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Rassegna stampa di Buster Keaton

Buster Keaton (Joseph Francis Keaton). Data di nascita 4 ottobre 1895 a Piqua, Kansas (USA) ed è morto il 1 febbraio 1966 all'età di 70 anni a Los Angeles, California (USA).

A CURA DELLA REDAZIONE
MYmovies.it

Fu soprannominato "il comico che non ride" per la sua caratteristica impassibilità: "il solo comico americano paragonabile a Chaplin" (Georges Sadoul); "...a qualunque cosa capitasse, non reagiva, non batteva ciglio, non rideva; fu la fissità dell'uomo, magro, asciutto, angoloso, la sua imperturbabilità, il successo di Keaton» (Francesco Pasinetti). L'attore prese spesso parte alla preparazione dei suoi film, e con tutta probabilità fu autore di molte delle gags che interpretava. Sottovalutato dagli storici del cinema, anche per la difficoltà di rinvenire tutte le opere più interessanti della sua carriera, è da qualche tempo oggetto di una più meditata considerazione. La sua filmografia essenziale comprende: serie "Butcher Boy", serie "Balec", serie "Frigo": in parecchi di questi comparve insieme con Roscoe "Fatty" Arbuckle, che lo aveva avviato al cinema. The Three Ages, 1923; Our Ospitality, 1924; The Navigator (scenario di Clyde Bruckman, regìa di Donald Crisp), 1924, considerato fra i suoi film più significativi; Go West, Battling Buster, The General, 1926; Steamboat Bill, The Cameraman 1928; Free and Easy, 1929; Spite Marriage, 1929; Dough Boys, 1930; Passionate Plumber, Speak Easily, 1932; What, No Beer?, 1933; Le roi des Champs Ehsées (in Francia), 1934; dal 1935 al 1938 interprete di una serie di cortometraggi per la Educational; Hollywood Cavalcade, 1939. Nello stesso periodo, regista di cortometraggi comici per la Metro Goldwyn Mayer, poi per la Columbia Pictures, e la RKO Radio. Nel dopoguerra, praticamente inattivo. Verso il 1953 in Europa e anche in Italia, in tournée con compagnie d'avanspettacolo per guadagnarsi da vivere. Gli ultimi film in cui comparve furono Viale del tramonto, (1950) di Billy Wilder, dove giocava una celebre partita a poker con Anna O. Nilsson, H.B. Warner e Gloria Swanson, Luci della ribalta, 1952, di Charlie Chaplin, col quale interpretò lo sketch, splendido, dei due suonatori, Chaplin al violino e Keaton al pianoforte; e Film, 1965, di Samuel Beckett e Alan Schneider, un cortometraggio di ventidue minuti: "Keaton (eccetto quello di Luci della ribalta e di Film), rimane consegnato a un'arte primitiva, mentre Chaplin passa a un'arte più complessa e più profonda. Keaton costituiva davvero un'autentica "distruzione": la fine del cinema muto segnò la sua fine" (Guido Aristarco).

