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Una Notte Al Museo 2 mostra come serva arte per animare altra l'arte

Gli elementi reali progressivamente scompaiono a favore di quelli digitali.
di Gabriele Niola

Dal reale all'irreale, la scomparsa progressiva degli elementi sul set
Ben Stiller (58 anni) 30 novembre 1965, New York City (New York - USA) - Sagittario. Interpreta Larry Daley nel film di Shawn Levy Una notte al museo 2 - La fuga.

mercoledì 20 maggio 2009 - Making Of

Dal reale all'irreale, la scomparsa progressiva degli elementi sul set
Come una grande metafora del cinema che si nutre di ricostruzioni ed effetti digitali Una Notte Al Museo 2 è un film nel quale gli elementi reali progressivamente scompaiono a favore di quelli digitali. Inizia senza alcun effetto nè ritocco per vederne sempre di più fino a culminare in un finale in cui sul set c'era un decimo di quello che sarebbe stato in quelle medesime inquadrature dopo il passaggio alla post produzione.
Dal punto di vista tecnico infatti il film non solo aumenta le creature e quindi gli effetti ma li diversifica. Non solo pezzi della Mostra che prendono vita ma anche elementi non esistenti che vanno creati da zero. Forti del successo del precedente film non si è badato a spese questa volta e gli inserti digitali non sono più solo ritocchi ma si tratta di vere e proprie creazioni da zero come nel primo film era successo solamente lo scheletro di Tirannosauro.
Dal grandissimo (la statua di Abramo Lincoln) al piccolissimo (gli Einstein animati), dal noto (la statua del Pensatore) all'inventato (i guerrieri falco) Una Notte al Museo 2 ha toccato tutte le dimensioni del lavoro di un artista digitale.
Dare vita ai quadri
Il grande Museo di Washington può essere definito come la madre di tutti i musei americani, comprende di tutto e di più e per questo era chiaro che ambientando lì il film la quantità di opere da animare sarebbe aumentata. Ma l'aumento non è stato solo in quantità bensì anche in varietà. Non solo statue che prendono vita ma anche quadri che si animano, fotografie che rivelano mondi segreti, e opere molto note che parlano.
A differenza di quanto accaduto con il Museo di Storia Naturale infatti ci sono dei referenti noti a tutti che vanno resi, come ad esempio i quadri di Lichtenstein o le fotografie più famose, qualcosa di contemporaneamente divertente e stimolante. L'idea del comparto di effetti speciali infatti è stata di utilizzare una tecnica di animazione diversa per ogni tipo di quadro, suggerendo così come ognuno di essi abbia una vita propria che deriva dalla propria natura e che dunque non siano tutti banalmente vivi alla medesima maniera.
E' un modo di fare gli effetti speciali questo molto particolare e dispendioso che però si rivela più aderente alla realtà del mondo, nel quale ogni forma di vita ha caratteristiche esclusive che la fanno funzionare diversamente dalle altre.
"Abbiamo effettivamente lavorato con i colpi di pennello, mettendoli in movimento, cercando di mantenere vivo sullo schermo l'intento dell'artista" dice Dan Deleeuw, supervisore agli effetti visivi che ha sentito la pressione di dare vita a modelli e opere che gli spettatori conoscono e che quindi avrebbero giudicato a seconda di quanto sono in grado di ricordare loro gli originali. In questo senso la soluzione più interessante sembra proprio quella del mondo in bianco e nero dentro la fotografia del Bacio di Alfred Eisenstaedt.
Anche le statue hanno una pelle
Dal punto di vista meramente tecnico l'impresa maggiore rimane comunque quella di animare le statue. Il punto era infatti farle muovere con naturalezza ma mantenendo l'impressione che il materiale di cui sono fatte sia di volta in volta bronzo o marmo. La pietra non è flessibile come la pelle e sebbene non tutti possano fare questo ragionamento l'occhio umano se ne rende conto subito. Il paradosso però è che negli ultimi dieci anni il mondo dell'animazione digitale ha lavorato per far apparire la pelle meno simile alla pietra e qui doveva far muovere la pietra come fosse pelle.
Alle volte però non basta una texture particolare oppure una serie di movimenti accurati, così si è adottato un trucco vecchissimo. A margine dei movimenti resi quanto più possibile artificali nella loro naturalezza (splendido ossimoro da cultura digitale), i ragazzi dello studio di effeti speciali Rhythm & Hues hanno lavorato con i sound designer per associare a quei movimenti dei rumori che suggerissero la sostanza di quei materiali. La differenza la si capisce se si guarda agli amorini, anch'essi statue in movimento ma che, senza il rumore di pietra, sembrano più naturali del Pensatore o di Venere.
Anche la grande statua di Lincoln ha posto molti problemi perchè Amy Adams e Ben Stiller dovevano recitare una scena lunga cinque pagine guardando qualcosa che sul set non c'era ed era rappresentato da una palla da tennis sospresa nell'aria. Era il regista stesso poi a simiulare quella che avrebbe dovuto essere la voce del presidente.
Fumo vero e miniature finte per l'ala dell'aeronautica
Il vecchio mondo degli effetti concreti però fa sempre capolino in una produzione sufficientemente grande. Così Una Notte Al Museo 2 ha avuto il suo momento vintage quando è venuta l'ora di girare la sequenza dell'ala aeronautica.
Il regista voleva infatti che tutti i razzi e gli aerei fossero pronti a decollare veramente. Per arrivare a questo è stato necessario quindi usare azoto liquido e lanciafiamme. Tutti effetti da realizzarsi sul set perchè gli attori ci interagissero e perchè sembrassero veri (acqua e fumo sono troppo difficili da fare al digitale si vedano a tal proposito le pessime scene con il polipo gigante).
Invece quando è stato il momento per i protagonisti di saltare sul Flyer dei fratelli Wright è toccato al digitale. Si trattava di scene che non era possibile girare nel vero museo, così si è scelto di costruire delle miniature e ricreare con l'animazione il resto dello scenario. Nella sequenza finale dunque c'è l'aereo a grandezza naturale su una piattaforma mobile che simula il beccheggio e il rullaggio, le miniature che create e le versioni digitalizzate di Ben Stiller e Amy Adams.
Due soluzioni diverse all'interno di un medesimo scenario che dimostrano come una produzione sufficientemente grande non si ponga problemi di ottimizzazione ma abbia il lusso di poter davvero cercare ogni volta la soluzione più efficace per risolvere i propri problemi.

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