Walt Kowalski è un meccanico della Ford in pensione, reduce della guerra in Corea. Vecchio scontroso e tormentato, Kowalski ha piantato una bandiera americana davanti a casa, a difesa di un territorio che è stato recentemente popolato da una nuova generazione di immigrati e che egli avverte ormai come irrimediabilmente ostile e straniero.
Questo è il quadro, decisamente asfittico, che si delinea nelle prime scene. Tuttavia l’attenzione di Clint Eastwood, insieme regista e attore-protagonista, si sofferma presto sui segnali di un possibile cambiamento. Una dopo l’altra, attraverso uno stile estremamente accurato ma sobrio e asciutto, ci vengono presentate tutte le crepe e le incrinature che si aprono nel modo di vivere e pensare del signor Kowalski, spingendolo a varcare gli steccati dietro cui si è trincerato e a cercare un rapporto con i nuovi vicini di casa.
In questo senso Gran Torino è un film sul divenire, inteso come processo insieme di relazione e cambiamento. Tecnicamente il filosofo Gilles Deleuze descrive il divenire come uno “scambio di particelle”, sottolineando come ogni trasformazione significativa avvenga all’interno di un rapporto, attraverso la condivisione di esperienze e affetti tra partner. Kowalski realizza così il proprio divenire in accordo con due giovani di etnia Hmong, Sue e Thao. Prima timidamente, poi in modo trascinante e inarrestabile, fino a scardinare completamente le reciproche posizioni a livello sociale.
Il divenire del signor Kowalski è un fatto tutt’altro che privato. Esso disegna una nuova geografia, un territorio da esplorare e fondare prima ancora che difendere. È questa una dimensione intimamente politica, che fa di Gran Torino un film sull’America. Attraverso l’epopea del protagonista, Clint Eastwood opera una rilettura a livello simbolico del sogno americano. Per Kowalski-Eastwood esso non si sovrappone più alla rivendicazione aggressiva della propria identità, ma piuttosto all’archetipo dell’uomo sradicato e libero, aperto al cambiamento e alle sorprese che riservano gli incontri. Forse è proprio questa la più grande sfida culturale e politica che pone l’ultimo Eastwood: uscire dall’America attraverso l’America, spingendo la frontiera ancora più in là, fuori di sé.
È una strana vecchiaia quella di Clint Eastwood, una vecchiaia radicale che conduce dritto alla radice dei problemi. La stessa radicalità etica che porta il signor Kowalski ad affidare la sua Ford Gran Torino al giovane Thao, piuttosto che ai figli.
[+] lascia un commento a la minore »
[ - ] lascia un commento a la minore »
|