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Horror Frames: una nuova Ligeia

Edgar Allan Poe e il cinema.
di Rudy Salvagnini

Un'essenza sottile e rarefatta
Wes Bentley (Wesley Cook Bentley) (45 anni) 4 settembre 1978, Jonesboro (Arkansas - USA) - Vergine. Interpreta Jonathan nel film di Michael Staininger The Tomb.

martedì 6 luglio 2010 - News

Un'essenza sottile e rarefatta
E dgar Allan Poe, considerato il padre della narrativa horror moderna (e anche di quella gialla), per lungo tempo ha avuto poca fortuna al cinema. Il motivo è semplice: ha scritto prevalentemente racconti brevi, introspettivi, difficili da rappresentare. Tentativi sporadici di un certo livello non sono mancati sin dai primi tempi, ma si trattava di film fortemente sperimentali (come il bellissimo La caduta della casa Usher di Jean Epstein) oppure di Poe conservavano solo il titolo e poco altro, come nel caso dell'affascinante The Black Cat di Edgar Ulmer o de Il dottor Miracolo di Robert Florey. Esempi minori hanno cercato di utilizzare la situazione topica di un racconto accompagnandola a preponderante materiale estraneo per arrivare a un metraggio adeguato: Panic da Il cuore rivelatore è un caso tipico, non disprezzabile. Perché quello è sempre stato il problema principale nel tradurre Poe al cinema: la necessità di aggiungere molto alla breve trama del racconto e la difficoltà di farlo senza trivializzare l'essenza sottile e rarefatta dell'opera del grande scrittore di Boston.
Le cose sono radicalmente cambiate con il ciclo di film che, a partire dal 1960, Roger Corman ha tratto da Poe ottenendo un grande successo commerciale e sdoganando definitivamente la sua opera al cinema. Complice dell'operazione lo scrittore Richard Matheson (Io sono leggenda) che ha saputo costruire una cornice narrativa per quanto possibile all'altezza restituendo, almeno nei suoi aspetti più esteriori, lo spirito dei racconti di Poe. Diversamente da quanto era predominante all'epoca, si trattava di horror senza mostri, sostituiti dal profondo abisso della mente umana. La recitazione di Vincent Price, che proprio con quei film raggiungeva la consacrazione definitiva, aggiungeva un tocco di ironia che stemperava una certa magniloquenza congenita in quel genere di materiale, creando un insieme visivamente ricco e narrativamente accattivante.
I vivi e i morti è stato il primo film di quel ciclo e molti altri ne sono seguiti (Il pozzo e il pendolo, Sepolto vivo, I racconti del terrore e così via) sino a La tomba di Ligeia, l'ultimo diretto da Corman. La American International Pictures, la casa produttrice, avrebbe continuato ad appiccicare il nome di Poe, diventato ormai sinonimo di fortuna commerciale, ad altri film, magari tratti da opere di altri autori (come Lovecraft per La città dei mostri, sempre di Corman) o che non c'entravano nulla con Poe (La rossa maschera del terrore), ma il ciclo era sostanzialmente finito. I semi erano ormai però piantati e Poe, da allora, è una presenza più o meno cospicua, ma abbastanza costante, nel cinema. Se ne sono occupati anche registi di nome - come il trio Fellini, Vadim e Malle con Tre passi nel delirio - e Poe è diventato anche protagonista in prima persona, come in un episodio de Il giardino delle torture e nel curioso Lo spettro di Edgar Allan Poe dove Robert Walker jr lo interpretava con adesione in un contesto ben poco credibile (antesignano in questo senso era stato comunque l'interessante La casa del corvo con Joseph Cotten).

La trama
Proprio all'ultimo film del ciclo di Poe diretto da Corman si riallaccia un esempio recentissimo, tratto dallo stesso racconto. Ligeia è il titolo di questa nuova versione (poi reintitolata, più genericamente, The Tomb nel suo paese d'origine, gli USA), diretta da Michael Staininger. La trama aggiunge parecchio materiale al melodramma filosofico-orrorifico del racconto di Poe.
A casa Romanova, in Ucraina, la padrona di casa muore a causa di una non meglio precisata malattia. Jonathan Merrick (Wes Bentley), poeta e professore universitario, spiega agli studenti l'influenza che hanno avuto in lui scrittori del passato - come Poe, Byron, Keats - con la loro passione per il macabro e la loro incessante ricerca della bellezza assoluta. Tra chi lo ascolta c'è Ligeia Romanova e lui ne è colpito, nonostante sia strettamente legato alla fidanzata Rowena, figlia del burbero e spiantato George. Ligeia ha un piccolo segreto: con un complice uccide un vagabondo drogato per catturarne lo spirito. L'esperimento però non funziona, come onestamente e correttamente riconosce la stessa Ligeia di fronte al cadavere: la formula va perfezionata. Il rettore dell'Università la sorprende all'opera. Lei cerca di spiegare che sta lavorando per provare che lo spirito può essere contenuto e controllato, ma il rettore - che non è che proprio capisca perfettamente come stanno le cose - la rimprovera aspramente prima di battere in ritirata quando lei gli ricorda la loro relazione adulterina. Ligeia allora chiama Jonathan con un rito spiritico. Detto fatto, Jonathan si precipita da lei che gli fa bere dell'assenzio e, in uno specchio, gli mostra il riflesso della sua vita, vale a dire la grande mietitrice. è l'inizio di una relazione pericolosa a cui Jonathan non riesce a sottrarsi, nonostante avvengano fatti strani: il rettore che voleva tagliare i fondi alla ricerca di Ligeia finisce in coma all'ospedale, una voce al telefono avvisa Rowena che il suo uomo è a letto con un'altra. Finisce che Jonathan lascia Rowena e sposa Ligeia, ma i guai sono appena cominciati.

Una versione alterata
Una sventolata di riprese trendy e flashate non basta a dare fascino a un aggiornamento ai nostri tempi di una storia che è certamente universale, ma si perde in mezzo a molto materiale che ne altera del tutto lo spirito. Il che non è necessariamente un male. Perché rifare continuamente le stesse storie se si può fare qualcosa di diverso? In questo caso, il problema è che il "qualcosa di diverso" è piuttosto fiacco, una rimasticatura di spunti vari e di un concetto di base - la cattura dell'anima per raggiungere l'immortalità - trattato molto meglio in The Asphyx. Di Poe, resta sostanzialmente il nome dei personaggi che risultano piuttosto incongrui nel contesto (passi per una Ligeia dell'est, ma una Rowena in una metropoli moderna?). Il film prende un po' quota nella seconda parte quando l'ambientazione gotica e il cupo romanticismo della vicenda trovano un discreto punto d'incontro. Niente di trascendentale, ma, aiutato da accettabili valori di produzione e da un vago richiamo alla situazione descritta da Poe, il racconto si fa leggermente più avvincente. Resta però ampiamente prevedibile sino a un finale che rimescola le cose, ma non risolleva la storia dalla banalità.
L'esordiente Michael Staininger cercava un approccio moderno e vivace, ma non si può dire che l'abbia trovato. Sofya Skya, nel ruolo di Ligeia, ha una presenza notevole e anche un buon magnetismo sullo schermo, mentre gli altri interpreti principali lasciano a desiderare. Curiosa è la partecipazione straordinaria di due vecchie volpi dello schermo in piccoli ruoli: Michael Madsen gigioneggia di gusto nella parte del papà di Rowena, mentre Eric (fratello di Julia) Roberts fa addirittura il maggiordomo, con esiti non proprio esaltanti.

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