche ho anche scoperto quale fosse il vero significato della parola "martire", la cui etimologia greca e latina non rimanda, come molti pensano, al dolore o alla sofferenza, ma a qualcuno che ha la capacità di vedere e percepire cose che altri non vedono. Anche "L'Histoire de l'oeil" di Georges Bataille ed altri studi di ambito filosofico e letterario hanno avuto il loro peso. Ma sono in particolare le immagini fotografiche rinvenute su internet ad avermi colpito durante la fase delle ricerche. Immagini che mostrano corpi sospesi fra la vita e la morte in un momento di pieno rilassamento muscolare. Questo stato, che è una condizione differente dalla morte apparente, dal momento che il corpo ha battiti e contratture molto regolari, non trova una chiara spiegazione scientifica.
Questo è il tema principale che il film affronta: la sofferenza come uno dei grandi enigmi dell'umanità. Il dolore è infatti qualcosa di perfettamente umano, che fa parte della nostra quotidianità. Nella nostra vita di tutti i giorni affrontiamo un dolore fisico, causato da uno specifico malore, ed una sofferenza che invece non ha una causa apparente e che rimane per noi qualcosa di estremamente oscuro.

Come ha lavorato con le attrici?
Pascal Laugier: Ho lavorato per più di due mesi con le due attrici protagoniste per prepararle ai loro ruoli. Non si trattava di vere e proprie prove delle scene da girare, ma più di un modo per entrare in confidenza fra di noi attraverso un meccanismo di ripetizione, in modo tale che non si presentassero problemi o imbarazzi nel dissimulare quegli stati di instabilità e di degrado che la sceneggiatura richiedeva. Tutte le scene di tortura della seconda parte del film sono state pensate ed elaborate come una scenografia, in modo tale che ogni percossa risultasse studiata quasi come una danza. Questa preparazione non ha impedito che molti membri della mia troupe di fronte alla brutalità di alcune scene esprimessero il loro disappunto. C'erano anche delle persone che ritenevano che stessi girando un film misogino e che non dovessi impormi con tale pressioni sulle ragazze. Nella realtà io sono una persona molto calma e gentile e perciò è stato molto difficile per me interpretare questo ruolo di "cattivo", ma era davvero importante per me che le attrici restassero nel personaggio e che potessero piangere o trasmettere questo senso di avvilimento e disperazione.in dovere di consolare e di coccolare le due attrici protagoniste per ciò che erano costrette a subire.

Come nasce la sua passione per l'horror?
Pascal Laugier: Nel melodramma e nella tragedia la morte è sempre un punto di arrivo. A me invece interessa un genere come l'horror perché esso trova nella morte un punto di partenza. L'horror ci porta a conoscere la morte come condizione necessaria della nostra esistenza e per questo lo ritengo il genere più onesto e melanconico che ci sia. E se oggi questo genere trova un grande successo in Francia è perché in Italia non ne girate più! È un peccato che oggi in Europa non si faccia più film come quelli di Dario Argento. Il film è dedicato a lui perché è con il cinema italiano degli anni '60 e '70 che sono cresciuto, una vera e propria età dell'oro in cui si giravano grandissimi film d'autore così come film di genere sui cannibali. È stata per me una grande sorpresa sapere che registi come Argento, Mario Bava, Lucio Fulci o Sergio Leone sono più importanti in Francia che in Italia.

La violenza del film ha portato dei problemi con il visto censura?
Pascal Laugier: Il visto censura per me non è una questione di cifre. Non mi importa se il film viene vietato ai minori di quattordici, sedici, diciotto o anche venticinque anni. L'importante è che ottenga una distribuzione e che abbia la possibilità di essere visto. In Francia c'è il grosso problema che se un film viene vietato ai minori viene subito assimilato alla stregua di un film pornografico e non ha alcuna speranza di ottenere una distribuzione decente. I grossi distributori vivono come un comandamento l'idea di "film per tutti" e di un pubblico anestetizzato, mentre a me piace ancora pensare la sala cinematografica come un luogo dove tutto è possibile.

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