Laureato in Ingegneria elettrotecnica, e già insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia, studioso e rigoroso sperimentatore di problemi tecnici, oltre che pubblicista, nel 1939 esordì nel cinema come direttore della fotografia in Leggenda azzurra (Giuseppe Guarino). In seguito prestò la sua opera per molti documentari, alcuni dei quali diretti da lui stesso, confermando non solo la sua straordinaria preparazione come operatore, ma anche il suo vivo interesse per la soluzione dei più complessi problemi tecnico-espressivi in rapporto ai mezzi impiegati. Negli anni del dopoguerra Portalupi collaborò a numerosi film, spesso di notevole valore estetico, riuscendo a realizzare una fotografia esemplare sia per il rigore figurativo che per la perfetta aderenza espressiva alle tematiche del film. Così, nel 1946, in Preludio d'amore (Giovanni Paolucci), la natura essenzialmente documentaria dell'opera si accordava felicemente con il suggestivo splendore figurativo delle immagini; nel 1950 in Non c'è pace tra gli ulivi (Giuseppe De Santis), le soluzioni narrative adottate dal regista, complesse e barocche, si risolvevano in splendidi giochi figurativi realizzati con grande perizia tecnica e senso dello spettacolo; nel 1951 in Bellissima (Luchino Visconti), il maturo «neorealismo» viscontiano assumeva risalto dal vivo contrasto fotografico delle scene; infine in Carosello napoletano (1954, Ettore Giannini), una smagliante fotografia dai colori caldi e squillanti conferiva una gaia vitalità allo splendore delle scene e delle danze, esaltando l'atmosfera festosa del soggetto. Operatore tra i più preparati e prestigiosi, Portalupi merita un posto di primo piano nel cinema italiano postbellico per avere conseguito alcuni dei più perfetti risultati artistici e tecnici raggiunti dai nostri film sul piano della resa delle immagini.