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La politica degli autori: Gabriele Salvatores

Un intelligente narratore di delicati temi generazionali.
di Mauro Gervasini

In foto Gabriele Salvatores.
Gabriele Salvatores (74 anni) 30 luglio 1950, Napoli (Italia) - Leone. Regista del film Educazione siberiana.

mercoledì 27 febbraio 2013 - Approfondimenti

Confessiamo di avere amato, all'epoca della pubblicazione, il romanzo di Nicolai Lilin "Educazione siberiana" (Einaudi). Con il senno di poi risultano però evidenti le ambiguità di un libro che tende ad esaltare un modello di civiltà "criminale" arcaico, quello dei siberiani profughi, non tanto per le sue capacità di resistenza al regime prevaricatore di chi li perseguita (i russi) ma proprio in quanto tale, con tutto il suo precipitato reazionario (senso dell'onore portato alle estreme conseguenze, culto della forza e della violenza, paternalismo, machismo, antiumanesimo...). Ambiguità che sia ben chiaro sono anche elemento di ricchezza perché rendono il testo di Lilin più problematico, ma vengono invece ignorate dalla versione cinematografica di Gabriele Salvatores, dal 28 febbraio nelle sale. Il regista di Mediterraneo (Oscar come miglior film straniero nel 1992) semplifica con l'aiuto degli sceneggiatori Rulli e Petraglia la vicenda concentrandosi sul nucleo narrativo che gli è più consono, vale a dire il percorso di crescita dei giovani Kolima e Gagarin secondo l'etica criminale di nonno John Malkovich.

Educazione siberiana conferma dunque uno dei due elementi tematici cari a Salvatores: il racconto di formazione. Al centro del quale un giovane (dal bambino di Io non ho paura, 2003, all'adolescente di Come Dio comanda, 2008) "cresce" passando attraverso eventi drammatici o comunque straordinari (i due film citati sono peraltro entrambi tratti da libri di Niccolò Ammaniti). In particolare con Io non ho paura Salvatores tradisce il romanzo in modo intelligente spostando il punto di vista dal bambino rapito e imprigionato a quello del figlio del rapitore. Il suo è anche lo sguardo dell'ambiente, di un contesto che il primo vede come minaccioso e il secondo come rassicurante e solare. Il regista, identificandosi con i più piccoli, dà il meglio di sé, forse perché attratto da una sorta di iperrealismo magico, un po' fiabesco, che ha il suo apice visionario nel finale allegorico e ridondante di Come Dio comanda.

Ma al di là di questo trittico "pedagogico" (Io non ho paura, Come Dio comanda, Educazione siberiana) Salvatores ha ragionato soprattutto sui temi generazionali, in particolare quelli legati alla sua, di generazione, i 50-60enni di oggi che però all'epoca di Marrakech Express (1989), Turné (1990) e Mediterraneo (1991) di anni ne avevano quaranta. I diciottenni del (e nel) 68 per intenderci, che magari alla rivoluzione progressista hanno creduto e si ritrovano invece normalizzati negli anni del riflusso. Salvatores sviluppa un'idea semplice (per alcuni semplicistica) rispetto al redde rationem della propria generazione: contro l'omologazione non restano che la fuga e l'altrove, secondo quanto viene detto in modo esplicito dal desaparecido Massimo Venturiello di Marrakech Express. Per rendere efficace l'assunto gioca su due meccanismi di coinvolgimento del pubblico (nel caso dei "coetanei" possiamo parlare di vera e propria complicità). Il primo è debitore della commedia all'italiana classica, vale a dire la scelta di personaggi accattivanti, spesso vere e proprie "maschere" (non a caso interpretate da attori ricorrenti come Abatantuono, Bentivoglio, Alberti, Cederna, Claudio Bisio eccetera...) quasi sempre maschili e al servizio di sceneggiature con dialoghi brillanti e situazioni esperienziali forti (si pensi all'utilizzo del calcio per "fare gruppo"). Il secondo meccanismo è l'esotismo semplice dell'isola greca o del Marocco da vacanza tra amici, passando per il Messico modaiolo di Puerto Escondido, 1992, fino all'apice dell'immaginario tipicamente milanese di Ibiza e Formentera (nel micidiale Amnèsia, 2002). Una componente anche estetica, questa, che passa attraverso lo stile abile e compiacente di un cineasta con una fortunata "seconda carriera" in pubblicità, e sa come catturare l'attenzione di chi guarda.

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