La sua carriera nel mondo del cinema ebbe inizio durante la seconda guerra mondiale, nel 1942, quando cominciò a lavorare con i migliori operatori e direttori della fotografia, come Domenico Scala e Aldo Tonti. Divenuto egli stesso operatore nel 1951, diresse nel 1954 la fotografia del suo primo film, Lauta mancia, divenendo poi assistente di registi di valore come Renato Castellani, Luchino Visconti, Roberto Rossellini. Negli anni successivi, soprattutto dopo il 1960, la sua professionalità si affinò ulteriormente, rivelando qualità di vero artista, sensibile e preparatissimo sul piano tecnico, ma soprattutto interessato ad una continua ricerca espressiva. L'attenzione posta nello stabilire un rapporto sempre più sottile e preciso fra uso del colore e contenuto della vicenda ha fatto sì che egli ottenesse risultati di grande qualità estetica e creativa. I toni sfumati e melanconici de L'impiegato (1960, Gianni Puccini), la nuda drammaticità de La lunga notte del '43 (1960, Florestano Vancini) di rara e tragica efficacia cronistica, i forti contrasti di colore e i sofferti primi piani di Kapò (1960, Gillo Pontecorvo), le dolenti e scabre immagini di Tiro al piccione (1965, Giuliano Montaldo), quelle ironiche e grottesche di Omicron (1963, Ugo Gregoretti), dimostrano quanto Di Palma eccellesse nell'adoperare il "bianco e nero". Tuttavia, egli giunse ad esprimere ancora più completamente la propria arte con l'uso del colore. Da questo punto di vista, le tappe fondamentali della sua carriera sono rappresentate da Deserto rosso (1964, Michelangelo Antonioni) e da Blow-up (1967, con lo stesso regista), in cui le profonde ricerche formali ed espressive dei regista trovarono una rara coerenza estetica e cromatica nella fotografia; da non dimenticare neppure L'armata Brancaleone (1966, Mario Monicelli), con il suo straripante tripudio di colore. Dal 1983 Di Palma ha lavorato negli Stati Uniti, dove ha stabilito un interessante sodalizio artistico con il grande Woody Allen.