Titolo originale | Em Segunda Mão |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Portogallo |
Durata | 114 minuti |
Regia di | Catarina Ruivo |
Attori | Pedro Hestnes, Rita Durao, Luís Miguel Cintra, João Grosso, Joana de Verona Vasco Apolinário, Marcello Urgeghe, Ricardo Aibéo, António Pedro Figueiredo, Diana Costa e Silva, Luis Lucas. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 18 marzo 2014
Jorge é uno scrittore solitario che un giorno, dopo aver scoperto le preoccupazioni di Laura, decide di volerla proteggere.
CONSIGLIATO SÌ
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Jorge è un uomo solo, che scrive romanzi erotici sotto lo pseudonimo di Clarice B. La sera, guarda nelle finestre di fronte e invidia le vite degli altri, più felici della sua. Una notte, in un albergo a ore, sente uno sparo provenire da una camera vicina e viene in possesso di un'ultima confessione su un registratore portatile. Nel recapitarla a destinazione, s'innamora della donna a cui è destinata ed entra a far parte della sua vita, o così crede.
Catarina Ruivo sceglie un plot classico, che parla del funzionamento del cinema stesso, per un discorso intrigante e suggestivo, ma in definitiva meno personale di quanto si potesse auspicare, sul tema del teatro dell'esistenza (chi siamo veramente noi, burattinai o burattini?) e sugli inganni dell'apparenza
Nel portare in scena "L'impero delle luci" di Magritte, e nel farne dichiaratamente l'ispirazione delle sue inquadrature, la regista introduce però un elemento interessante e fondamentale: il surrealismo. Surreali sono i dialoghi tra Jorge e il receptionist dell'albergo, ma surreale è, nel quadro come nel film, la compresenza di anime opposte quali il giorno e la notte, il mondo di Jorge e quello di Laura, la libertà dell'immaginazione e la schiavitù del denaro. Soprattutto, con questa asserzione sotto forma di citazione, il film ci tiene a dire che l'immagine non riproduce la realtà ma è sempre altro rispetto alla cosa che rappresenta. È davvero la felicità quella che Jorge trova entrando nel "quadro" (la casa ha un'architettura precisa, rettangolare, ed è immersa nel bosco, come il dipinto di Magritte) delle persone felici? O non si trattava forse dell'immagine della felicità, soggetta a differenti punti di vista?
Non è facile misurarsi con il grande tema del fantasma(tico), qui declinato nella sua chiave più cinematograficamente illustre, ovvero quella hitchcockiana (da Rebecca a La finestra sul cortile a La donna che visse due volte), e la Ruivo, in questo percorso, non sceglie sempre per il meglio. Adottando un soggetto (almeno) "di seconda mano" (nell'ombra, infatti, c'è anche l'eco di Almodovar), compie l'errore di trascurare gli snodi narrativi per dedicarsi quasi esclusivamente alla cura della forma. Ma il thriller, per quanto psicologico, non è un genere che permetta tali trascuratezze. L'esercizio visivo è riuscito, ma lo spettatore, come Jorge, si aspettava qualcosa di più.