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Tutto è come appare

Il film per la star come modello di Focus.
di Roy Menarini

In foto Will Smith e Margot Robbie in una scena del film.
Will Smith (Williard C. Smith II) (56 anni) 25 settembre 1968, Filadelfia (Pennsylvania - USA) - Bilancia. Interpreta Nicky nel film di Glenn Ficarra, John Requa Focus - Niente è come sembra.

domenica 8 marzo 2015 - Approfondimenti

Per quanto frantumato in mille rivoli, e divorato da una "celebrity culture" multimediale e parcellizzata, il divismo contemporaneo continua ad essere uno dei tratti riconoscibili del cinema, o meglio uno degli elementi che lo distinguono dalle star televisive o del web. Ciò non significa che lo stardom cinematografico di oggi sia meglio o peggio di quello delle altre forme culturali: semplicemente è ancora vivo. Basta pensare al lavoro sull'icona così pervicacemente perseguito da George Clooney, che ha gestito la propria figura sospesa tra classicismo e modernità con grande acume, e con attenzione non meno studiata di quella di altri meno nobili prodotti del marketing comunicativo. Che poi Clooney sia anche un bravo attore, un discreto regista e un uomo decisamente intelligente, non guasta. Ma poco importa al tema della costruzione delle star.
Lo dimostra un film come Focus - Niente è come sembra. Ci troviamo di fronte ad alcune strategie tipiche del film cucito addosso a una star. Anzitutto non ci sono nomi di registi o di figure produttive in grado di fare ombra (nemmeno lontanamente) a Will Smith. In più, anche la partner femminile del film - per quanto emergente - non possiede carisma né notorietà tali da impensierire il divo. Infine, persino la stessa storia (il plot, insomma) è gestito in modo tale da non oscurare la performance del divo.
Focus, insomma, è ben lontano dall'essere un film indimenticabile, e del resto raramente lo sono quelli che un tempo si chiamavano "veicoli" per le star, ovvero opere che hanno l'unico scopo di servire al (ri)collocamento industriale del divo.
Aggiungiamo che Will Smith proviene da un periodo di appannamento, dovuto principalmente al disastro di After Earth - Dopo la fine del mondo. In America, la sua figura è stata molto analizzata in relazione alla comunità afro-americana da cui proviene, e spesso criticata come una di quelle star black tendenti a "sbiancarsi", ovvero a far dimenticare nei film il colore della sua pelle. Se Men in Black 3 era pensato apposta da Smith per farsi perdonare (il suo personaggio viaggia nel tempo e subisce il razzismo di un periodo, gli anni Sessanta, nel quale essere neri era più difficile di oggi), con Focus si torna all'occultamento culturale, con un paradosso finale che non possiamo raccontare e che conferma la scelta.
Tutto è disciplinato al millimetro. Il divo deve essere seducente (la storia d'amore obbligatoria), intelligente (il truffatore è la figura d'eccellenza del cervello fino che arriva là dove gli altri non possono arrivare), e prestante - con sequenze a torso nudo regolate per contratto, anche se l'eccesso di body building porta Smith a mostrare pettorali così pronunciati da sembrare seni femminili.
Eppure il cinema non è mai un affare così semplice. E se, come sembra, il pubblico abbocca il giusto è anche perché oggi al "veicolo" da star si chiede qualcosa di più, e forse a Will Smith di partecipare a opere meno anonime, di mettersi un po' in gioco senza fare intorno a sé terra bruciata per il solo timore di essere minacciato da qualcuno o qualcosa. Magari da un buon film.

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