PIERO DI DOMENICO
MYmovies.it

Buster Keaton è nato a Piqua, in Kansas (Usa) nel 1895. Le sue doti eccezionali e il suo stile unico e inimitabile come interprete hanno in parte oscurato il suo talento come regista cinematografico, qualità queste che possono in parte essere attribuite al fatto che fin dall'infanzia si trovò a dover risolvere problemi di messa in scena.
Figlio di acrobati, Buster Keaton crebbe nell'ambiente del music-hall e del vaudeville (i suoi genitori viaggiavano in un medicine show), e all'età di tre anni Keaton si unì a loro come interprete di un numero. Quando il padre si diede all'alcool e il team si sciolse, Keaton entrò a soli vent'anni, nel mondo del cinema come spalla-antagonista (dal 1917 al 1919 in ben quindici cortometraggi, con eccezione degli ultimi mesi di guerra durante i quali Keaton dovette prestar servizio militare) di Fatty Arbuckle.
Nel 1920 aprì un suo studio, fidando sulle doti atletiche maturate nell'infanzia e su un minimo di conoscenze tecniche; circondatosi di persone fidate, iniziò a produrre con la loro collaborazione cortometraggi comici, fra i quali, tanto per citarne alcuni, One week, Neighbours e Convict 13.
Mano a mano che i suoi ruoli diveniva più importante il suo stile si raffinava.
Nel 1919 Joseph Schenck formò una compagnia per la produzione di cortometraggi interpretati, scritti e diretti da Keaton. Il primo fu The high sign (1920), al quale seguì una lunga serie di film a due bobine fra cui The goat, The Playhouse e The boat.
Nel 1920 Keaton recitò in un lungometraggio per la Metro, The Saphead, tratto dalla commedia teatrale The new Henrietta; solo tre anni più tardi iniziò una produzione propria di lungometraggi con L'amore attraverso i secoli (1923).
La serie di film che seguirono avevano una consistenza di stile e delle qualità tecniche che rivelano il controllo creativo di Keaton. Tra i suoi film più significativi: Accidenti che ospitalità (1923), La palla n. 13 (1924), Il navigatore (1924), Seven Chances (1925), Io e la vacca (1925), Battling Butler (1926), Il Generale (1926), College (1927) e Io e il ciclone (1928).
Keaton era al tempo stesso regista, sceneggiatore e attore, ma con l'avvento del sonoro si trovò legato alle nuove organizzazioni industriali di quei tempi, e dovette produrre attraverso la MGM. I metodi di lavoro dei grandi studi non gli erano congeniali e dopo la realizzazione di due altri film muti (Io e la scimmia e Spite marriage), la sua carriera iniziò a declinare: dopo qualche film sonoro, cercò lavoro dove poteva senza fare grandi distinzioni.
Keaton viene ridotto a attore comico di film dozzinali, e poi a spalla di altri attori. Di pari passo declina la sua vita privata: divorzi, dissesti economici, alcool. Trascorse un anno in una clinica psichiatrica, aggirandosi poi per una dozzina di anni come un fantasma per gli studios di Hollywood.
Nel dopoguerra alcune brevi ma intense interpretazioni di alta classe lo riportano alla ribalta: il giocatore di poker di Sunset boulevard (Billy Wilder), il vecchio pianista di Limelights (Charlie Chaplin) e soprattutto l'uomo che cancella sé stesso in Film (l'unico cortometraggio del drammaturgo Samuel Beckett).
La disperata assurdità del teatro di Beckett si sposa con la muta nevrosi della maschera keatoniana: Keaton nasconde lo specchio, straccia le sue fotografie, ed è solo nel vuoto (chiuso in una camera, ha orrore di sé stesso). La sua ultima interpretazione avvenne nel 1966 in Dolci vizi al foro.
Keaton muore a Hollywood nel corso dello stesso anno

MAURO GERVASINI
Film TV

Joseph Francis Keaton nasce qualche settimana prima del cinema, il 4 Ottobre 1895. A tre anni si esibisce per la prima volta insieme ai genitori, artisti del vaudeville. A cinque è gia capace di fare salti mortali all’indietro, e i parenti durante gli show lo strapazzano come uno straccio. Il Grande Houdini, di fronte al bimbo volante, esclama stupefatto: «What a little buster!», dove buster si può intendere nel doppio significato di “cascatore” e “scavezzacollo”. Nascita di un mito. A 23 anni Buster Keaton incontra Roscoe Arbuckle detto Fatty (“Ciccio”) con il quale comincia a realizzare film. Sono una coppia ben assortita: il grasso è il furbacchione che ammicca al pubblico, il piccoletto magro quello che subisce e resta impassibile di fronte allo scatenarsi degli eventi. Keaton indossa da subito un cappellino schiacciato, che insieme al gilet, ai pantaloni di una misura in più e al cravattino corto diventano i segni della maschera. Nel 1920 Fatty è travolto da un incredibile scandalo. Accusato di aver provocato la morte di una ragazza durante un festino, viene poi dichiarato innocente ma si ritrova con la carriera fatta a pezzi e i film messi all’indice (il produttore William “Quarto potere” Hearst ne fa addirittura bruciare qualcuno). Buster comincia a lavorare da solo. Anni ‘20: il cinema americano o è comico o non è. Keaton sceglie di non ridere più (perché in alcuni film con Fatty, come The Butcher Boy o The Bellboy, invece ride, eccome) e di sviluppare le gag partendo dal suo rapporto problematico con l’ambiente. Fisicamente può tutto: cadere, saltare, volare, piegarsi senza spezzarsi mai. Quindi sfida la materia: il mondo e i suoi sintomi concreti, vale a dire gli oggetti. La cui funzione viene continuamente ribaltata. Per esempio, in Accidenti, che ospitalità! un treno deraglia e finisce nel fiume; il cassone che contiene la legna per la caldaia della locomotiva viene trasformato in una barca. Il trucco non è nuovo, direte voi. Anzi, è persino elementare, dato che è tipico dei bambini rifunzionalizzare gli oggetti, a partire dai giocattoli, per emulare attraverso la fantasia la realtà degli adulti. Insomma, lo fanno tutti i comici che si rispettino. Ma Buster fa qualcosa in più, inverte il processo. Dimostra come sia il mondo a essere incongruo, e non l’uomo che non si conforma alla sua logica. Gli oggetti, infatti, non funzionano anche se usati con coerenza. Nello splendido Il navigatore l’omino non riesce ad aprire una scatoletta con l’apposito apriscatole. Ogni tentativo è vano. Solo attraverso l’invenzione e l’uso incongruo di un utensile (una sega montata a un marchingegno) ce la fa. Sfidando le leggi della fisica e rivoluzionando il microcosmo ideale - una nave o la casa, spesso presenti nel cinema di Keaton - il fantastico irrompe nel vero e cerca di ricostruirlo. La proiezione della realtà come potrebbe essere, piegata quindi alla logica antimaterica del “cascatore”, è il sogno, come dimostra uno dei corti più belli del nostro, Convict 13. E per estensione il cinema, come invece sottolinea il celebre Palla numero 13 - Sherlock Jr., da cui La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen. Questo, non è un processo né meccanico né indolore, perché il confronto tende all’apocalisse, ovvero alla frammentazione della materia e alla rivincita della realtà (la casa distrutta dal treno nel capolavoro One Week). Ricondotto alle sue umane dimensioni, tra le macerie esistenziali, il “cascatore” non può che registrare lo smacco e guardare il pubblico attraverso la macchina da presa. Ma anche qui, Buster è diverso dagli altri. Stanlio ci guarda e ci commuove (non a caso, piagnucola) perché noi si partecipi all’ingiustizia che lo ha colpito (il pugno in testa di Ollio). Fatty ci guarda e ride come noi, instaurando una forte complicità. Buster ci guarda con impassibile stupore. Come a domandarsi: «Perché ridete di me che sono voi?»

