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Che cozzalone politicamente scorretto!

Da TeleNorba al successo al cinema, la viscerale vis comica di Zalone conquista il pubblico. Da oggi torna in sala con Quo Vado?.
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di Mauro Gervasini

Checco Zalone (Luca Medici) (46 anni) 3 giugno 1977, Bari (Italia) - Gemelli. Interpreta Checco nel film di Gennaro Nunziante Quo Vado?.

giovedì 31 dicembre 2015 - Celebrities

Antenna 3. Al di fuori della Lombardia può sembrare sigla oscura, in verità fu una televisione libera, ma libera veramente, che tra gli anni 70 e i primi 80 del secolo scorso si diede come mission la ricerca di talenti comici. Il rabdomante si chiamava Renzo Villa, "allievo" di Enzo Tortora, mise su una squadra clamorosa, almeno in parte ancora oggi mattatrice sul piccolo o grande schermo, magari con qualche acciacco. Ad Antenna 3 si formò la coppia Teocoli-Boldi (venivano dal Derby, mitico cabaret milanese), trovò rifugio Walter Chiari, dominò con i suoi show strampalati Lucio Flauto. Una cosa simile, ma in tempi molto più recenti, ha fatto in Puglia TeleNorba, emittente piccola ma solo per statuto, in verità con una storia grande. Ha applicato la "formula Villa": giro dei locali e delle feste di paese, carpendo umori, emozioni, talenti... Per poi diventare laboratorio artistico per Emilio Solfrizzi, Gennaro Nunziante, Antonio Stornaiolo e soprattutto Luca Pasquale Medici, classe 1977, in arte Checco Zalone (ovvero, «che cozzalone», epitteto barese non proprio lusinghiero).

Checco nasce come imitazione del cantante neomelodico standard, ma rispetto ad altri che hanno in repertorio maschere simili (gli stessi Solfrizzi e Stornaiolo) ha un altro passo perché è un vero musicista. E con i controfiocchi, avendo fatto parte (tra l'altro) della jazz band di Vito Ottolino. Il successo arriva quindi con una canzone, "Siamo una squadra fortissimi", programmata in heavy rotation su Radio Deejay durante i mondiali del 2006. Al contrario di Maccio Capatonda, la popolarità di Checco cresce grazie ai mezzi di comunicazione tradizionali, radio e tv ("Zelig"), non essendo i social così pervasivi come appena qualche anno dopo. Siccome mai come in questo momento storico è il medium a imporre il contenuto, Zalone può essere considerato l'ultimo comico classico del panorama cinetelevisivo italiano, prima della metamorfosi imposta da social network, che poi ha imparato benissimo a usare anche lui, come dimostrano gli spot originali per Quo Vado? rilasciati su Facebook. Ma Luca Medici è quella roba là, di cui si sente l'odore salutare, lo spessore del mestiere, la gavetta: cabaret, concerti, piazze macinate in tutta la regione (Puglia), televisioni locali, radio, emittenti nazionali e last but not least, il cinema.

Pietro Valsecchi, produttore e patron di Taodue, capisce di avere un cavallo di razza e lo fa correre con un fantino fidatissimo alla regia, Gennaro Nunziante. Nel 2009 esce Cado dalle nubi, storia di un giovane "morto di fama" che da Polignano si sposta a Milano per cercare fortuna, ospite del cugino gay, e finisce per partecipare con successo a un talent. Checco Zalone su grande schermo mescola malapropismi («i uomini sessuali»), luoghi comuni nord-sud (sul cibo, il lavoro, l'emancipazione) e storia sentimentale esile (qui con Giulia Michelini), direi pieraccionesca. A fare la differenza è l'energia iconoclasta del personaggio, maschera distruttrice adatta ai tempi, politicamente scorretta ma per mancanza di freni inibitori. È la sua viscerale vis comica a conquistare il pubblico, anche se il meglio Checco lo dà e continua a darlo come musicista, attraverso canzoni tutt'altro che banali come la recente "La prima repubblica" (da Quo vado?) e andando a ritroso "Angela", candidata al David di Donatello 2010, o "L'amore non ha religione" da Che bella giornata, secondo film della coppia Nunziante-Zalone uscito nel 2011.

In attesa che Quo Vado? sbaragli i record dei titoli precedenti, va ricordato come Sole a catinelle, terza impresa di Nunziante-Zalone distribuita nel 2013, con 8 milioni e mezzo di spettatori è tra i più visti della storia del cinema italiano, oltre a essere quello che ha incassato di più.
Vera gloria? Diamo a Cesare. Il meccanismo che muove al riso resta un po' sempre lo stesso del personaggio (già) visto da Cado dalle nubi in poi, con gli equivoci linguistici e di situazione («Voglio essere la leadership di me stesso», il gag sui funzionari di Equitalia trattati come Testimoni di Geova...) sorretti dalla maschera ormai consolidata di Checco. Se prima però il populismo del personaggio "terra terra", contrapposto alla sofisticatezza di un mondo nel quale è intruso, era antropologico, adesso si fa politico. Cambia il contesto, irrompe la crisi finanziaria, la moglie è un'operaia in mobilitazione, tornano i picchetti dei disoccupati su grande schermo, Zalone vende aspirapolveri in un ambiente dove il massimo della scienza economica è espresso dal marketing piramidale o "parentale". Insomma, al contrario della stragrande maggioranza dei film italiani del periodo, Sole a catinelle racconta la crisi. Lo fa con le ambiguità del caso: Checco è tutt'altro che un Robin Hood, si contrappone con la sua sgarruppata schiettezza a ricchi e profittatori, e per questo crea empatia nello spettatore che si sente lontano dai privilegiati e vicino a lui. Ma come spesso nel cinema comico italiano recente, costruisce il proprio percorso di gag sul desiderio di diventare come i suoi bersagli (ricco e privilegiato), non "contro".

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