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Slam - Tutto per una ragazza, fedele a Nick Hornby con un finale a sorpresa

Per Andrea Molaioli, regista de La ragazza del lago, il film è fedele al romanzo ma con una concessione: "il finale non mi era mai piaciuto, mi pareva tirato via."
di Gabriele Niola

venerdì 25 novembre 2016 - Incontri

Dopo È nata una star? di Lucio Pellegrini ora con Slam - Tutto per una ragazza è la seconda volta che un romanzo di Nick Hornby viene adattato dal cinema italiano. Una stranissima coincidenza che ci porta, incontrando il regista e sceneggiatore del film Andrea Molaioli, a parlare di come si possa trasporre uno scrittore così contemporaneo e così specifico della cultura inglese in un altro paese. Specialmente in uno in cui da più di un decennio non si producono più film per ragazzi, cosa che invece questa storia è.

Molaioli ha esordito con La ragazza del lago e poi ha messo in scena il crack della Parmalat in Il gioiellino, film completamente diversi da Slam - Tutto per una ragazza, con il quale si presenta al Torino Film Festival, ma sempre scritti con o con la collaborazione di Ludovica Rampoldi.
Gabriele Niola

Alla coppia stavolta si è unito anche uno dei più noti e importanti sceneggiatori italiani, Francesco Bruni.

Come mai proprio Nick Hornby?
Si tratta un po' di una passione personale. Da quando ero più giovane e non facevo cinema mi sono appassionato ai suoi romanzi come "Alta fedeltà" e poi "Un ragazzo", già all'epoca immaginavo che sarebbero potuti uscire dei film da quelle storie.

Ti sono poi piaciuti i film che ne sono poi stati tratti?
Si, ma con delle riserve. Però credo sia una questione emotiva e personale. "Alta fedeltà" è diventato un romanzo del cuore, anche al di là del valore letterario, ed è difficile che una trasposizione che oggettivizza quel che hai immaginato sia aderente con quel che avevi in testa.

L'hai tenuto presente quando hai adattato Slam?
Un po'. Credo che comunque non si possa riportare la visione soggettiva di nessuno, nemmeno la mia che ho fatto il film, ma quel che volevo davvero era la piacevolezza del tono di Nick Hornby, volevo mantenere quel valore e trasportarlo nel film.

Tu e Ludovica Rampoldi avete collaborato per la prima volta con Francesco Bruni, come funzionavano le dinamiche tra di voi?
Con Francesco ci conosciamo da tanto e abbiamo simpatia e stima l'uno per l'altro, quando ho letto questo romanzo l'ho chiamato e gli ho detto se voleva lavorare con me. La linea da seguire era la mia anche se poi mi sembra giusto che si possa rintracciare la personalità di ognuno nel prodotto finale.


Come si adatta Hornby in un contesto italiano?
Questo non è facile, è tutto in prima persona e quindi le parti divertenti lo sono perché frutto di una lettura di quel che accade dal punto di vista di chi sta narrando, un flusso di pensieri e considerazioni, insomma il racconto personale di quel che accade. Noi non volevamo una voce fuoricampo del protagonista, perché avevamo già in mente di usare la voce off del narratore vate, Tony Hawk, quindi ci serviva un modo di spostare la prima persona in terza. Questo è stato il lavoro più difficile da fare, per giunta mantenendo quel tono e quel clima che il romanzo otteneva proprio con quella narrazione.

Questo ha fatto sì che vi siate mantenuti fedeli o il contrario?
Siamo stati molto fedeli al romanzo, anche perché ci piaceva il modo in cui il flusso emotivo usciva, ci piaceva proprio cercare di provare a raccontare un'adolescenza in quanto tale, sebbene travolta da un evento come la gravidanza. Volevamo comunque che rimanesse in luce quella fase in cui si sta completando un ciclo e ci si apre verso quella che viene retoricamente chiamata un'età più adulta, un momento eccitante e terrorizzante. Però è ovvio che nell'adattare il testo e portarlo alle nostre latitudini inevitabilmente qualcosa cambi. L'unica vera concessione è nel finale, quello del romanzo non mi è mai davvero piaciuto, mi pareva tirato via. Il nostro diciamo che è più circolare.

Il film è girato però in due modi diversi, all'inizio è molto per ragazzi, poi cambiando la trama cambia anche lo stile e sembra adottare il punto di vista degli adulti. Pensi che il pubblico più giovane possa rimanere interessato anche alla seconda parte?
Questo non lo so, davvero. Posso solo fare scongiuri. Abbiamo fatto anche piccole e non scientifiche proiezioni test con dei ragazzi, sempre con una risposta positiva, con una forte partecipazione lungo tutto il percorso e grandi differenze in come ragazzi e ragazze percepivano il racconto. Le ragazze lo descrivevano come un film d'amore mentre i ragazzi si identificavano nel protagonista e vivevano tutto dal suo punto di vista. È vero che da un certo punto in poi il mondo adulto entra e partecipa ma i ragazzi rimangono protagonisti. Ti confesso che la scelta non è stata dettata dalla volontà di allontanarsi dall'idea di cinema giovanile, quanto per creare due momenti di ritmo e melodia diversi. Mi piaceva una storia d'amore che a scena 10 già era completata saltando molti dei passaggi canonici.


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