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Quella sera dorata: sfogliando le immagini di un romanzo

James Ivory presenta il suo adattamento dal libro di Peter Cameron.
di Edoardo Becattini

Quel formalismo dorato
James Ivory (James Francis Ivory) (95 anni) 7 giugno 1928, Berkeley (California - USA) - Gemelli. Regista del film Quella sera dorata.

mercoledì 29 settembre 2010 - Incontri

Quel formalismo dorato
In seguito alla morte di Ismail Merchant, avvenuta ai tempi della produzione de La contessa bianca, James Ivory ha impiegato quasi cinque anni per riuscire a trovare ispirazione e finanziamenti per un nuovo film senza l'aiuto del compagno artistico e sentimentale di una vita. Anziché dal consueto sguardo al passato, gli stimoli per una nuova produzione sono arrivati dalla contemporaneità: dallo scrittore americano Peter Cameron e dall'altra fedelissima compagna artistica della Merchant-Ivory, la sceneggiatrice Ruth Prawer Jhabvala. Anche se pubblicato nel 2002, il romanzo Quella sera dorata contiene molti degli elementi che costituiscono la filmografia di Ivory: una casa di campagna in cui vivono antichi rancori, famiglie infelici ma fedeli ai vecchi valori della cultura borghese, intellettuali fuori patria in cerca di se stessi. Il romanzo di Cameron (la storia di un giovane dottorando che compie un viaggio in Uruguay per convincere una famiglia di intellettuali a concedergli l'autorizzazione a scrivere una biografia di uno scrittore morto suicida) offre quindi la materia letteraria ideale per un ritorno ai temi tradizionali del regista. Un nuovo-vecchio percorso artistico rappresentato dal ritorno di Anthony Hopkins e annunciato dal progetto di un imminente spettacolo coreografico dedicato alla figura di Giorgio Vasari che lo vedrà tornare a Firenze a venticinque anni da Camera con vista.

Cosa la attrae di più della letteratura?
James Ivory: Leggere è una delle attività più importanti che abbiamo nella vita. L'amore per la letteratura è stato una parte molto importante della mia vita, e soprattutto della mia vita assieme a Ismail e a Ruth. Da questo punto di vista, considero tutti i miei film come una lunga biografia della vita di noi tre. Tuttavia, gli adattamenti letterari costituiscono solo il 60% della mia produzione. C'è anche un 40% dei miei film che raccontano storie contemporanee basate su sceneggiature originali, come tutti i miei primi film girati in India o negli Stati Uniti. In questo caso particolare, una delle cose che più attraeva del romanzo di Peter Cameron era la leggerezza, la possibilità di raccontare dei personaggi infelici che in qualche modo riescono alla fine del loro viaggio a trovare una loro felicità personale nell'idea della coppia. Per questo ho voluto concludere il film con un'opera di Mozart, per dare un senso di completezza e di serenità al destino di questi personaggi. Penso che questo finale sarebbe piaciuto moltissimo a Ismail.

E che cosa la ha attratta invece del romanzo di Cameron?
James Ivory: Uno degli aspetti straordinari di Peter Cameron è riuscire a raccontare in modo così vivido e realistico il paesaggio dell'Uruguay senza esserci mai stato. Sapendo questa cosa, è stata anche per noi una grande sorpresa arrivare nei luoghi descritti dal romanzo e scoprirli identici a come erano stati raccontati da lui. Da regista, mi sento davvero molto fortunato che esistano grandi scrittori come Peter Cameron. Sono i grandi racconti a rendere più bello e appassionante il mio lavoro. Inoltre, sono davvero poche le storie originali ambientate nella contemporaneità capaci di suscitare realmente il mio interesse. D'altronde, il lavoro della scrittura è un lavoro molto complesso, per questo stimo moltissimo il lavoro che fa Ruth, che ritengo decisamente la parte più difficile della realizzazione di un film. Oltre a scrivere adattamenti e sceneggiature originali per me e Ismail, Ruth è nella vita un'importantissima scrittrice che ha vinto molti premi coi suoi romanzi e i suoi racconti. Quello che infatti amo più di lei è il fatto che si approcci alla materia letteraria di qualcun'altro con il rispetto che solo un collega che conosce bene il lavoro della scrittura può tenere. Fin dal nostro primo grande successo realizzato assieme, Shakespeare Wallah, nei suoi lavori traspare sempre una grande attenzione sia per il rigore formale che per il piacere del racconto, senza alcun timore reverenziale nei confronti della materia letteraria da affrontare.

Che valore ha "Quella sera dorata" per la sua casa editrice?
Matteo Codignola (Dir. Editoriale Adelphi): In Italia, il libro di Peter Cameron è molto popolare e ha venduto più di cinquecentomila copie, una cifra molto alta per un romanzo vecchio stile che non tratta di violenti omicidi e che non è stato spinto da un caso o da uno scandalo. Si tratta di un romanzo "puro", un genere che, volente o nolente, vediamo scomparire nel suo impianto narrativo classico. Per questo mi fa ancora più piacere che sia riuscito a diffondersi soprattutto attraverso la genuinità del passaparola. Per un editore, una trasposizione filmica è sempre un modo sicuro per incrementare le vendite, ma nel caso specifico del film di Ivory devo dire che Quella sera dorata entra nella complessità del testo di Cameron con un misto fenomenale di fedeltà e di invenzione. Ivory è molto noto per il suo particolare “tocco” con cui è capace di entrare nelle pagine anche dei grandi classici, ma nel caso specifico penso sia riuscito a creare una dimensione parallela del romanzo davvero straordinaria. Dopo tanti anni è tornato a lavorare con Anthony Hopkins. James Ivory: L'ultima volta che io e Anthony Hopkins avevamo lavorato assieme era stato per Surviving Picasso, un'esperienza della quale conservo un buon ricordo anche se Anthony è sempre stato molto critico nei confronti della sua performance per quel film. Stavolta, dopo averlo visto interpretare tanti mostri e assassini, ho voluto farlo tornare alla sua dimensione originaria, quella del teatro e della recitazione corale, dandogli la possibilità di recitare come se fosse in palcoscenico. Anche se abbiamo girato molti film assieme, non posso certo considerarlo come un mio alter ego. Lui è un lavoratore infaticabile, cosa che io non sono. Lui è inglese, io americano. Lui è una grande star e io non lo sono. L'unica cosa che direi che abbiamo in comune è che abbiamo entrambi l'hobby della pittura. Oltre alla letteratura, ci sono anche molti altri riferimenti nel film. James Ivory: Le varie citazioni musicali (Lehár), pittoriche (Beato Angelico) e letterarie (Cechov) sono in parte riprese dal libro e in parte aggiunte per dare più importanza al fatto che la famiglia Gund sia l'espressione di una vecchia cultura europea. È un'idea che ho cercato di rendere soprattutto nella scena della proiezione del vecchio filmino dei viaggi di famiglia, in cui vediamo questa coppia che viene da molto lontano intenta a ricreare un piccolo mondo antico all'interno della campagna selvaggia dell'Uruguay. Nei miei film si può quasi sempre trovare questo sguardo rivolto al passato, una specie di tentativo di fare ritorno a delle abitudini culturali ormai quasi estinte. D'altronde sono sempre stato un nostalgico, fin da bambino…

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