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ONDA&FUORIONDA

Il papa tra Francesco e i gesuiti: e quanto cinema.
di Pino Farinotti

In foto papa Francesco lascia il carcere minorile di Casal del Marmo dopo il rito della lavanda dei piedi.

domenica 31 marzo 2013 - Focus

Due settimane fa focalizzavo Il pranzo di Babette come modello di "film del cuore" di papa Bergoglio. La mia lettura, che non è solo mia personale ma generalmente condivisa, era che così come la parigina Babette irrompeva in un ambiente (casualmente luterano) triste, bloccato, senza un destino, portando uno shock vitale e positivo, papa Francesco si preparava a "irrompere" nella Chiesa e nella curia.
Le immagini di Papa Francesco che lava i piedi ai detenuti del carcere minorile di Casal del Marmo di Roma hanno fatto il giro delle testate della carta e della televisione di tutto il mondo. È un atto squisitamente francescano di un religioso di matrice gesuita. Il papa chino può essere inteso come contrappasso di postura con Francesco eretto che regge la basilica del Laterano, secondo il sogno di Innocenzo III, dipinto da Giotto (1295/1299). Anche questo dipinto ha fatto il giro del mondo, con tanto di metafore applicate: Papa Bergoglio sostiene la Chiesa che sta per crollare. Tutte le manifestazioni di Bergoglio, compresa quella del lavacro, sono "francescane". Il mondo è in attesa dell'evoluzione, del passaggio dai francescani ai gesuiti. Dove tutto dovrebbe cambiare. Il modello francescano, in sintesi estrema, è quello del frate che sta vicino alla gente, che va in giro con la bisaccia e chiede l'elemosina per darla ai poveri. Il modello gesuita rappresenta il religioso colto, che sa le lingue, magari ex cathedra, e che non disdegna il potere. Sarà interessante assistere al momento in cui il papa farà a sua volta una ... sintesi. Il tutto nel quadro di un'esposizione mediatica, del piccolo e del grande schermo, che non ha mai conosciuto uguale.

Reiterata
Grande schermo significa, di questi tempi, una proposta, reiterata, della filmografia di San Francesco d'Assisi. Ma certo non si può ignorare l'altro personaggio legato a papa Bergoglio, il fondatore dell'ordine dei Gesuiti, Ignazio di Loyola. Anche al gesuita si è interessato il cinema, ma l'antagonista di Assisi è troppo popolare ed è un carattere, per il cinema, semplicemente travolgente. Ma una citazione "gesuita", importante, che fa parte della memoria popolare del cinema, va fatta: Mission, di Roland Joffé. Il film inquadra un momento storico e tragico della cristianizzazione delle terre del nuovo mondo. Nel 1750 col trattato di Madrid la Spagna cedeva al Portogallo gran parte delle terre del Paraguay dove i gesuiti avevano condotto un'azione eroica. Vittime del trattato furono gli indiani Guaranì, che avevano costruito Missioni e organizzato una vita improntata all'agricoltura e alla fede cristiana. Gli indiani, sostenuti dal gesuita andaluso Altamirano, resistettero, ma furono travolti e decimati. Attraverso la vicenda personale di Rodrigo Mendoza (De Niro) e padre Gabriel (Irons), il film racconta quella resistenza. Dunque gesuiti, gente d'azione, persino guerriera, pronta anche a morire per la "Mission".

Tributo
Concesso il tributo doveroso, poi c'è Francesco e i film. Tre maestri italiani lo hanno affrontato, Rossellini, Zeffirelli, Cavani. Ciascuno secondo la propria cultura ed estetica. Francesco è personaggio talmente ricco e potente da poter essere "letto" secondo tutte le epoche, in tutte le chiavi, umana, sociale, politica, artistica.
Francesco giullare di Dio (1950) è il titolo di Roberto Rossellini. Il regista romano è fedele al suo percorso e alla sua poetica: realismo, nessun orpello, sentimento e commozione profondi ma contenuti. Il santo è rappresentato da undici episodi non connessi ma autonomi. Emerge il quadro detto sopra, l'elemosina, la solidarietà estrema, ma anche un'azione senza compromessi, persino ribelle. Insomma una lettura quasi laica, dove prevale la fase umana estrema rispetto alla santità codificata.

A Liliana Cavani è sempre interessato il sociale e il simbolo. Ha diretto due film sul santo, Francesco d'Assisi (1966) e Francesco (1989). Interessante, e significante è l'attore che ha dato corpo e volto al primo Francesco, Lou Castel, che era stato il modello dei sentimenti che avrebbero deflagrato subito dopo. L'anno prima era stato il giovane ribelle imploso nei Pugni in tasca di Bellocchio, un segnale forte del sessantotto alle porte. La Cavani affidò a Mickey Rourke, il suo secondo Francesco, il compito di rappresentare 23 anni di evoluzioni. Ne esce un ribelle solitario, un personaggio da road, e un uomo d'azione più che di pensiero. Santo oppure no, per la regista è un quesito superfluo.
L'attitudine internazionale di Zeffirelli portava il regista a dare del santo un'immagine che, di fatto, ne avrebbe deformato l'opera. "Internazionale" significava infatti "anglosassone" e così Zeffirelli per il suo Fratello sole, sorella luna (1971) pensò, in prima istanza, di ricorrere a uno scrittore di lingua inglese. Ma significava definire il santo secondo la cultura protestante, che lo vede come una sorta di rivoluzionario pre-luterano che intendeva contrastare il potere della Chiesa incoraggiando le ragioni dei poveri contro i ricchi, degli spiriti semplici contro i superbi. Non era questo lo spirito di Francesco che nonostante l'enorme potere che gli consegnava la sua predicazione sulla moltitudine di adepti che aveva incantato, non entrò mai in conflitto con la Chiesa e dichiarò sempre assoluta obbedienza al papa. Senza rivoluzioni e senza scismi. Il cattolico Zeffirelli rinunciò a quella chiave e chiamò due penne sicure e italiane, Lina Wertmüller e Suso Cecchi D'Amico.
Un altro titolo che non può non essere citato è Francesco d'Assisi, di Michael Curtiz, altro grande maestro, quello di Casablanca e Robin Hood. Regista americano (acquisito) e dunque narratore secondo quella cultura spettacolare. Con un interprete comunque all'altezza, Bradford Dillman. E qui emerge un'altra curiosa, affascinante sintesi: Francesco era anche un perfetto "hollywoodiano".
Letture, revisioni, evoluzioni, autori accreditati, Storia e storie, ordini religiosi e attitudini. Cultura e spettacolo. La materia è immensa. Gli echi, i segnali, le eredità sono lì a farsi cogliere. Ci vuole un grande uomo. Probabilmente c'è.

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