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Katrina, ma quale uragano!

Spike Lee in conferenza stampa racconta la verità sull'uragano che ha sconvolto New Orleans lo scorso autunno
di Pierpaolo Simone

venerdì 1 settembre 2006 - News
Consueto completo bianco con cappellino degli Yankee per uno Spike Lee in veste di documentarista a questa sessantatreesima edizione del Festival. A un anno dall'uragano che ha causato migliaia di vittime a New Orleans, il regista americano torna in laguna per raccontare la sua nuova produzione televisiva (quattro puntate di circa un'ora l'una prodotte per la televisione americana HBO): "proprio lo scorso anno, in questi giorni, ero a Venezia per presentare un altro film (All the invisible children, NdR) quando rimasi sconvolto dalle immagini che giungevano dalla tv della mia camera d'albergo. Ero esterrefatto da ciò che stava capitando a New Orleans". Prosegue Spike – raccontando la genesi del film – che "proprio qui che ho deciso di girare questo documentario. Per raccontare non un uragano, ma la negligenza degli uomini che hanno costruito le dighe per arginare il fiume". Dighe che poi hanno ceduto sotto la pressione di Katrina.

Un atto di accusa quello di Spike Lee, un desiderio di raccontare al mondo la sua America, quella dei poveri e dei diseredati, dello sperpero del denaro pubblico, dell'indifferenza delle istituzioni: "Katrina ha aperto gli occhi agli americani, allontanandoli dall'amministrazione Bush e dai suoi gregari. Nessuno crede più alle conferenza stampa fasulle che vengono inscenate dallo staff presidenziale" e aggiunge: "a differenza di ciò che si vuol far credere attraverso i canali ufficiali, in molte zone devastate dall'uragano non sono ancora stati ripristinati – a distanza di un anno – i servizi minimi per garantire la sopravvivenza della popolazione, mancano ancora luce, gas e acqua".

Ma è uno Spike Lee speranzoso quello che si intrattiene con i giornalisti: "spero che il documentario venga distribuito in tutto il mondo in modo che, chiunque, possa rendersi conto che l'America non è solo il paese ricco che si vuole dipingere". E infatti gli States, come aggiunge subito dopo, sono bravissimi a nascondere tutto ciò che non piace alla "triade" Bush, Rice, Rumsfield. E a chi infine gli chiede cosa farebbe se fosse eletto Presidente degli Stati Uniti risponde in tono ironico: "Beh, non farei in tempo neanche a fare il giuramento, mi farebbero fuori prima!".

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