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Troppo poco tempo per fuggire, Pablo Escobar sta tornando


di Marco Chiani

giovedì 25 agosto 2016 - Netflix

Parlare di Narcos, a un anno dal rilascio della prima stagione, rischia di essere totalmente superfluo sia dal punto di vista semplicemente informativo sia critico, tanto la serie sul Re della droga ha interessato il dibattito sui nuovi prodotti televisivi e sulla dipendenza da binge-watching.

Che la maggior parte delle altre serie siano soltanto metadone - metafore infelici a parte - in attesa della botta della seconda stagione è la convinzione non solo degli entusiasti della prima ora, ma anche di quanti, nel corso dell'anno, si sono avvicinati ad un mondo in cui la montagna dell'ideale e il baratro dell'abominio si scambiano di posto agevolando il corso di fiumi di coca e sangue.
Marco Chiani

Entusiasti a parte, sebbene trovare un detrattore tra chi l'ha vista è impresa quasi impossibile, le dieci puntate ideate da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro hanno ridefinito le modalità del racconto seriale in nero, partendo dalla più oscura delle icone latino-americane per riflettere non tanto sulla lotta tra il bene e il male, ma sulle zone d'ombra consustanziali ai due opposti.


NARCOS 2 - DAL 2 SETTEMBRE SU NETFLIX
Un ambiguo e falso amico del popolo

Alla base, potete trovarci sempre Scorsese, Coppola e di più DePalma o ancora prima Wellman, Hawks, LeRoy e Curtiz, fatto sta che la versione realistica delle tristi gesta del più grande narcotrafficante della storia ridimensiona il fascino del cattivo, proprio grazie a quel discorso sull'esplorazione delle zone grigie, consegnandoci un panorama globale in cui la sospensione della morale riguarda ogni personaggio in campo.

Il Pablo Escobar interpretato in maniera più che esatta da Wagner Moura - difficile dimenticarlo in Tropa de Elite - Gli squadroni della morte di José Padilha, che della prima stagione firmava due episodi - è un mostro in tutto e per tutto, nonostante quella paciosa simpatia che emerge identica anche dalla più celebre foto segnaletica del vero Pablo.
Marco Chiani

È insieme un ambiguo e falso amico del popolo. Come qualsiasi uomo che voglia diventare re del mondo, vive a mille, supera ogni difficoltà senza curarsi delle conseguenze delle proprie azioni, cancellando i limiti, le coscienze, entrando e uscendo a piacimento dai segni di una morale che non può né vuole comprendere: «In cima al mondo!» gridava James Cagney sul finale di La furia umana (1949) di Raoul Walsh.


NARCOS 2 - DAL 2 SETTEMBRE SU NETFLIX
Escobar alla conquista del tutto

Nelle dieci puntate della prima stagione, e il discorso riguarda certamente anche le venture dieci disponibili su Netflix dal 2 settembre, il Cartello di Medellín è inserito nel contesto dell'amministrazione Reagan, nella "lotta latina" contro un assetto finanziario globale che proprio nel narcotraffico cominciò a vedere un pericolo di disequilibrio spaventoso e pericolosissimo.

Parte dalla vicinanza al popolo colombiano l'avventura di Escobar, ma come fine ha sempre e soltanto la conquista del tutto che, in sintesi, diventa conquista dell'inutile: la storia del gatto con il topo, senza indicare chi sia il roditore e chi il felino, tra Escobar e gli agenti DEA Steve Murphy e Javier Peña apre un vaso di Pandora fatto di una quantità di denaro impensabile - negli anni Novanta il patrimonio del malvivente ammontava a 30 miliardi di dollari - sotto al quale i morti sono veri, gli uomini, le donne e i bambini non sanno se vedranno un altro giorno. Paradossale pensare che quelle stesse persone, o meglio l'intera popolazione colombiana, viveva dei frutti del traffico di droga.


NARCOS 2 - DAL 2 SETTEMBRE SU NETFLIX

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