FERNALDO DI GIAMMATTEO
Lo si ricorda come il regista di Marlene Dietrich, ed è sbagliato. La sua presenza nel cinema a cavallo fra muto e sonoro, in USA, ha un valore assoluto, perché a lui si deve il perfezionamento di quell'uso dell'illuminazione artificiale in funzione narrativa, oltre che pittorica, cui s'era soprattutto dedicato Griffith.
Stemberg (il von gli sarà appiccicato da un produttore) nasce povero a Vienna, in una famiglia ebrea strettamente osservante, emigra negli Stati Uniti, trova lavoro nel cinema come passafilm, poi montatore, finalmente sceneggiatore e aiuto regista. La prima occasione giunge nel 1925, quando l'attore inglese George Arthur gli offre la possibilità, e il denaro, per realizzare The Salvations Hunters, film sugli straccioni che si aggirano intorno ai moli della San Pedro Bay: sarà girato interamente negli esterni veri. È una sorpresa per tutti, che si rinnova due anni dopo con Le notti di Chicago (1927), dove il cinema affronta per la prima volta l'ambiente dei gangster.
Queste esperienze, ed altre più o meno felici, permettono al regista di elaborare quello stile figurativo (e quei vezzi di maniera che gli saranno poi rimproverati) da cui estrarrà le sue opere migliori: in USA, ancora con il muto, I dannati dell'oceano; in Germania, con il sonoro (e due canzoni destinate a diventare celebri, nonché effetti come il rintocco dell'orologio che batte la mezzanotte alla fine), L Angelo azzurro (1930), che segna l'incontro con Marlene Dietrich, con la quale a Hollywood realizzerà - avvolgendola di luce, veli, trine, fumo, movimenti di macchina, dissolvenze, filtri - altri sei film. I più sfavillanti e barocchi saranno Shanghai Express (1932), Venere bionda (1932) e Capriccio spagnolo (1935), da Pierre Louys; il più delirante, quasi incredibile, L'imperatrice Caterina (1934). I, Claudius, nel 1937 - chiuso il capitolo Dietrich - avrebbe potuto essere (soggetto dal romanzo di Robert Graves, interpretazione di Charles Laughton) un capolavoro, si disse, se un incidente a Merle Oberon non avesse bloccato la lavorazione. E Sternberg, dopo una riduzione di Delitto e castigo (Ho ucciso! 1935), spinge fino al parossismo il suo delirio erotico e visionario con una sconvolgente storia di gioco, di droga, di odio e di sottomissione sessuale interpretata da una straordinaria Gene Tierney (I misteri di Shanghai, 1941). La follia sarà il tema anche dell'ultimo film - L'isola della donna contesa (in originale: The Saga of Anatahan, 1953) - dove dodici marinai giapponesi non accettano che la guerra sia finita e sono sconvolti da una enigmatica presenza femminile.
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995