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Rassegna stampa di Erich von Stroheim

Erich von Stroheim (Erich Oswald Stroheim). Data di nascita 22 settembre 1885 a Vienna (Austria) ed è morto il 12 maggio 1957 all'età di 71 anni a Maurepas (Francia).

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Uno dei più grandi creatori del cinema come arte: il suo irriducibile non-conformismo finì a esprimere drammaticamente l'inconciliabilità di una vecchia Europa (quella degli Imperi centrali, di cui Stroheim era figlio) con un'America ancora ingenua e perbenista. La tormentata vicenda hollywoodiana di Stroheim è descritta nel volume di Peter NoMe Il capro espiatonio di Hollywood, Londra 1950. Sbarcato negli USA nel 1910, senza un soldo, per due anni Stroheim prestò servizio nell'esercito americano. Fece poi vari mestieri: fra l'altro presentò un proprio copione in scena, ma fece fiasco. Finalmente si recò a Hollywood nel 1914, e un anno dopo, conosciuto David W. Griffith, ne divenne collaboratore per Intolerance (funzionando fra l'altro come «consigliere militare») e infine attore, in Hearts of the World, 1917. Nel 1919 diventò regista a sua volta. Diresse in tutto otto film, l'ultimo dei quali incompiuto (Queen Kelly, 1928). L'apice del suo contrasto con i produttori americani venne raggiunto a proposito di Greed (Rapacità), realizzato da Stroheim in diciotto bobine e pubblicato in un montaggio curato dalla sceneggiatrice Giugno Mathis che lo ridusse a otto bobine. Dopo l'avvento del sonoro Stroheim lavorò soltanto come attore, talora sceneggiatore e soggettista. Nel 1937 si recò in Francia, dove rimase per due anni, interpretando fra l'altro La grande illusione di Renoir. Dal 1940 al '45 fu ancora negli Stati Uniti. Dopo la fine della guerra visse in Francia, tranne un breve ritorno a Hollywood per prendere parte, nel 1950, a Viale del tramonto di Billy Wilder. Mentre i due film citati valgono a compendiare le sue virtù d'attore (assai spesso impiegato per caratterizzare ufficiali tedeschi, ai quali prestava un physique du ròle invero eccezionalmente aderente), sull'opera di Stroheim come autore il giudizio è in genere assai complesso, soprattutto per la difficoltà della conoscenza diretta delle opere (generalmente manomesse in montaggio). Cinico, acre, sarcastico, Stroheim distrusse a Hollywood tutta la mitologia della felix Austria dalla quale era giunto: il suo talento distruttivo finì per sgomentare il pubblico; l'alto costo delle sue realizzazioni gli inimicò i produttori. Il suo isolamento diventò definitivo e il suo conflitto con un mondo ostile si andò sempre più approfondendo. A soli 45 anni realizzò l'ultimo suo film da regista. Pochi altri artisti - forse soltanto Eisenstein, nell'ambito cinematografico - protessero la propria indipendenza con l'aceanimento, la forza della disperazione di Stroheim, il quale, per difendersi, non esitò a dichiarare: «Il pubblico vuole che gli si mostri la vita vera come quella che gli uomini vivono: aspra, nuda, disperata, fatale. Io ho intenzione di imbastire i miei prossimi film sulla ruvida stoffa dei conflitti umani... Girare dei film con la regolarità di una macCina per fare salsicce, vuoi dire fare film nè migliori nè peggiori di salsicce una in fila all'altra». (1924). Regista di Blind Husbands (La legge della montagna), 1918; The Devil Pass Key, 1919; Foolish Vives (Femmine folli), 1921; Merry-GoRound (Donne viennesi. Terminato da Rupert Julian), 1922; Greed (Rapacità), 1923;The Merry Widow (La vedova allegra), 1925; The Wedding Marzo e Honeymoon, 1927; Queen Kelly, 1928, (incompiuto; proiettato solo in Europa in una versione non riconosciuta dall'autore. Il film era stato prodotto dalla United Artists e da Joseph Kennedy, padre del presidente degli Stati Uniti assassinato). Come attore appare nei suoi film: Blind Husbands, Femmine Folli, Sinfonia nuziale. Inoltre (si citano le interpretazioni più significative): The Great Gabbo, 1929, di James Cruze; Come tu mi vuoi, 1932, di George Fitzmaurice con Greta Garbo; La grande illusione, 1937, di Jean Renoir; L'alibi, 1937, di Pierre Chenal; Macao, l'inferno del giuoco, 1939, di Jean Delannoy; Così finisce la nostra notte, 1941, di John Cromwell; I cinque segreti del deserto, 1943, di Billy Wilder (Stroheim nella parte di Erwin Rommel); Fuoco a Oriente, 1944, di Lewis Milestone; La foire aux chimères, 1946, di Pierre Chenal; La dance de la mort, 1947, di Marcel Cravenne; Viale del tramonto, 1950, di Billy Wilder.

FERNALDO DI GIAMMATTEO

Fra i personaggi «maledetti», Stroheim - finto nobile, in realtà figlio di un cappellaio ebreo della Slesia, emigrato a Hollywood nel 1914 per intrupparsi con varie mansioni nel gruppo di Griffith - è il più intransigente e malmenato. Sadico, distrugge ovunque giunge, pur di imporre la propria volontà. L'industria fin che può ne approfitta, conia persino un gioco di parole a fini pubblicitari («The man you loved to hate», l'uomo che amereste odiare). E lui, regista ossessionato dal demone della perfezione e del realismo - un Visconti avanti lettera - non lesina né spese né effetti ed effettacci. Narra storie di adulteri, in sé banali, ma ne stravolge lo sviluppo esasperando la brutalità maschile e la voracità femminile, colta nel momento del suo risveglio: Mariti ciechi (1919), Femmine folli (1921), per il quale fa ricostruire la piazza e il casinò di Montecarlo in grandezza naturale, Donne viennesi (1922), che sarà completato da un altro regista.

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