MARIO GROMO
La Stampa

Ho sott'occhio qualche fotografia del «Trio Keaton» formato dalla madre e dal padre di Buster, e dal piccolo Busterino, sì e no decenne, che già si guadagnava ogni giorno il suo parie, di circo in circo. Ha una parrucca di stoppa, ghette bianche, un gran panciotto candido, calzoni a fisarmonica, una palandrana che gli scende fino alle caviglie; e mentre il padre ho uno stanco sorriso, e la madre è soddisfatta di essere dinanzi a un fotografo, il bimbo fissa l'obiettivo con un volto severo, di pietra, reso più immobile dallo sguardo un po' attonito, un po' diffidente. Di quella maschera, in quello sguardo, c'è già l'attore che, più tardi, darà anche una sua impronta al film comico americano. Se a lungo il film comico europeo tentò di esistere su lazzi è qui pro quo, quello americano seppe invece raggiungere, sopratutto con Chaplin e un po' anche con Keaton, una vibrazione amara, sofferta, implicita nelle parole dello stesso Chaplin: «Mettere qualcuno in una situazione imbarazzante, e farlo reagire». Con Chaplin si ha una ardente partecipazione del protagonista a ogni: sua disavventura; attorno a Buster Keaton si ha invece lo scatenarsi di disavventurate vicende che sempre più si infittiscono, diventano gragnuola, e la comicità nasce irresistibile da quella sua maschera sempre imperturbabile. Le doti espressive dell'attore sono tuttavia notevoli, e quel tema fondamentale della sua impassibilità esige, direi per definizione, variazioni minime, che devono essere espresse con mezzi sempre più accorti e sottili. Gioia, dolore, impazienza, abbandono, molto riesce ad esprimere, con l'aiuto di uno scaltro montaggio, quel volto in apparenza sempre eguale: Keaton è uno dei pochi attori nati per fare del cinema, si comprendevano quindi le sue avversioni al film parlato, molto simili a quelle di Chaplin. Ma se in Guerriero e in Chi non cerca trova i vari tentativi di dialogo erano timidi e incerti, ora, in lo e le donne, Keaton tutto si abbandona a battute e battute; lungo una vicenda che molto ricorda quelle delle più ovvie «pochades». Così, dal compromesso e dal tentativo, si è giunti a una resa a discrezione di fronte alla nuova tecnica; e questa, come non era difficile prevedere, è tutta a scapito delle più autentiche possibilità dell'attore. Non mancano trovatine felici, fra grotteschi espliciti ed elementi addirittura farseschi; ma troppe volte l'attore è come irretito, o frenato, o annullato, da parole e parole. Sono allora soltanto le sue labbra, a fare quella che è per lui una nuova fatica.

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